Perù: La drammatica rivolta del Trujillo e le conseguenze politiche nella vita del Paese (7-18 luglio 1932)

Di Gerardo Severino*

LIMA (nostro servizio particolare). La vicenda che vogliamo ricordare oggi –  non a caso prescelta volendo operare un collegamento con la recente crisi politico-istituzionale registratasi in Perù – ci porta nella località di Trujillo, una città del Nord del Perù, capoluogo dell’omonima provincia, così come della regione di La Libertad [1].

Trujillo in una cartolina degli anni Trenta

Fu proprio a Trujillo che l’allora Tenente d’Artiglieria, Roberto Severino, un ufficiale membro di una storica famiglia proveniente dal Meridione d’Italia, fu giocoforza uno “spettatore” di quegli eventi, coinvolto, e per fortuna sopravvissuto, nella poco conosciuta “Rivolta del Trujillo”, scoppiata in quella località agli inizi di luglio del 1932, quindi oltre novant’anni orsono. Si trattò, come vedremo, di una rivolta che contrappose il Governo di Luis Sánchez Cerro ai sostenitori del movimento politico APRA, emergendo così come la “prima insorgenza popolare” del ‘900 [2].

La strage di civili per le strade di Trujillo

Passando ai fatti, la rivoluzione di Trujillo, città di nascita dello stesso fondatore dell’APRA, Victor Haya de la Torre

Il Presidente Sanchez Cerro e lo Stato Maggiore dell’Esercito

si colloca, in effetti, nel contesto e nel pieno della crisi mondiale del 1929.

In quel frangente storico, le haciendas di zucchero che circondavano la capitale settentrionale del Perù (per l’appunto Trujillo) furono fortemente colpite dal calo della domanda di tale prodotto, calo che generò drastiche riduzioni dei salari, così come tassi elevati di disoccupazione e, soprattutto, un’atmosfera carica di disordini sociali.

Internamente, l’insurrezione si ricollegava all’irruzione diretta delle masse nella politica locale e nazionale, ingresso promosso dall’APRA e innescato ulteriormente per via della incessante repressione del Governo del Presidente Sánchez Cerro, responsabile di una serie di violenti attacchi contro i partiti d’opposizione.

Il Presidente del Perù, Sánchez Cerro

La rivolta, che successivamente si estese anche nelle città di Cajabamba e Huaraz, fu caratterizzata da aspri scontri tra i membri del Partito Aprista e da migliaia di civili contro le Forze Armate peruviane, ma soprattutto da massacri di cittadini e bombardamenti, sia aerei che da mare, della città con l’obiettivo di spegnere non solo la rivolta ma anche lo stesso Movimento politico-insurrezionale.

La rivolta del Trujillo s’inquadra, per questo, nel periodo passato alla storia alla storia del Perù come “anno della barbarie“.

La “Rivolta del Trujillo” (7 – 18 luglio 1932)

Quella scoppiata a Trujillo fu una rivolta armata guidata di fatto da Manuel Barreto (noto come El Bufalo), contro il Presidente Luis Miguel Sánchez Cerro, salito al potere l’8 gennaio dello stesso anno con un colpo di Stato, in virtù del quale furono messe al bando le libertà politiche, disponendo così l’arresto degli oppositori senza nemmeno un mandato.

Manuel Barreto (noto come El Bufalo)

Il colpo di Stato in sé, unitamente alle più accentuate disuguaglianze sociali e le violazioni dei diritti del lavoro, soprattutto per i lavoratori delle piantagioni di zucchero, avevano già procurato nel Paese andino i primi disordini civili, nel silenzio quasi generale degli altri partiti politici d’opposizione.

Mesi prima, nel marzo, lo stesso Presidente Sánchez Cerro, mentre lasciava la Chiesa cittadina di Lima, a Miraflores, fu oggetto di un tentativo di omicidio da parte di un individuo sconosciuto, poi successivamente identificato come José Melgar, il quale mirò al petto del Presidente, mancandolo.

