MOSCA (nostro servizio particolare). Il 30 agosto 2022, all’età di 91 anni, moriva a Mosca, Michail Gorbačëv.
Malato da tempi di diabete dal giugno di quello stesso anno ero stato ricoverato, in dialisi, nella capitale russa presso il Central Clinical Hospital della Russia
E’ sepolto nel cimitero di Novodevičij accanto a sua moglie, Raissa.
Sulla sua figura politica e sugli avvenimenti di cui è stato protagonista (pensiamo a quelli con gli USA di Ronald Reagan) si è scritto moltissimo.
Il 29 maggio 1988 Ronald Reagan e Michail Gorbačëv si incontrarono a Mosca per ratificare il Trattato INF (Intermediate-Range Nuclear Forces Treaty) siglato a Washington l’8 dicembre 1987, che sanciva la fine dell’uso di missili nucleari a medio raggio su territorio europeo.
Articoli, libri, interviste, reportage hanno accompagnato quei momenti storici prima degli ultimi anni dell’Unione Sovietica e poi quelli successivi.
Amato in Occidente e odiato nel suo Paese, Gorbačëv ha, comunque, segnato un cambiamento radicale nelle relazioni politico-diplomatiche tra quelli che erano prima considerati i due blocchi contrapposti. Basti pensare al famoso concetto di “Guerra fredda”, con la costituzione della NATO (organizzazione politico-diplomatico-militare) ancora in funzione contrapposta a i Paesi del Patto di Varsavia (scioltosi il 1° luglio 1991).
Tra le critiche più aspre c’è questa: l’accelerazione dello sgretolamento dell’URSS attraverso l’istituzione della carica di Presidente della Repubblica sovietica.
Era il marzo 1990, quasi contemporaneamente all’assunzione di Gorbačëv della carica di Presidente dell’URSS, con il suo consenso anche nelle singole Repubbliche sovietiche furono istituite cariche analoghe.
Tutto questo aumentò, ulteriormente, le già forti tendenze separatiste. Particolarmente confusa divenne la situazione nella più grande RSFS Russa, dove il ne oeletto Presidente Boris El’cin ingaggiò un’aperta lotta contro Gorbačëv in quanto capo dell’URSS, proclamando addirittura la supremazia delle leggi locali russe su quelle sovietiche (federali).
L’istituzione della carica del Presidente incoraggiò le forze secessioniste anche nelle altre Repubbliche: già l’11 marzo 1990 proclamava l’indipendenza la Lituania, a cui seguirono la Georgia (26 maggio), l’Uzbekistan (20 giugno), la Moldavia (23 giugno), l’Ucraina (16 luglio) e via via tutte le altre.
BREVE ANALISI SULLA GLASNOST E LA PERESTROIKA
Al di là delle cotiche, che in politica, sono all’ordine del giorno vorremmo solo ricordare due concetti che hanno consentito a Gorbačëv di passare appunto alla Storia:: la perestrojka e la glasnost.
Era il 1985, precisamente maggio quando tra il 15 e il 17 di quel mese Gorbačëv, allora nuovo Segretario generale del Partito Comunista si recò a Leningrado, dove incontrò il Comitato cittadino di partito.
Fu in quell’occasione che affermò: “È evidente, compagni, che tutti noi dobbiamo ricostruirci. Tutti”.
Usò il verbo “perestrajvat’sja” (in russo ricostruirsi) come una metafora che fu poi diffusa dai media e divenne lo slogan di una nuova fase nella storia dell’Unione Sovietica.
Nel suo libro “Naedine s soboj” (A tu per tu con me stesso) pubblicato dalla Marsilio nel 2013 e poi dalla Feltrinelli nel 2021, Gorbačëv scrive: “La perestrojka era iniziata nel nome dell’affermazione nella società e nel partito fai principi democratici e tali obiettivi non potevano essere raggiunti con metodi non democratici”.
Nel confronto acceso con Eltsin uscì tutta la sua volontà di far cambiare all’URSS passo.
Gorbačëv ebbe il coraggio di mettere sul banco degli accusati “la politica dei quadri e i metodi di lavoro delle nostre strutture amministrative”.
Si respiravano arie diverse: Tra chi proteggeva la nomenklatura del PCUS e chi invece voleva rapidi cambiamenti.
I vertici del PCUS, dopo la 19^ conferenza, conservano ancora la loro leadership. Non era facile per i riformatori cambiare quel passo che dicevamo.
Il Partito comunista ocntyrollava ancora le menti, notava lo stesso Gorbačëv.
“In generale – scriveva ancora nel suo libro – non era così semplice riformare il partito o smembrare, per esempio, il PCUS, come alcuni consigliavano di fare, selezionando i sostenitori puri della perestrojka. Alla fine si arrivò a questa soluzione, ma con un grave ritardo sull’evolvere degli avvenimenti del Paese”.
Anche la glasnost non ebbe vita facile.
Ricordò ancora Gorbačëv: “Fu il primo terreno di scontro nella battaglia per la libertà. E vi furono membri del Comitato centrale che lanciarono il guanto (di sfida Ndr)”.
