Di Gianfranco Salvatori
MILANO. Oggi un museo, la caserma XXIV Maggio, nata nel 1886, racchiude la storia della città e dell’alimentazione militare. Un viaggio nel tempo, quando ai soldati spettavano due pagnotte al giorno. E una cucina campale ha sfornato pizze per gli studenti in visita.
La “rivolta dello stomaco”, che si verificò a Milano, e in altre città del Regno d’Italia, nel 1898 – ricorda nella storia per i cannoni di Bava Beccaris che spararono sulla folla affamata – ha avuto come protagonista proprio il cibo che è stato celebrato il 16 ottobre nella Giornata mondiale del pane. Un’occasione in cui l’Esercito ha aperto al pubblico lo storico panificio militare della caserma XXIV Maggio, in via Vincenzo Monti.

L’evento, dal titolo “Il pane del soldato (pane nostrum)” ha consentito a cinque quinte classi dell’Ipsia di Magenta, accompagnate da alcuni docenti, e ad alcuni visitatori di osservare da vicino la storica struttura per la panificazione. La giornata ha visto la visita guidata dagli esperti del Fai (Fondo ambientale italiano) di Milano e si è conclusa con un assaggio di pizza – davvero buona, con impasto di lievito madre – realizzata dai cuochi dell’Esercito (della Scuola di commissariato di Maddaloni) in una panificio campale.

Entrare nell’enorme panificio, costruito nel 1886, è ripercorre un pezzo di storia dell’Italia, dell’alimentazione e dell’architettura.
Le enormi sale che contenevano i forni – realizzati da una ditta milanese (Pirovano costruttore forni) – profumano di ‘800 e ‘900, con gli strumenti in ghisa e le piastrelle azzurre. All’epoca, ma anche in seguito, i soldati destinati alla leva in questa caserma diventavano panificatori o mugnai. I forni, a cui lavoravano 160 soldati, producevano 50mila razioni, cioè due pagnotte al dì da 350 grammi per ogni uomo. Il forno con le stellette cuoceva pane per le caserme di tutta la Lombardia.
Durante la Prima e la Seconda guerra mondiale, il filo comune che ha legato l’attività è stata la scarsità di cibo in caserma e anche nella vita civile. Oltre ai forni, i visitatori possono ammirare, tra gli altri, numerosi oggetti delle cucine d’epoca (stupenda una grande gavetta che, portata a spalla a mo’ di zaino, serviva per dare il cordiale alle truppe), le stoviglie usate dai militari, divise, elmi e tantissime raffigurazioni in bronzo di scene militari.

Il Comando militare Esercito Lombardia, al cui vertice c’è il generale di brigata Carmine Sepe, ha deciso di rendere sempre più attrattivo questo spazio – già utilizzato anche per sfilate di moda – per mostrare un’epoca storica, la vita a quell’epoca e tanti cimeli. La caserma, poi, conserva un’importante documentazione – nel tempo divenne Distretto militare – che riguarda due milioni di italiani passati per quella struttura.

Al termine della visita, il tenente colonnello Gaetano Di Feo, capo sezione Operazioni e addestramento del battaglione mezzi mobili della Scuola di commissariato dell’Esercito di Maddaloni (Caserta), e il sergente maggiore aiutante, Claudio Barbato, hanno illustrato agli studenti il funzionamento e gli impieghi delle cucine campali. In caserma, era presente un panificio campale su container per la panificazione e i cuochi con le stellette hanno sfornato la pizza per i visitatori.

Le cucine campali è sempre al seguito delle truppe ed è utilizzata in tante missioni Fuori area, ma anche in caso di calamità naturali o situazioni di emergenze che si verificano in Italia. Quella per la panificazione è in grado di produrre 80 kg di pane all’ora. La Scuola è articolata su uno Stato maggiore, due battaglioni e una Sezione coordinamento amministrativo.

Insomma, un aspetto meno visibile della Forza armata, ma indispensabile per il funzionamento come dimostrato dall’esercito romano sia nei secoli prima di Cristo, grazie a Giulio Cesare, si sia particolare evoluta dal primo al terzo secolo d.c., sotto il principato. Avere una catena di approvvigionamenti – oggi il concetto è allargato e comprende l’intera logistica – che funzioni è una “conditio sine qua non” una forza militare non potrebbe operare.
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