PERU’: EDUARDO ZAPATA GRANJA, ALIAS EDUARDO ZAMACOIS, OVVERO IL COMANDANTE “ZAMA” . COMBATTÈ IN PIEMONTE PER LA LIBERTÁ DEL POPOLO ITALIANO DAL 1944

Di Gerardo Severino*

TORINO (nostro servizio particolare). Iniziamo, oggi, con  questo piccolo e primo saggio, una serie di studi e ricerche in ricordo dei tantissimi sudamericani che combatterono il nazi-fascismo, proprio qui in Italia, fra il 1943 e il 1945, evidenziando, in particolare, quanto sia stato di elevato spessore il ruolo ricoperto, in seno alla Resistenza piemontese, da Eduardo Zapata Granja, un ecuadoregno originario del Perù.

 

Distaccamento Garibaldino in Val Varaita

Fu un combattente d’altri tempi, peraltro molto discusso per i suoi metodi violenti e persino perseguito penalmente a causa degli stessi, subito dopo la fine del Secondo conflitto mondiale, ma che in realtà rese un grandissimo servizio alla nobile causa della Libertà, pagandone le conseguenze anche sulla sua stessa carne.

Da Guayaquil a Torino (1916 – 1964)

Ebbene, Eduardo Zapata Granja (oggi meglio noto col nome di Eduardo Zamacois) nacque a Guayaquil, in Ecuador, il 2 maggio del 1916, figlio primogenito di Don Juan Eduardo Zapata Lopez, un ingegnere ma anche un ricco possidente terriero nato a Lima il 1° settembre 1893 e di sua moglie, Isabel Granja Cevallos, con la quale si era unito in matrimonio il 19 agosto del 1915. Davvero singolare è la storia del futuro capo partigiano.

All’età di sei anni, a causa di una grave malattia che colpì la madre, il piccolo Eduardo venne mandato in Italia, esattamente a Quarto dei Mille, ospite di una zia materna, sposata con un italiano.

Il Comandante “Zama” nel giorno del suo matrimonio. È ritratto al centro della foto, col cappotto chiaro e con i guanti non indossati, tenuti da entrambi le mani. (Foto di proprietà dell’Istituto Storico della Resistenza e della Società Contemporanea in provincia di Cuneo)

Studiò dapprima in un collegio a Nervi, per poi iscriversi alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Genova.

In seguito, nonostante il parere contrario degli zii, si trasferì a Parigi per studiare lingue.

Si manteneva scrivendo articoli per i quotidiani locali.

Nel 1936, si arruolò volontario nelle Brigate Internazionali, accorse da varie parti del mondo per difendere la Repubblica Spagnola.

Nel 1939, dopo la vittoria franchista, Eduardo Zapata riparò nuovamente in Francia, ove, tuttavia, i combattenti delle Brigate Internazionali dovettero subire l’onta dell’internamento nei campi di prigionia.

A quel punto, il giovane decise di arruolarsi nella Legione Straniera, ove ricevette un durissimo addestramento, presso il campo di Sidi Bel Abbes, in Algeria, addestramento che di lì a poco avrebbe messo a frutto nella guerra partigiana.

E fu proprio in Algeria che ricevette la ferale notizia della morte prematura dell’adorato padre, avvenuta il 17 novembre 1942, a Lima, ad appena 49 anni, morto probabilmente di crepacuore, per non aver ricevuto più notizie del figlio guerrigliero.

Quando gli Alleati sbarcarono nell’Africa del Nord, lo Zapata, allora Tenente del 1° Reggimento Changer de Cavalerie dell’Esercito francese, entrò a far parte delle truppe inglesi.

A quel punto, grazie alla sua perfetta conoscenza dell’italiano, gli fu affidata una delicatissima missione dietro le linee nemiche, nell’Italia Settentrionale. Il 13 luglio 1943 fu, quindi, paracadutato nelle retrovie del fronte, nei pressi di Alessandria, ma qui fu subito catturato e successivamente imprigionato a Torino.