Tra gli anni 1986-1987 concessero “con la prima grave crisi della perestroika – sottolineò -. La società si aspettava cambiamenti rapidi e indolori, senza presagire quali difficoltà avrebbero creato l’ostinata resistenza dei retrogradi e l’aggressività dei radicali”.
Proprio nel 1987 esplose il “caso Eltsin”Il 9 novembre di quell’anno simulò il suicidio.
L’anno successivo, il 13 marzo, uscì un articolo sul giornale “Sovetskaja Rossija” dal titolo eloquente “Non posso transigere sui principi”.
Autrice una docente di Leningrado, Nina Aleksandrovna Andreeva, la quale senza mesi termini difese Stalin e tutti i fenomeni stalinisti.
Il giornale era l’organo ufficiale del PCUS e lo scritto divenne un vero e proprio manifesto anti perestrojka e un attacco diretto allo stesso Gorbačëv e alla linea politica varata dal Plenum del Partito stesso.
La frattura tra cosnservatori e riformisti si fece sempre più ampia.
L’articolo era stato condiviso dai vertici del PCUS, I filo Gorbačëv chiedevano la testa del direttore del giornale, Cikin, e dei redattori anti perestrojka.
Ma fu scelta un’altra strada.
Tutto fu rimandato alla XIX Conferenza del Partito. Anche nella società sovietica si attendeva questo importante evento politico.
“il significato politico – scrisse nel libro Gorbačëv – fu quello di avere rafforzato la leadership politica, sostenendo il partito nella fase critica del passaggio verso un processo di democratizzazione radicale del sistema politico del Paese”.
Fu trovato un accordo congiunto di principio sulla prosecuzione e l’approfondimento del processo della perestrojka e dei suoi obiettivi ddi rinnovamento dello Stato e della Società sulla base di elezioni libere, non formali, ma effettive di tutti gli ortaggio dirigenti.
Vennero, poi, poste le basi della cessazione del monopolio del PCUS sul potere statale e il passarggio a veri Soviet, liberamente eletti dai cittadini.
IL GOLPE DELL’AGOSTO 1991
lIl Putsch di agosto 1991 fu un tentato colpo di Stato in Unione Sovietica organizzato da parte di alcuni membri del governo sovietico per deporre Gorbačëv e prendere il controllo del Paese.
Il fallimento del putsch rafforzò la figura di Boris Nikolaevič El’cin, presidente del Presidium del Soviet Supremo della RSFS Russa, il quale si era schierato contro di esso, e che successivamente bandì il PCUS e si fece promotore del processo di dissoluzione dell’Unione Sovietica, che avvenne il 26 dicembre dello stesso anno.
Alle 16:32 (fuso orario di Mosca) del 18 agosto, il GKČP (Comitato statale per lo stato di emergenza in Unione Sovietica) interruppe le comunicazioni con la dacia di Gorbačëv, compresi i telefoni fissi e il sistema di comando e controllo nucleare.
Otto minuti dopo, il Tenente Generale Jurij Plechanov della 9ª Sezione del KGB (adibita alla sicurezza del Presidente sovietico) fece entrare la delegazione del GKČP nella dacia.
i membri del Comitato gli chiesero di dichiarare lo stato di emergenza o di dimettersi e nominare Janaev come presidente ad interim per consentire ai membri del GKČP di “ristabilire l’ordine” nel Paese.
Gorbačëv si rifiutò sempre di accettare le loro richieste. Con il rifiuto di Gorbačëv, i congiurati ordinarono che rimanesse confinato nella dacia di Foros.
Le linee di comunicazione della dacia (controllate dal KGB) furono chiuse.
Gorbačëv fu quindi trattenuto a forza in Crimea, vedendosi impedita la possibilità di recarsi alla sigla del nuovo accordo federativo.
I membri del GKČP ordinarono di inviare a Mosca 250 mila paia di manette da una fabbrica di Pskov e 300 mila moduli per gli arresti.
Fu raddoppiata la paga di tutto il personale del KGB,.
La prigione di Lefortovo a Mosca venne svuotata per accogliere i prigionieri.
E alle 3.30 del 19 agosto 1991, finì la stagione della perestrojka.
L’obiettivo dei golpisti era quello di preservare l’Unione dall’insorgere delle nazionalità, impedire un alleggerimento del potere centrale e preservare il primato del PCUS..
“La motivazione del colpo di Stato era già pronta – scrisse ancora Gorbačëv nel suo libro- : il Presidente dell’URSS non era più in grado di adempiere alle su funzioni a causa di una grave malattia che lo aveva colpito, come certificava la documentazione medica”.
I medici su presione del KGB dovevano scrivere questi certificati ma si opposero.
L’effetto del golpe fu quello di screditare il processo sociale e politico delle riforme e gli obiettivi che si volevano raggiungere.
Con un rinnovamento pacifico che tenesse dentro il popolo nelle decisioni politiche.
Ma la gente che aveva capito tutto non appoggiò i golpisti.
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