Di Valeria Fraquelli
Il lancio di armi chimiche che ha provocato più di 80 vittime, ha incrinato i rapporti già tesi tra Washington e Mosca. Per il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump è il dittatore siriano Bashar Al Assad il responsabile di quella che è stata definita una vera e propria strage di innocenti; la maggior parte delle vittime erano donne e bambini.
Trump non ha risparmiato epiteti dispregiativi nei confronti di Assad definendolo un animale e un criminale di guerra che per il suo tornaconto personale non esita a scagliarsi contro il suo stesso popolo che dovrebbe proteggere. Il presidente, che all’inizio del suo mandato presidenziale aveva detto che le dimissioni di Assad non erano una priorità, ha cambiato idea e si è detto molto toccato e arrabbiato da tanta crudeltà nei confronti di civili innocenti.
La reazione di Mosca allo strike statunitense non si è fatta attendere e poco dopo Putin in conferenza stampa ha bollato l’azione degli Stati Uniti come aggressione nei confronti di uno Stato sovrano e ha chiesto una indagine internazionale approfondita su un attacco scellerato contro i civili siriani. Secondo il presidente russo bisognerebbe concentrare gli sforzi contro il sedicente Stato islamico e non contro Assad che è stato definito l’unico vero e serio alleato nella lotta al terrorismo internazionale di tutto il Medio Oriente.
La Russia è da molti anni alleata di Assad, che aiuta anche con l’invio di mezzi militari e rifornimenti, e lo considera l’unico in grado di respingere lo Stato islamico e di riprendere il controllo delle città siriane ancora occupate dagli jihadisti. Il Cremlino punta su Assad per configurare il nuovo assetto politico ed istituzionale della Siria quando il conflitto sarà terminato perché lo considera l’unico in grado di unire il popolo siriano. Sono i ribelli aiutati dagli Stati Uniti i veri responsabili dell’attacco chimico secondo Putin; per la Russia l’attacco degli Stati Uniti è un regalo ai terroristi.
Assad ha ribadito che la Siria non possiede armi chimiche perché sono stare smantellate anni fa con la supervisione degli ispettori inviati dalle Nazioni Unite e guidati da esperti statunitensi, e quindi gli unici in grado di possedere e usare armi del genere non possono che essere gli islamisti dell’ISIS.
Tutta questa tensione tra le due potenze era palpabile durante gli incontri del Segretario di Stato statunitense, Rex Tillerson prima con il suo omologo russo Lavrov e poi con Putin durante la sua visita di Stato a Mosca. Seppur con il linguaggio cauto della diplomazia, Tillerson e Serghej Lavrov hanno espresso il loro disappunto reciproco per le azioni intraprese dai Governi di cui fanno parte e hanno ribadito che tra Stati Uniti e Russia su alcuni punti le differenze sono davvero inconciliabili.
“Per noi è importante capire la posizione degli Stati Uniti e le vere intenzioni di questa amministrazione, e speriamo oggi di ottenere risposte concrete. Le azioni degli Stati Uniti e l’attacco illegale in Siria sono molto preoccupanti”, ha detto Lavrov.
Tillerson ha prontamente ribattuto: “Ci auguriamo uno scambio di vedute aperto, franco e sincero che permetta da adesso in poi di definire meglio le relazioni tra Stati Uniti e Russia”, facendo capire che sarebbe meglio se la Russia smettesse di sostenere Assad mentre massacra il suo stesso popolo. Proprio il futuro di Assad dopo la guerra e il suo ruolo nella costruzione del nuovo assetto politico ed istituzionale del Paese sono state sin dall’inizio un tema caldo e molto spinoso che ha creato non pochi problemi nelle relazioni tra le due potenze. Obama aveva posto come caposaldo delle sue teorie per il futuro della Siria, l’allontanamento della famiglia Assad dal potere e da ogni tipo di incarico pubblico. I contrasti tra gli statunitensi che volevano a tutti i costi la fine del potere del presidente siriano ed i russi che invece lo volevano nelle nuova veste di guida del processo di transizione per una nuova Siria avevano fatto calare i rapporti tra i due Paesi al minimo storico e sembrava di essere tornati al clima della guerra fredda.
Trump appena eletto aveva detto che la rimozione di Assad dal potere non era una priorità e che voleva costruire solide relazioni con Mosca per collaborare nella lotta al terrorismo internazionale.
Le relazioni russo-statunitensi sembravano migliorate ma dopo l’attacco chimico della settimana scorsa subito da Washington hanno puntato il dito contro il governo siriano e questo ha creato nuove crepe importanti nei rapporti con il Cremlino che invece ha accusato i ribelli aiutati dagli Stati Uniti di essere loro i responsabili della strage.
Il canale di comunicazione militare tra le due capitali si è chiuso, anche se solo per poco, e la collaborazione nella lotta all’ISIS ne ha risentito negativamente; ecco che futuro della Siria e lotta al terrorismo si intrecciano in un complicato rebus.
Gli equilibri geopolitici delicatissimi del Medio Oriente sono dominati dall’andamento dei rapporti tra le due potenze che hanno un ruolo di primo piano nella regione e la loro cooperazione contro il terrorismo sarebbe importante per riportare la pace in quel martoriato angolo di mondo.
L’escalation con la Corea del Nord che si sta trasformando in una dimostrazione di forza e l’ultimatum di Trump alla Cina perchè smetta di aiutare il dittatore Kim Jong un hanno preoccupato la Russia e dal Cremlino sono giunti appelli alla fine di un processo che potrebbe sfociare in una nuova guerra. La Russia si è detta molto preoccupata per la tensione latente in varie parti del mondo e ha accusato gli Stati Uniti di volere trascinare tutti in una nuova guerra che porterà solo vittime e distruzione. Dalla Casa Bianca hanno risposto che è la Russia a dover scegliere da che parte stare: con i dittatori che opprimono il loro popolo, o con chi vuole la libertà e la democrazia per tutti.
L’ultimo sgarro dell’amministrazione Trump a Mosca è stata la firma del documento che accetta la richiesta di adesione del Montenegro alla NATO; la Russia non gradisce che l’Alleanza Atlantica si ingrandisca verso est perché vuole tenere un certo grado di controllo sulle repubbliche ex sovietiche che considera come se fossero ancora sotto il suo diretto dominio. Esercitazioni vicine ai confini russi e richieste di adesione da parte di Paesi dell’est Europa fanno irritare il Cremlino ed aggravano il clima già molto teso, senza contare il problema ancora irrisolto della crisi Ucraina.
Tra crisi siriana, terrorismo internazionale che riesce a colpire anche le grandi città europee, il quadrante Asia- Pacifico infiammato dai test missilistici di Pyongyang e dal difficile rapporto tra Stati Uniti e Cina e problemi per l’avanzata della NATO verso est la geopolitica mondiale è più che mai appesa ad un filo sottile che rischia di rompersi e far precipitare il mondo in una nuova guerra.