Di Fabrizio Scarinci
MOSCA. Come noto, durante lo scorso fine settimana il Presidente russo Vladimir Putin ha annunciato la decisione del Cremlino di dispiegare armi nucleari tattiche sul territorio della vicina Bielorussia.

Un missile Iskander M in fase di lancio. Alcuni di questi sistemi, largamente impiegati nel conflitto ucraino, potrebbero essere traferiti in Bielorussia equipaggiati con testate di tipo nucleare
Concepita come una risposta all’imminente integrazione della Polonia nel “Nuclear Sharing Programme” della NATO, tale mossa, almeno secondo l’Agenzia di stampa RIA Novosti, consisterebbe, in parte, nel trasferimento sul territorio di Minsk di alcuni SRBM a doppia capacità Iskander – M (che non è, però, ancora chiaro se saranno operati esclusivamente dalle forze del Cremlino o se potranno essere gestiti congiuntamente dai militari di entrambi i Paesi) e, in parte, nell’adattamento (in ogni caso non imminente) di alcuni aerei d’attacco Sukhoi Su-25 “Frogfoot” dell’aeronautica bielorussa al trasporto di bombe nucleari gravitazionali a basso rendimento.

Un Sukhoi 25 in fase di decollo
Riguardo ad un’eventuale acquisizione di capacità nucleari aria-suolo coo-gestite con Mosca si era, tra l’altro, espresso, prima di un temporaneo “ripensamento” avvenuto nei mesi scorsi, anche lo stesso Presidente bielorusso Alexander Lukashenko, che aveva, però, accennato soprattutto alla possibilità di recuperare, per il compito in questione, alcuni caccia-bombardieri Sukhoi Su-24 “Fencer”; velivoli particolarmente adatti ai ruoli di interdizione (un po’ come i concettualmente simili F 111 “Aardwark” di origine statunitense e i Tornado IDS di produzione anglo-italo-tedesca) che, tuttavia, non sarebbero più operativi con l’aeronautica di Minsk dall’ormai lontano 2012.

Un caccia-bombardiere Sukhoi Su-24 in volo
In ogni caso, benché possa aver suscitato un certo clamore, tale mossa non sembrerebbe certo incrementare in maniera significativa l’entità della minaccia che i russi già pongono nei confronti della NATO e dei suoi alleati ucraini, e, dando per scontato che nessun tipo di ricatto potrebbe spingere gli USA e la Polonia ad interrompere la propria collaborazione in seno al programma di Nuclear Sharing, le uniche regioni plausibili alla base di tale scelta potrebbero verosimilmente essere circoscritte, da un lato, nel tentativo di instillare un po’ di preoccupazione in più nell’opinione pubblica occidentale e, dall’altro, nella volontà di rafforzare ulteriormente il cordone ombelicale esistente tra la Federazione Russa e il suo piccolo alleato bielorusso, caratterizzato anch’esso da periodiche manifestazioni di dissenso nei confronti del regime che rischiano, col tempo, di causare un’ulteriore riduzione della sfera d’influenza detenuta dal Cremlino sul suo estero vicino.
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