Post Brexit, tutti gli scenari possibili per le relazioni tra Unione Europea e Balcani occidentali

Di Annalisa Triggiano*

Londra. A circa 25 anni di distanza dal giorno successivo a quello in cui la Slovenia e la Croazia dichiararono la loro indipendenza dalla Jugoslavia, gli elettori britannici hanno deciso – con un ristretto, ma chiaro margine – di lasciare l’Unione Europea.

Il ruolo dei Balcani dopo la Brexit

Appena il 6 febbraio scorso, l’Unione Europea ha lanciato una Nuova Strategia per i Balcani Occidentali1, sottolineando sempre la base prevalentemente “meritocratica” delle condizioni di adesione. Ciò rappresenta senza dubbio un segnale importante di impegno per l’Europa a sostenere, in prospettiva, stabilmente il processo di adesione. Quel che sfugge, però, è cosa significherà per la zona in questione il dopo Brexit.

La percezione è che le esatte ripercussioni politiche ed economiche di questo voto resteranno ancora poco chiare per molte settimane e per molti mesi a venire. Tuttavia, mentre l’Europa in sè potrebbe anche essere in grado reggere a questo ultimo colpo – come ha retto alla crisi economica greca, come sta reggendo, a malapena, alle crisi migratorie – la sua capacità di guidare i Balcani occidentali verso sistemi di governo democratici e floridi apparirà tuttavia molto indebolita.

Le conseguenze della Brexit, nei prossimi anni, interesseranno certamente la attività di policy making dell’Unione, esponendola a molti rischi. Si può parlare di conseguenze le quali saranno al contempo di carattere strutturale – ossia incideranno sulla capacità stessa dell’Unione di attrarre e integrare nuovi membri – e normative (poichè interferiranno sulla capacità dell’Europa di farsi promotrice di sistemi di governo democratici e basati sul consenso).

LE CONSEGUENZE PER I BALCANI OCCIDENTALI

Sebbene ciò non possa dirsi con sicurezza, avvertono gli analisti,  si prevede che il voto di Brexit avrà conseguenze fortemente negative per la regione dei Balcani occidentali. E la questione principale non è tanto se la Brexit penalizzerà l’ingresso degli Stati interessati nell’UE e lo sviluppo di un sistema democratico in quei Paesi, ma QUANTO e per QUANTO TEMPO.

Non è di poco conto sottolineare che l’Unione europea2 ha un interscambio pari a 43 miliardi di euro (dati del 2016) con una regione che comprende la Serbia, il Montenegro, il Kosovo, l’ex Repubblica jugoslava di Macedonia, l’Albania e la Bosnia-Erzegovina.

Da anni il processo di ingresso nell’UE ha costituito il vero volano per l’avvio di riforme politiche ed economiche in tutta l’area balcanica. La Serbia e il Montenegro hanno svolto negli scorsi mesi i colloqui di adesione – l’Esecutivo europeo è però ancora in dubbio per un ingresso nel 2025 – mentre l’Albania è candidata al pari della Macedonia (quest’ultima osservata speciale dopo la crisi politica dello scorso anno).

La Bosnia e l’Erzegovina si sono proposte come aspiranti membri non molti mesi orsono. Il Kosovo resta a ancora decisamente lontano ma, di recente, ha concluso uno Stabilization and Association Agreement.

Ma sebbene questo programma di allargamento stia, di fatto, proseguendo, dal punto di vista strategico ha perso un supporto politico importante all’interno dell’UE e gli stessi Governi dei Paesi balcanici non appaiono energici e costanti nel perseguire le riforme necessarie per l’adesione. L’uscita del Regno Unito dall’Unione può rappresentare, secondo alcuni pessimisti Analisti inglesi, un vero e proprio colpo di grazia per il cammino di adesione.

Innanzitutto, con la Gran Bretagna che esce dall’Unione, i Paesi dei Balcani occidentali perdono un sostenitore chiave dell’allargamento, ben prima delle iniziative di Berlino. Per farsene un’idea, basta consultare anche semplicemente il sito del Parlamento inglese3.

Mentre molti Stati membri sono stati talvolta scettici nei confronti di questo passaggio, il Regno Unito è stato un promotore e sostenitore vigoroso tanto dell’allargamento quanto delle conseguenti riforme necessarie nella Regione. Nell’ultimo decennio è anzi stato il solo grande Paese dell’Unione, insieme alla Germania4 a sostenere e guidare il processo di riforme politiche della Regione. E adesso questo sostenitore scomparirà dalla scena. Di certo, dall’esterno, il Regno Unito continuerà a far pressione sulle riforme e sull’adesione, secondo un modello di azione politica simile a quello degli Stati Uniti, che hanno sostenuto l’allargamento dell’Unione e hanno ampiamente monitorato le politiche in atto nella Regione.