Doveva essere fucilato in qualità di spia nemica, esattamente il 26 luglio, almeno secondo alcune fonti storiche, quando il 25 luglio, a seguito della caduta del Fascismo, le carceri Torinesi “delle Nuove” furono assaltate e i detenuti liberati.

Dopo l’8 settembre, Eduardo Zapata, che nel frattempo si faceva chiamare Zamacois, raggiunse così le formazioni partigiane piemontesi, in Val Varaita.

Dalle ricerche esperite in loco dallo storico della Resistenza, Nicola Pettorino, apprendiamo ulteriori e interessanti notizie su questa fase. “In carcere aveva conosciuto altri antifascisti e nel periodo precedente l’8 settembre entrò in contatto con elementi del partito comunista. Il 18 settembre va a Barge insieme a Zucca e Broccardi (comunisti). Zamacois, grazie all’esperienza militare, si rivelò subito elemento adatto all’azione. Dotato di coraggio, sapeva essere feroce…Si trasferisce in Valle Po. Assume il comando di una squadra nella zona di Paesana” [1].

Egli entrò, quindi, a far parte, con il compito di insegnare le tecniche di controguerriglia ai partigiani, del Comando dell’8^ Zona, operante proprio in Val Varaita, nel Cuneese.

I documenti da partigiano di Zamacois

Di tale formazione avrebbe assunto posti chiave, ricoprendo, infatti, con il grado di Capitano, dapprima il Comando del Battaglione “Pisacane”, poi della 15^ Brigata Garibaldi “Saluzzo”, dal 1° maggio al 10 ottobre 1944 e, infine, della stessa  Divisione Garibaldina, dal 10 ottobre 1944 all’8 giugno 1945. Col nome di battaglia di “Zama”,  Zamacois fu, quindi, un irriducibile, durissimo e valoroso combattente, peraltro rimasto anche gravemente ferito, nel corso di uno scontro a fuoco con i nazi-fascisti, il 30 dicembre del 1943, nei pressi di Bagnolo. A tal riguardo,

il Pettorino aggiunge: “In un rastrellamento nazifascista (novembre 1943) viene ferito ad una mano e si taglia da solo un dito che era rimasto semi tranciato. Nel rastrellamento di fine dicembre – inizio gennaio 1944, viene ferito al petto, al polmone e al braccio destro. Ripara in una baita che viene messa a fuoco dai nazifascisti. Ne esce vivo ma messo talmente male che, per finirlo e non farlo soffrire, gli iniettano tre dosi di morfina. Sopravvive. Nel febbraio 1944 è a Torre Pellice. Curato dal dottor Paltrinieri che lo ricovera nel reparto tisici. Conosce i tre figli di Paltrinieri che sono partigiani ed entra nella banda dei Jeur di cui diventa subito comandante. A fine febbraio con tutta la banda si trasferisce in val Germenasca. Nel giugno 1944 tornò con Pompeo Colajanni (Barbato) in Val Varaita. Gli venne affidato il comando della brigata garibaldina Saluzzo di stanza a Sampeyre. Entrò in contrasto con i partigiani di Giustizia e Libertà (ne scrive anche Giorgio Bocca ne “Il provinciale”). Zamacois si dimostra coraggioso ma troppo impulsivo e poco adatto al comando di una brigata. Perse molto del suo ascendente sui suoi compagni di lotta. Era così temuto che quando venivano convocati a rapporto si portavano sempre la pistola appresso. In quel periodo conobbe Anna Arnaudo, staffetta partigiana originaria di Beinette” [2].

