Repubblica Democratica del Congo: l’UNHCR denuncia l’aumento delle violenze contro le donne. Dal marzo 2022 sono state 2,8 milioni le persone costrette alla fuga nelle province del Nord Kivu, Sud Kivu e Ituri

KINSHASA. L’Alto Commissariato ONU per i rifugiati (UNHCR) ha lanciato un altro avvertimento per quanto sta accadendo in Africa, precisamente nella Repubblica Democratica del Congo.

Sfollati cercano riparo dagli scontri tra gruppi armati non statali e forze governative

Qui, secondo quanto illustrato, oggi a Ginevra dall’Assistente dell’Alto Commissario per la Protezione dell’UNHCR, Gillian Triggs nel corso di una conferenza stampa, si registra un aumento delle violenze contro le donne.

Per Triggs “è preoccupante l’attuale andamento della situazione nella parte orientale della Repubblica Democratica del Congo, dove sono riprese le violenze tra gruppi armati non statali e forze governative nelle province del Nord Kivu, Sud Kivu e Ituri”.

Come conseguenza di questo, dal marzo 2022 sono state 2,8 milioni le persone costrette alla fuga in queste province.

Civili sono stati uccisi e torturati, mentre sono stati segnalati arresti arbitrari, saccheggi di centri sanitari e abitazioni civili e la distruzione di scuole e continue violazioni del diritto umanitario e dei diritti umani.

Soldati congolesi

“Siamo profondamente preoccupati – ha spiegato l’esponente dell’UNHCR – per le crescenti segnalazioni di violenze sessuali commesse contro le donne e le ragazze costrette alla fuga, sia casi di stupro che sfruttamento sessuale. Gli ultimi dati rivelano che delle oltre 10 mila  persone che hanno avuto accesso ai servizi dedicati a chi ha subito violenza di genere, nel Nord Kivu, nel primo trimestre dell’anno, si tratta per il 66% di casi di stupro”.

Molte di queste atroci violenze sarebbero state perpetrate da uomini armati.

Questi dati sono stati condivisi dalla Repubblica Democratica del Congo da un network di coordinamento per i servizi di protezione inter-agenzie (nota come “area di responsabilità” GBV) che opera nell’ambito del cluster protezione, sotto la guida dell’UNHCR.

“Riteniamo tuttavia – ha aggiunto – che questo rifletta solo la punta dell’iceberg per diversi motivi. Molti sopravvissuti potrebbero non essere in grado di raggiungere i servizi di supporto per casi di violenza sessuale e di denunciare gli abusi, per paura della stigmatizzazione da parte delle loro comunità o di ritorsioni da parte degli autori stessi delle violenze. Anche l’accesso alle persone sfollate resta una grave difficoltà, sia per motivi di sicurezza che logistici”.

Mentre l’accesso alle risorse diminuisce, i pericoli aumentano e le donne e le ragazze si trovano a correre rischi sempre maggiori mentre cercano di soddisfare bisogni fondamentali.

Ci sono state segnalazioni di donne e ragazze aggredite sessualmente mentre si occupavano della raccolta di legna da ardere e dell’acqua.

Per l’UNHCR “l’insicurezza alimentare e la mancanza di opportunità di sostentamento hanno anche provocato l’aumento dei rischi di sfruttamento e abusi ai danni di donne e ragazze adolescenti. Alcune donne sono state costrette a ricorrere a meccanismi di sussistenza dannosi, negli insediamenti spontanei intorno a Goma, la capitale del Nord Kivu, con casi di prestazioni sessuali in cambio di denaro”

Le Nazioni Unite chiedono al governo e alle autorità locali di intervenire immediatamente per affrontare questa terribile situazione.

E che i responsabili delle gravi violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario siano chiamati a risponderne.

Militari della missione MONUSCO delle Nazioni Unite

L’UNHCR e gli attori umanitari stanno lavorando per rispondere e contribuire a mitigare questi rischi crescenti.

Tra gli interventi più ampi che comprendono la fornitura di assistenza umanitaria, di cure psicosociali e di alloggi, si sta collaborando con le organizzazioni locali guidate da donne, che sono state in prima linea nella crisi e hanno raggiunto più di 9 mila persone con interventi di prevenzione e risposta alla violenza di genere da inizio anno.

“I nostri interventi  – ha spiegato ancora Triggs – comprendono anche il sostegno psicosociale per i sopravvissuti e una programmazione incentrata sul cambiamento e la trasformazione dei comportamenti, anche tra gli uomini e i ragazzi, tra coloro che a livello delle comunità tollerano la violenza contro le donne e le ragazze”.

Insieme all’OIM e all’UNICEF, l’UNHCR ha facilitato l’identificazione e il trasferimento di oltre 20 mila persone sfollate e vulnerabili, tra cui donne e ragazze, da rifugi spontanei in località come Kanyaruchinya e Bulengo, nella città di Goma e dintorni, a sistemazioni più sicure nei siti preposti di Buchagara e Rusayo II, dove stiamo fornendo loro riparo e assistenza primaria.

“Siamo preoccupati, – ha detto Triggs – tuttavia, per il calo dei finanziamenti destinati a rispondere a questa emergenza, che limita gravemente gli interventi di prevenzione e risposta alle violenze sessuali”.

Nella Repubblica Democratica del Congo ci sono 522 mila rifugiati e richiedenti asilo.

Più di 6,3 milioni di persone sono sfollate all’interno del Paese a causa di violenze, il che rende questa una delle crisi più gravi al mondo.

Ad oggi, l’UNHCR ha ricevuto solo il 33% dei 233 milioni di dollari necessari per far fronte agli impellenti bisogni.

Con il persistere delle condizioni di insicurezza e di conflitto, le opportunità per le persone sfollate di tornare a casa e i mezzi di sussistenza sono limitate.

L’UNHCR ha rinnovato l’appello alla comunità internazionale affinché contribuisca a sostenere le persone sfollate in una delle crisi umanitarie più complesse e trascurate, attraverso il finanziamento di programmi più ampi di prevenzione della violenza di genere e di risposta umanitaria.

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