Di Pierpaolo Piras
Hong Kong. “Errare humanum est, perseverare autem diabolicum”, questo detto era pronunciato dai nostri avi non tanto a chi sbagliava, ma piuttosto verso chi continuava a sbagliare.

Continuano le proteste dure ad Hong Kong
Una frase certamente sconosciuta al Governo della Cina che, due giorni, fa ha approvato la controversa “Legge sulla Sicurezza” per sottomettere politicamente e con la forza il territorio autonomo di Hong Kong ed eliminare forzatamente il dissenso.
Giovedì scorso è avvenuta la votazione al Parlamento di Pechino.
I delegati, tutti appartenenti al Partito comunista cinese (PCC) hanno votato con un solo voto contrario, un astenuto e ben 2.878 a favore.
L’esito ha ricordato quello analogo per le percentuali raggiunte dal Parlamento bulgaro dei tempi del Patto di Varsavia sotto l’egida della Russia sovietica, anch’essa comunista.
Questa famigerata legge si promette di “prevenire, arrestare e punire” qualunque avvenimento che “comprometta gravemente la sicurezza nazionale, come il separatismo, la sovversione dei poteri dello Stato o l’organizzazione e l’esecuzione di attività terroristiche, nonché le attività di forze straniere che interferiscono negli affari” di Hong Kong.
Ma, c’è di peggio. L’articolo 4 di tale dispositivo consentirà alla Polizia segreta cinese di operare all’interno del territorio hongkonghese, con uffici e caserme proprie, dove esercitare tale attività.
“Mutatis Mutandis” , la Cina potrà esercitare le stesse misure dittatoriali di sicurezza vigenti in tutto il territorio nazionale. Alla faccia dello slogan “una patria, due sistemi”, tanto celebrato dalla propaganda di regime.
E alla faccia anche nei confronti dell’accordo del 1977 di restituzione di Hong Kong alla Cina.
A questo punto la paura reale è che Hong Kong, una delle realtà imprenditoriali e finanziarie più avanzate del mondo, perda queste qualità così rare e produttive per diventare una città cinese come tante altre, in ogni caso più povera e sotto il giogo antidemocratico del governo comunista della Cina.
Dall’altro lato, è chiaro da anni che il Governo di Pechino vede le legittime proteste degli hongkonghesi come una minaccia alla propria sovranità ed un pericoloso esempio destabilizzante per le popolazioni residenti nel profondo del suo territorio meno evolute e benestanti rispetto a quelle della costa.
L’articolo 23 della “Legge Fondamentale”, una sorta di regolamento costituzionale di Hong Kong, riconosciuta anche da Pechino, prevede che lo stesso territorio autonomo esamini ed eventualmente approvi tutte le leggi inerenti i temi della sicurezza in piena autonomia.
Finora, tra incidenti e rivolte di piazza le stesse procedure non hanno potuto realizzarsi.
Con un tempismo eccezionale, tutto a favore della politica di Pechino, è imperversata la pandemia COVID-19, creando il vuoto nelle strade ed una diversione totale della attenzione popolare verso queste istanze politiche di grande importanza strategica.
La decisione di imporre questa legge illegittima ha suscitato un irritato contraccolpo anche a livello internazionale
La reazione americana non si è fatta attendere. Come aveva annunciato tempo fa, Mike Pompeo, Segretario di Stato USA ha espresso che Hong Kong non sarà più considerata nell’ambito degli interessi americani, aprendo la possibilità d’inasprire le sanzioni economiche verso la Cina.

Il Segretario di Stato Americano Pompeo
Il belga Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, ha detto che l’Europa sostiene i patti legalmente sottoscritti a tutela della autonomia di Hong Kong, aggiungendo significativamente che “non siamo ingenui sul comportamento e le intenzioni della Cina”.

Charles Michel, presidente del Consiglio europeo,
L’istanza approvata giovedì scorso non ha ancora valore di legge. Per diventare tale dovrà superare anche un successivo passaggio legislativo che si concluderà nei mesi estivi.
L’aria che tira a “Porto Profumato” è quella di chi si vede all’inizio della fine per le proprie libertà.
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