Romania: La NATO e il ritiro americano dal Paese. Una falsa calma sull’orlo del Mar Nero

Di Giuseppe Gagliano*

WASHINGTON D.C. L’annuncio statunitense del ritiro di circa 700 soldati dalla Romania potrebbe sembrare un semplice spostamento logistico, ma nasconde un messaggio politico preciso.

Washington giustifica la decisione con l’esigenza di “riequilibrare le priorità interne” e di rafforzare la presenza militare nella regione indo-pacifica, dove la competizione con la Cina sta assorbendo risorse e attenzione.

Tuttavia, la scelta arriva in un momento in cui la sicurezza del fronte orientale europeo è tutt’altro che stabile: il conflitto in Ucraina continua, le provocazioni russe si moltiplicano sul Mar Nero e la NATO è chiamata a garantire la propria coesione.

Soldati romeni

La linea di Rutte: minimizzare per rassicurare

Il Segretario generale Mark Rutte ha cercato di sdrammatizzare, parlando di una “rotazione ordinaria” e ricordando che la presenza americana in Europa è oggi più robusta che nel 2020.

Il Segretario Generale della NATO, Mark Rutte

Ma il tono difensivo tradisce una certa inquietudine. L’alleanza teme che ogni riduzione visibile delle truppe USA possa essere interpretata da Mosca come un segnale di stanchezza occidentale o, peggio, di un disimpegno progressivo sul fronte europeo. Non a caso, Rutte ha sottolineato la capacità della NATO di “portare più capacità dove necessario”, quasi a voler cancellare l’impressione di un arretramento.

La Romania e il ruolo del Mar Nero

Per Bucarest, la presenza americana ha un valore strategico e psicologico enorme.

La base aerea di Mihail Kogălniceanu, da cui partiranno parte delle truppe ritirate, è uno dei principali hub della NATO sul Mar Nero, crocevia per i rifornimenti verso l’Ucraina e punto d’osservazione sui movimenti navali russi.

Un aereo F-16 romeno

La Romania, che ospita già sistemi di difesa antimissile e contingenti alleati, si trova ora a chiedersi se la garanzia di sicurezza atlantica resti solida come prima.

Da qui le parole concilianti del Presidente Nicusor Dan, che però non cancellano i dubbi di un Paese confinante con una guerra in corso.

Presidente Nicusor Dan

L’ombrello dell’Eastern Sentry

Per compensare il ritiro, la NATO ha annunciato l’espansione del programma “Eastern Sentry”, con l’obiettivo di aumentare la prontezza operativa e la difesa aerea lungo il fianco orientale. L’iniziativa prevede esercitazioni potenziate e un incremento delle truppe partecipanti da 1.500 a oltre 5 mila unità.

In apparenza, un rafforzamento. In realtà, un tentativo di bilanciare la minore presenza diretta americana con un meccanismo di intervento rapido e condiviso, che però dipende dalla volontà politica dei singoli membri e dalla disponibilità di risorse comuni.

In altre parole, un segnale di unità che cela un crescente decentramento della responsabilità militare.

Le implicazioni strategiche

Sul piano strategico, il ritiro segnala il ritorno di una logica di priorità regionale.

Gli Stati Uniti sembrano voler lasciare all’Europa la gestione diretta del suo perimetro di sicurezza, mentre spostano l’attenzione verso l’Asia e il Pacifico.

È un passo coerente con la dottrina Trump-Rutte: deterrenza flessibile, riduzione dell’impegno diretto e maggiore responsabilità europea.

Ma per i Paesi dell’Est, che vedono ancora la protezione americana come indispensabile, si tratta di una trasformazione potenzialmente destabilizzante.

Il rischio è che Mosca legga la mossa come un’opportunità per intensificare le provocazioni ibride – droni, cyberattacchi, sabotaggi – senza oltrepassare la soglia della guerra diretta.

Un equilibrio fragile tra deterrenza e autonomia

L’episodio romeno mette in luce il paradosso dell’Europa: più integrata che mai sul piano della sicurezza, ma ancora dipendente dagli Stati Uniti per le capacità critiche – intelligence, logistica, sistemi antimissile e proiezione rapida.

L’iniziativa “Eastern Sentry” potrà rafforzare la cooperazione intraeuropea, ma non potrà sostituire la deterrenza simbolica e materiale del soldato americano schierato sul campo. In un contesto di crisi multiple, il messaggio è chiaro: l’ombrello NATO resta aperto, ma è sempre più sottile.

La dimensione economica e politica

Dietro il linguaggio militare si nascondono dinamiche economiche precise.

Ogni riduzione di presenza USA in Europa libera risorse per la difesa interna americana, ma spinge anche gli alleati a spendere di più.

La Romania, che destina già oltre il 2,5% del PIL alla difesa, dovrà aumentare ulteriormente gli investimenti per garantire infrastrutture, equipaggiamenti e autonomia industriale. Il messaggio politico è evidente: Washington vuole un’Europa più autosufficiente e meno passiva.

Ma il prezzo di questa autonomia potrebbe essere una sicurezza più costosa e più incerta.

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