Di Giuseppe Gagliano
MOSCA. Quando il ministro della Difesa indonesiano Sjafrie Sjamsoeddin sfilerà a Mosca, oggi, per l’80° anniversario della vittoria sovietica sul nazismo, lo farà con più di una corona da deporre.

ll ministro della Difesa indonesiano Sjafrie Sjamsoeddin
Dietro il cerimoniale della memoria, infatti, si muove una diplomazia silenziosa ma strategica: quella di un’Indonesia che, nel mezzo della rivalità tra Stati Uniti, Cina e Russia, gioca di sponda per costruire la propria autonomia militare e geopolitica.
Il viaggio non è un atto di cortesia.
È la continuazione di una traiettoria voluta da Prabowo Subianto, Presidente e Generale, deciso ad affrancare Giacarta da ogni sudditanza.
Lo strumento è il cosiddetto “hedging attivo”: coltivare contemporaneamente relazioni con Washington, Pechino e Mosca, senza mai cedere a un’alleanza esclusiva.
E in questo equilibrio, la Russia torna utile: forniture militari, opzioni strategiche, accesso a tecnologie senza le condizioni imposte dall’Occidente.
Il caso più emblematico resta quello dei caccia Su-35: un accordo pronto, poi congelato sotto minaccia di sanzioni americane.
Ma i contatti non si sono mai interrotti.
Anzi, a febbraio, Prabowo ha incontrato Sergei Shoigu per discutere anche di investimenti russi nel fondo sovrano Danantara.

Il Generale russo Sergej Shoigu
Ed è in quel contesto che sarebbe emersa la proposta, non confermata né smentita, di una presenza russa alla Base aerea di Manuhua: un punto avanzato nel Pacifico, a tiro dell’Australia e della base americana di Guam.
Mosca nega. Giacarta sorride.
Ma il messaggio è chiaro: l’Indonesia non è più solo una casella ASEAN, è un attore che può disturbare le linee di deterrenza regionali.
Gli Stati Uniti osservano con preoccupazione.
La Cina, con cautela. L’Australia ha già chiesto spiegazioni.
Ma l’Indonesia continua a tessere il proprio filo multipolare: accordi navali con Tokyo, dialoghi strategici con Pechino, parate con Mosca.
E mentre le grandi potenze si affrontano per la supremazia, Giacarta punta a essere arbitro del proprio destino. Una partita rischiosa, dove ogni mossa può rafforzare la sovranità… o svelarne i limiti.
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