Giorni dopo, lo stesso Sánchez Cerro decise di commutare la condanna a morte di José Melgar in venticinque anni di reclusione, nel tentativo di placare gli animi dell’opinione pubblica e, soprattutto dei tanti avversari politici.

Ma ciò non bastò. Al tentativo di omicidio seguì, infatti, nel giugno seguente, una rivolta in località Huaraz [3], la quale fu però prontamente repressa.

Sembrò, invece, indirizzata inizialmente al successo quella scoppiata il mese dopo a Trujillo il 7 di luglio, alle due del mattino, allorquando un gruppo composto principalmente da lavoratori di canna da zucchero della Laredo Hacienda e studenti del San Juan National College assaltò la caserma di artiglieria “Ricardo O’Donovan“, situata allora alla periferia della città.

La pubblicazione del decreto dello stato d’assedio

Al comando politico della rivolta si pose Agustín Haya de la Torre, mentre, a capo delle masse c’erano Victor Eloy Calderon Muñoz, Victor Augusto Silva Solis, Remigio Esquivel e Manuel Barreto Risco, leader riconosciuto Aprista, con una presenza imponente di seguaci. Il combattimento durò più di tre ore, causando numerose vittime da entrambe le parti e terminando con il trionfo degli insorti.

Uno dei primi a cadere era stato lo stesso “El búfalo“.

Ma gli insorti guadagnarono lo stesso terreno, poco dopo aver preso il Quartier Generale della Sicurezza e i locali della Prefettura, alla cui guida fu posto de facto il giovane Aprista Alfredo Tello Salavarria, marciarono trionfalmente verso il centro di Trujillo, dove cedettero il Comando ad Agustín Haya de la Torre (fratello del capo Aprista Victor) [4].

La morte del Barreto non aveva di certo impedito l’occupazione del Quartiere Militare, il quale fu saccheggiato, mentre gli ufficiali, tra i quali lo stesso Tenente Severino, uno dei pochi oriundi italiani che prestavano servizio nella storica Caserma, e molti soldati furono fatti prigionier i[5].

Questi, nel tentativo di sottrarsi alla cattura aveva tentato di guadagnare una via di fuga attraverso un muro di cinta della caserma, ma venne violentemente fermato da uno dei ribelli. Le armi (compresi sei cannoni mobili, fucili e mitragliatrici) furono poi distribuite tra gli insorti.

Al mattino, la città fu completamente presa dal popolo, mentre il sovversivo Don Agustín Haya de la Torre fu nominato ufficialmente prefetto (massima autorità civile).

La rivolta si estese, quindi, a Salaverry, Samne e vari luoghi della Chicama Valley, ad Otuzco, Santiago de Chuco e Huamachuco. Raggiunse poi anche Cajabamba a Cajamarca ed ebbe ripercussioni nuovamente ad Huaraz. Di fronte all’insurrezione di Trujillo, il Congresso della Repubblica si riunì d’urgenza, approvando lo stato d’assedio e la creazione di corti marziali.

Il Governo di Sánchez Cerro inviò così alcune truppe da Lima, al cui comando fu posto il Maggiore Alfredo Miró Quesada, il quale, messosi a capo del 7° Reggimento di Fanteria, appoggiato da due Compagnie giunte via terra da Chimbote, recuperò il porto di Salaverry, anch’esso conquistato nel frattempo dai “ribelli”.

Al tramonto di sabato 9 luglio, le truppe di Miró Quesada si avvicinarono a Trujillo, accolti però da una resistenza particolarmente attiva e ostinata.

Ciò indusse l’Esercito peruviano a ritirarsi a Salaverry, subendo, nel contempo, molte perdite di vite umane e materiale bellico nel corso di uno scontro verificatosi nella zona chiamata “La Floresta“.

Gli insorti salutarono la ritirata come un vero e proprio trionfo, ma commisero, tuttavia, l’errore di non inseguire le truppe Governative.