Ma la credibilità di un modello di azione politica del genere sarebbe quantomai bassa.

In secondo luogo, già stabilire le relazioni tra Gran Bretagna e Unione Europea rappresenterà un problema di dimensioni notevoli. E lo sarà da un punto di vista politico, certo, diplomatico ma anche e soprattutto tecnico. Gli apparati burocratici europei si concentreranno su questa importante operazione di passaggio e così l’allargamento e i processi di riforma nei Balcani occidentali avranno un ruolo di ‘comparsa’, passando inevitabilmente, dalla prospettiva europea, in un piano marginale e irrilevante.

Ma si potrebbe andare anche oltre. Se il Regno Unito lascia l’Unione Europea e la Scozia, attuata una secessione, tenta di restare in Europa, bisognerebbe poi risolvere la spinosa questione del ‘come’ la Scozia possa ‘restare in Europa’ senza aderire all’Unione Europea. Un incubo del genere, sia dal punto di vista politico che giuridico, renderebbe ancora più complicato l’allontanamento del Regno Unito dall’Unione e occuperebbe l’attenzione dei politicie della società civile per molti anni a venire.

E, ancora, se ammettiamo che l’Europa stessa versa in una sorta di “crisi esistenziale” che attrattiva avrebbe diventarne membri? In particolare per le elites politiche dei Balcani, per le quali già impegnarsi alle riforme ha costituito un passo abbastanza dubbio, l’adesione all’UE ha rappresentato una priorità unicamente legata al sostegno dei Governi occidentali e alla conquista di un notevole consenso politico interno. Ma questo tipo di calcoli svanirebbe facilmente, se solo i leaders dei Balcani allineassero le loro politiche con altri modelli di governi non europei, subendo l’influenza, ad esempio, di Russia e Turchia. E non è un caso che proprio dalla Germania sia venuto un appello – a parlare, preoccupato, il 12 settembre è stato, innanzi al Bundestag, il Ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas – a non lasciare I Balcani occidentali in balia degli influssi della Russia e della Cina5.

ALCUNE PREVISIONI PER LA BREXIT ED I BALCANI OCCIDENTALI 

Scenario 1. Gran Bretagna ed Europa disgregate

La prima previsione riguarda una dissoluzione della Gran Bretagna, con secessione certa della Scozia e dell’Irlanda del Nord, con altri Paesi indotti ad indire un referendum. La Scozia potrebbe non riuscire a restare nell’UE, ma potrebbe essere costretta a rinegoziare I termini di adesione in parallelo con l’uscita del Regno Unito. Certo le laboriose negoziazioni potebbero condurre a un peggioramento delle relazioni tra Unione e Gran Bretagna ed all’interno della stessa Gran Bretagna.

La prima previsione riguarda una dissoluzione della Gran Bretagna, con secessione certa della Scozia e dell’Irlanda del Nord, con altri Paesi indotti a indire un referendum

In contemporanea, il referendum scozzese potrebbe fare da apripista per altri referendum, in Catalogna, ad esempio. Chiaramente un dispendio di forze e attenzioni verso il Regno Unito e le possibili forme di cooperazione e relazioni future distoglierebbero l’UE da altri gravi problemi, come quello dei migranti e della già menzionata crisi economica greca.

Facile immaginare che, in questo scenario predittivo non propriamente ottimistico, l’Unione Europea si vedrebbe assai ridimensionata, tramutandosi in una struttura multilivello con diversi strati di integrazione e con l’emersione di un nocciolo duro fondatore UE e ben radicato nell’Europa del Nord. Chiaramente uno scenario simile, con un’Europa a più velocità, trasformata e “mobile”, porterebbe a conseguenze negative per la regione dei Balcani occidentali. Potrebbero, in altre parole, prevalere le posizioni di opposizione all’Unione Europea con il sopravvento di movimenti secessionisti (come quello della Republika Srpska).

Scenario 2: Disgregazione del Regno Unito, tenuta dell’Unione Europea

In questo scenario, si ipotizza che la Scozia lasci il Regno Unito, ma riesca a restare nell’UE. In questo modo si riuscirebbe ad agevolare un assetto che preveda di coinvolgere Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord come membri dell’Area Economica Europea (EEA), lasciando margini per l’Irlanda e la Scozia. In effetti, in questo modo l’UE riuscirebbe a mantenersi unita – una soluzione del genere scoraggerebbe altri referendum – e a sostenere un allargamento, sebbene tra non poche difficoltà. Ma questo assetto – la disgregazione del Regno Unito e dunque l’uscita di Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord – si risolverebbe in un rafforzamento della Germania all’interno dell’UE.

