Di Fabrizio Scarinci
WASHINGTON. La rappresaglia statunitense per l’attacco del 28 gennaio scorso contro l’avamposto “Tower 22” ha appena avuto inizio.
Stando a quanto si è avuto modo di apprendere, i raid di questa prima ondata si starebbero concentrando soprattutto sulla Siria orientale (dove sarebbero state ripetutamente colpite le località di Deir Ezzor e Abu Kamal) e su parte del territorio iracheno.

Secondo l’ultimo comunicato ufficiale del CENTCOM, finora sarebbero stati attaccati, con quasi 130 ordigni di precisione, più di 85 obiettivi delle Guardie Rivoluzionarie Islamiche iraniane e delle varie milizie locali sostenute da Teheran.
Tra essi figurerebbero centri di comando e controllo delle operazioni, centri logistici e siti di stoccaggio per razzi, missili, droni e munizioni di vario tipo.
Sempre secondo il CENTCOM, ai raid avrebbero preso parte diversi bombardieri pesanti dell’USAF decollati dagli stessi Stati Uniti (quanto al tipo si parla soprattutto di B-1b “Lancer”, anche se non è da escludersi che siano stati coinvolti anche altri velivoli).

Dal canto suo, il governo statunitense ha, invece, ribadito, per bocca dello stesso Presidente Joe Biden, come la campagna volta a colpire le milizie filo-iraniane potrebbe proseguire ancora per molto tempo secondo le modalità che Washington riterrà necessarie al fine di dissuadere ogni ulteriore attacco contro le forze americane operanti in Medio Oriente.
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