A quel punto al comando della repressione fu posto il Comandante della I Regione militare con sede a Lambayeque, Colonnello Manuel Ruíz Bravo, il quale si avvalse del 7° Reggimento Fanteria, di una Compagnia del 1° Reggimento Fanteria, di una Compagnia di fucilieri e di una Sezione di mitraglieri dell’11° Reggimento Fanteria di stanza a Cajamarca, così come di vari Distaccamenti della Guardia Civil, uno dei Corpi di Polizia del Perù d’allora.

Uno dei bombardieri utilizzati contro gli insorti

Il Colonnello Ruíz Bravo, insieme al suo Stato Maggiore guidato dal Tenente Colonnello Eloy Ureta, pianificò meticolosamente l’assalto a Trujillo.

Il piano prevedeva due distinte azioni, che sarebbero partire: una dalla base del porto di Salaverry e un’altra con le truppe provenienti da Nord. In precedenza, era stato ordinato anche un attacco aereo, onde ripulire i nidi di mitragliatrici e altre fonti di resistenza nella città, operazione questa che gli storici militari peruviani considerano come la prima azione dell’aviazione militare in Perù, peraltro utilizzando gli aerei da combattimento recentemente acquistati all’estero.

In mezzo ai bombardamenti a cui fu sottoposta la città, i capi degli insorti si nascosero, mentre il popolo, in armi, si preparò a resistere all’azione dell’Esercito.

L’attacco delle truppe di terra a Trujillo avrebbe avuto, quindi, inizio all’alba del 10 luglio. Nel frattempo, nella notte del 9 luglio, il Comando degli insorti, ancora sotto la guida di Agustín Haya de la Torre e di altri leader Apristi, aveva dato ordini di estendere l’insurrezione anche nella Sierra de La Libertad e in altre aree confinanti.

Al Trujillo, invece, si era proceduto alla nomina delle nuove autorità, quali – come si ricordava prima – il prefetto Agustín Haya de la Torre e il sotto prefetto Víctor Augusto Silva Solis.

A quel punto i capi della rivolta commisero un gravissimo errore, che la storia stessa del Perù gli avrebbe contestato: quello di non essere stati in grado di fermare in tempo il massacro degli ufficiali della “Caserma O’Donovan”.

Al mattino presto del 10 luglio, alcuni ufficiali dell’Esercito e della Guardia Civil, che non avevano aderito al Movimento insurrezionale (come del resto aveva fatto la maggioranza di quella Guarnigione, compreso il nostro Tenente Severino), furono trasferiti al “Palazzo Iturregui”, dove avrebbe dovuto operare anche la Prefettura rivoluzionaria.

Là, furono massacrati nel modo più orribile, peraltro da una folla straripante di prigionieri comuni, impazienti di scappare in città e darsi così al saccheggio [6].

I cadaveri furono mutilati, vilipesi e ovviamente depredati. Secondo alcune fonti si arrivò al punto tale da estrarre il cuore del comandante Silva Cáceda e rimuovere persino i genitali del Tenente Villanueva, anche se di tali aberrazioni non vi sarebbe traccia nei rapporti dei medici legali.

Il massacro dei militari e delle guardie civili sarebbe stato opera dell’ex Sergente Julio Alvarado, di un ex detenuto noto come “Carrillo storto” e di una ex guardia carceraria di cognome Talavera, gli stessi che fungevano da guardiani dei prigionieri, i quali avrebbero agito non per ordine dei capi dell’ARPA, bensì per vendetta personale, ovvero perché trascinati dall’ardore del conflitto.

La repressione della rivolta e il ristabilimento dell’ordine

Torniamo al 10 luglio, esattamente all’alba, allorquando dopo un intenso bombardamento aereo, terrestre e marittimo, un ampio schieramento di truppe si mosse dalle località prescelte per l’operazione su due fronti, dando così inizio all’occupazione della città.

Una delle barricate erette in un quartiere di Trujillo

Il popolo armato, passato nel frattempo in massa ai rivoltosi, cercò di resistere al poderoso attacco delle forze governative, combattendo con coraggio leonino anche nei giorni seguenti. Si ebbero, quindi, pesanti perdite da entrambe le parti.