E, così, l’adesione dei Balcani Occidentali riemergerebbe, come questione, in tutta la sua importanza, dopo qualche anno di crisi. E l’Area Economica Euro – o una simile, reinventata, anticamera all’adesione piena all’UE – potrebbe rivestire il ruolo di passo intermedio per gli Stati di quella zona prima della piena membership.

Scenario 3: Gran Bretagna unita, Europa unita

Mentre un referendum in Scozia e una vittoria per l’indipendenza dal Regno Unito può sembrare una probabile conseguenza del voto di Brexit, vi sono altri possibili scenari e la gestione della posizione del Regno Unito nei confronti dell’UE può ampiamente determinarne il futuro e la sopravvivenza stessa. Se il Regno Unito riesce a definire una posizione di negoziazione nei confronti dell’Unione Europea che sia rispettosa della sua natura di Nazione nei fatti divisa, e che riesca nel contempo a mantenere una ‘lite membership’ nell’Unione stessa, gli animi indipendentisti della Scozia potrebbero placarsi e il Paese riuscirebbe a restare integro. In tal modo, sia pure con qualche diffidenza, l’Unione potrebbe anche accettare uno scenario del genere e di conseguenza il Regno Unito potrebbe restare un rilevante – ma in parte ridimensionato – attore internazionale. E, per I Balcani occidentali, questa è la previsione più vicina allo status quo, con una perdita di credibilità dell’UE che però potrebbe rallentare la spinta all’adesione e soprattutto alle necessarie riforme.

Scenari critici con la Brexit

Queste previsioni sottolineano i considerevoli rischi che la Brexit comporta per I Balcani Occidentali. Con una Unione ripiegata su sè stessa, assorbita per molti anni da altre priorità, è chiaro che i Paesi della Regione non potrebbero più contare sul suo apporto alla promozione delle riforme e al consolidamento della democrazia. Chiaro che con una attrattiva riformatrice dell’UE ampiamente svanita e con una Unione con limitate capacità di azione, il vuoto sarà riempito, nei Balcani Occidentali, da altri attori.

E nel breve-medio periodo, questa situazione è appetibile per potenziare la posizione di leaders esteri semi autoritari che rilanceranno e giocheranno al ‘miglior offerente’, sia che si tratti di Turchia, Russia, Cina, o altri investitori (come altri Stati individualmente).

Chiaro che i media e le istituzioni indipendenti, in uno scenario del genere, avrebbero meno alleati esterni su cui contare. Questo potrebbe da un lato rinsaldare le spinte interne alla democrazia e alla adesione all’Europa, ma potrebbe anche spegnerle, in mancanza di modelli normativi di riferimento oltre i propri confini. Per frenare questa deriva negativa e pericolosa, alcuni Stati “chiave” dell’Unione, come la Germania (ma si potrebbe pensare anche, dall’esterno, agli Stati Uniti) potrebbero avere la necessità di formare coalizioni politiche apposite per continuare a sostenere i cambiamenti democratici nei Balcani Occidentali. Ma non è certo auspicabile che i sostenitori della democrazia, in quella zona, siano costretti a rinunciare all’apporto dell’Unione Europea.

Vero è che alcuni sostengono che, a meno di conflitti armati, i Balcani occidentali probabilmente saranno destinati nel prossimo futuro a restare una ‘ow priority politica dell’Unione. Ma le insidie provenienti da regimi poco democratici non solo possono diventare un rischio per la debole Regione, possono serpeggiare in tutta Europa, fomentando quindi un malessere che non potrà poi più essere ignorato.

1 https://ec.europa.eu/commission/news/strategy-western-balkans-2018-feb-06_en

2 http://www.ilsole24ore.com/art/mondo/2018-02-06/la-ue-apre-porte-all-adesione-serbia-e-montenegro-144221.shtml?uuid=AEiaVOvD&refresh_ce=1.

3 https://www.parliament.uk/uk-and-the-balkans

4 https://europeanwesternbalkans.com/2018/02/22/new-german-government-remain-committed-western-balkans/

5 www.euoberver.com alla sezione news, affari Esteri

*Assegnista di Ricerca Università degli Studi di Salerno, ex Ricercatrice CEMISS

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