Centinaia gli episodi di valore, centinaia gli scontri, ma anche tantissimi i rischi corsi personalmente. Il Pettorino ci ricorda poi che: “durante i rastrellamenti dell’agosto 1944 a causa della febbre ripara in Francia. Si acuiscono i contrasti con i vertici delle formazioni Garibaldi che, per toglierselo di torno, lo destinano a nuovo incarico nel Monferrato: capo di Stato Maggiore delle Divisioni Garibaldi (17.12.1944). Successivamente assume l’incarico di Comandante I Divisione Garibaldi Piemonte senza mettersi particolarmente in evidenza. Nell’aprile 1945 prende parte all’insurrezione di Torino>>. Dopo la guerra, il partigiano Zama è a Cuneo, ospite in una stanza della federazione del PCI. Scrive articoli anche per L’Unità e tesse amicizia con Pietro Biancani noto esponente del PCI cittadino. Il 17.11.1945 sposa Anna Arnaudo (testimoni Biancani e la moglie) e si trasferisce a Beinette. Nel febbraio 1948 si trasferisce dapprima in Perù e poi in Ecuador. Ebbe tre figli (due femmine e un maschio” [3].

Anni dopo fece ritorno in Italia, prendendo casa sempre a Beinette, in Via Mario Rosso, n. 4. “continuò a scrivere articoli e aprì con la moglie un negozio di dischi” [4].

La sua attività partigiana, tuttavia, non  sarebbe rimasta indenne dalle inevitabili conseguenze giudiziarie, frutto del suo modo di condurre la guerra partigiana.

Già nel 1949, egli fu inquisito – si racconta in contumacia, in quanto in quel momento era tornato a Lima – dal Tribunale di Cuneo, per l’uccisione di alcuni civili innocenti nella stessa Val Varaita.

Ne uscirà completamente assolto, in quanto la fucilazione fu considerata un vero e proprio atto di guerra. Un secondo processo si tenne, infine, presso la Corte di Assise di Cuneo nel 1955. Sul banco degli accusati di aver assassinato dei civili, apparentemente senza motivo reale, sedettero vari partigiani della Divisione “Garibaldi”, tra i quali, ovviamente, lo stesso Eduardo Zapata, alias Comandante “Zama”.

Mentre gran parte dei partigiani gregari furono prosciolti per effetto dell’amnistia voluta dal D.P.R. 5 aprile 1944, n. 96, il Comandante “Zama” fu, invece, condannato a 26 anni di carcere, che per effetto di attenuanti generiche e dell’ennesima amnistia sanzionata dal D.P.R. del 19 dicembre 1953, n. 22 fu, almeno inizialmente, interamente condonata.

In realtà, la Corte di Assise di Appello di Torino, con sentenza del 2 marzo 1956 riformò parzialmente la prima sentenza, condannando Eduardo Zapata ad anni 30 di reclusione, che per effetto di attenuanti generiche e della stessa amnistia del 1953 furono, poi, ridotti ad anni due di reclusione.

Tornato alla libertà, Zapata rimase a vivere a Torino, ove, esercitando la professione di giornalista, avrebbe vissuto i suoi ultimi anni di vita nella casa di Via Lauro Rossi, n. 6, pur non dimenticandosi mai della sua Patria lontana.

Si spense, d’infarto, molto probabilmente, nella stessa abitazione, nel corso del 1964, ad appena 48 anni, più o meno la stessa età del padre.

Non conosciamo, purtroppo, tanti altri particolari riguardo alla vita intensa e affascinante di uno dei tanti combattenti per la libertà dei popoli, che abbandonò scientemente la decorosa vita che conduceva nel bellissimo Perù, dapprima per difendere la Spagna Repubblicana e, poi, per restituire la libertà a noi italiani,  gli stessi che per anni lo avevano dimenticato, ma che oggi lo potranno conoscere e provare ad apprezzare, anche grazie a queste righe [5].

 

NOTE

[1] Relazione a firma di Nicola Pettorino, storico Cuneese, in data 16 ottobre 2024, frutto delle ricerche esperite presso l’Archivio dell’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo.

[2] Ibidem.

[3] Ibidem.

[4] Ibidem.

[5] È doveroso ricordare che la sua storia è stata narrata da F. Bossa, in “Zama: Un partigiano sudamericano nella Resistenza”, tesi di laurea, relatore D. Adorni, Università di Torino, Facoltà di Lettere e filosofia, Anno a. 2006-2007.

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza  – Storico Militare. Membro del Comitato di Redazione di Report Difesa

 

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