Nella “Portada de Mansiche“, un gruppo di cecchini guidati dal coraggioso Carlos Cabada cercò di rallentare l’avanzata dell’Esercito, contribuendo a rafforzare le difese all’interno della città.

Si narra che nella piazza “El Recreo“, una popolana di nome María Luisa Obregón, soprannominata “La Laredina” abbia guidato lei stessa la resistenza, sparando all’impazzata con un mitra.

Ovunque, per strada, le truppe governative furono accolte sia da colpi di arma da fuoco che da vari oggetti contundenti, lanciati dai tetti dagli abitanti ribelli.

Ciò fra i canti e gli slogan allusivi al Movimento Aprista. La lotta durò altri giorni ancora: giorni di sangue ma anche di valore da parte dei rivoltosi dell’APRA, come ci ricorda il comportamento del Professor Alfredo Tello Salavarría, che rimase a combattere sino alla fine sulle barricate erette nel quartiere di “Chicago“, sempre a Trujillo.

Si giunse così drammaticamente al 18 luglio 1932, allorquando il Colonnello Ruiz Bravo comunicò a Lima di avere ottenuto il pieno controllo del territorio, peraltro dopo aver commesso non poche rappresaglie contro la popolazione civile a Chepén, Mansiche, Casa Grande, Ascope e Cartavio (le ultime tre erano le sedi di importanti haciendas dello zucchero).

Nel riprendere in mano il controllo della situazione, i Governativi diedero vita alla dura repressione contro i vari esponenti del Movimento Aprista, e non solo.

La storia del Perù ci ricorda, infatti, che già molti dei combattenti che si erano arresi furono fucilati senza un regolare processo.

Una corte marziale, priva, infatti, di garanzie e soprattutto di indipendenza, emise in seguito una sentenza di condanna alla pena di morte contro 102 persone accusate di essere le prime responsabili della rivolta.

Poiché molte di queste si erano date alla latitanza, mentre altre erano morte nel corso degli scontri, la pena fu applicata solo a 42 detenuti.

Questi furono condotti alla cittadella di Chan Chan, costretti a scavare trincee che sarebbero, poi, diventate le loro tombe. Furono così fucilati il ​​27 luglio 1932 [7].

Secondo alcuni storici peruviani, si stima che il numero delle vittime civili, alla fine del conflitto e nelle varie località interessate dalla rivoluzione democratica, raggiunse la cifra di circa 9.000 persone, gran parte delle quali strettamente legate al partito APRA, le quali sarebbero state giustiziate in via extragiudiziale.

Tra le truppe Governative il numero dei caduti si aggirerebbe, invece, tra i 327-513 uomini, mentre il numero dei guerriglieri veri e propri, morti nel corso dei combattimenti, si aggirerebbe attorno ai 952. Si concludeva, così, nel silenzio generale dell’opinione pubblica mondiale l’ennesimo tentativo popolare di “riappropriarsi” della libertà: un desiderio sacrosanto che il popolo Peruviano aveva sempre alimentato, sulla spinta delle rivendicazioni portate avanti dalla prima citata APRA (Alianza Popular Revolucionaria Americana), Movimento politico di estrema sinistra che raccoglieva consensi, oltre che nel mondo universitario anche in gran parte degli intellettuali del Perù e degli Indios.

Il cannoneggamento di Trujillo da mare

L’APRA verrà poi dichiarato fuorilegge nel 1935, per poi essere riammesso in politica alcuni anni dopo, durante la Presidenza di Manuel Prado y Ugarteche (1939-1945), del “Partido Civilista”.

Ciò avvenne in un contesto storico nel quale anche l’APRA avrebbe combattuto il fascismo mondiale, peraltro schierandosi apertamente con la politica Statunitense, tanto che nel corso del 1943 anche il Perù avrebbe dichiarato guerra alle cosidette “Potenze dell’Asse”.

Nello stesso 1943, il partito vinse le elezioni politiche col nome di Partito Popolare, eleggendo poi come Presidente della Repubblica Bustamante Rivero.

Seguì giusto qualche anno di pace, interrotto poi dal solito colpo di Stato, che avrebbe portato alla Presidenza del Perù il Generale Manuel Odría.

Considerazioni finali

La “Rivolta del Trujillo” così come la violentissima repressione voluta dal Presidente Peruviano (che poi verrà assassinato a Lima il 30 aprile dell’anno seguente da un militante dell’APRA) segnarono a lungo l’identità politica sia della città di Trujillo che del Nord del Perù, tanto che la stessa Trujillo finì per diventare una roccaforte elettorale del Partito peruviano Aprista.

In verità la rivolta avrebbe incrinato per sempre i rapporti tra l’APRA e le Forze Armate: animosità che ovviamente avrebbe avuto un impatto diretto nella stessa vita politica del Perù.

L’Esercito, che ritenne il massacro dei suoi ufficiali come un’offesa imperdonabile, avrebbe fatto di tutto pur di impedire all’APRA di salire al potere.

Ciò si tradusse, come raccontavamo prima, nel colpo di Stato del 1948 contro il legittimo Presidente José Luis Bustamante, allorquando il Generale Manuel Odría mise fuorilegge l’APRA ed esiliò o imprigionò molti dei suoi militanti, compreso il suo leader, Haya de la Torre.

Si dava così inizio ad una escalation di sovvertimenti politici che avrebbero purtroppo caratterizzato la vita di questo bellissimo Paese del Sud America per i prossimi decenni.

Ma questa, come siamo soliti affermare a conclusione dei nostri saggi: “Ciò è un’altra storia”.

NOTE

[1]  La città, che si trova ad un’altitudine di appena 34 metri sulla riva destra del fiume Moche, nell’omonima valle, fu fondata il 6 dicembre del 1534 dal conquistador spagnolo Diego de Almagro sotto il nome “Trujillo della Nuova Castiglia“, anche se ufficialmente fu proclamata tale da Francisco Pizarro, il 5 marzo del 1535 e destinata ad essere una delle più importanti città dell’allora Vicereame del Perù.

[2]  Cfr. Blanco Bazán Vera, La Revolucion de Trujillo: asalto al Cuartel O’Donovan en 1932, primera insurgencia civil del siglo XX, Trujillo, 2003, p. 77 e ss.

[3]  È una località a Nord del Perù, sita ad oltre 3000 metri d’altitudine, sull’altopiano Callejón de Huaylas ai piedi della Cordillera Blanca, a poca distanza dallo Huascarán che con i 6.768 m della cima sud è il più alto monte del Paese,

[4]  Víctor Raúl Haya de la Torre (Trujillo, 22 febbraio 1895 – Lima, 2 agosto 1979) è stato il celebre fondatore dell’APRA “Alleanza Popolare Rivoluzionaria Americana”.

[5]  Cfr. Alfredo Rebaza Acosta, Historia de la revolucion de Trujillo, Lima, Edizioni Concytec, 1989, p. 36.

[6]  Le vittime di quell’inutile strage furono: Tenente Colonnello EP Julio P. Silva Cáceda, Maggiore Luis Pérez Salmón, Capitano Manuel Morzán, Capitano Víctor Corantes; luogotenenti: Ricardo Revelli Elías, Alfredo Molina e Miguel Picasso Rodríguez, tutti del 1° Reggimento Artiglieria. I Sottotenenti Carlos Hernández Herrera, Federico Mendoza Gastón e Carlos Valderrama, del 1° Reggimento Fanteria. Il Capitano GC Eduardo Carbajal Loayza e Tenente GC Alberto Villanueva Gómez della Guardia Civil.

[7] Cfr. Partido Aprista Peruano, Trujillo 1932, Editorial de la Segreteria de Prensa e Propaganda Trinchera de Mansiche, Trujillo, 1978.

 

* Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare

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