SECONDA GUERRA MONDIALE: ETTORE GLIOZZI IL PARACADUTISTA DI ARDORE CHE SOPRAVVISSE AD EL ALAMEIN

Di Gerardo Severino*

EL ALAMEIN (EGITTO) – nostro servizio particolare.  Finora , la “scena mediatica” legata al nome di Ettore Gliozzi era rivolta a ben altro genere, riferendomi al noto calciatore originario di Siderno Marina, in provincia di Reggio Calabria.

Nessun cenno, nemmeno nei più sperduti meandri del Web è stato, infatti, mai riservato al Paracadutista della Folgore, Ettore Gliozzi, mio zio materno, ma anche nonno del prima citato calciatore.

La Folgore ad El Alamein in una cartolina ricordo

Eppure, Ettore Gliozzi – suo malgrado – ha contributo a scrivere la storia della Seconda guerra mondiale, essendo uno dei pochissimi Paracadutisti italiani sopravvissuti alla sanguinosa battaglia di El Alamein, come cercherò di ricostruire a breve. Ettore nacque ad Ardore il 28 ottobre del 1922, una data storica per il Paese ma anche fin troppo drammatica per lo stesso giovane calabrese, cresciutosi evidentemente con il culto di essere nato proprio il giorno in cui si dava vita alla famosa “Marcia su Roma”.

Rampollo di Carlo Gliozzi, allora ancora ricco possidente di Ardore, trasferitosi a Locri, e della Nobildonna Elena Caruso, di agiatissima famiglia di Grotteria, Ettore visse appieno gli anni del Fascismo, crogiolandosi sul fatto di essere l’unico maschio della famiglia, a fronte di uno stuolo di figlie femmine, tra le quali mia madre, Rita, l’ultima della nidiata. Ebbene, come spesso succedeva tra le famiglie facoltose, Ettore non si curò affatto delle raccomandazioni genitoriali, quelle che lo invitavano a studiare e farsi una posizione.

Locri in una cartolina del 1942

No, giovane e convinto fascista quale era (e non lo era solo lui, evidentemente), Ettore non vedeva l’ora di arruolarsi, e ciò soprattutto dopo aver assistito alla vittoriosa campagna “Italo-Etiopica” (1935 – 1936), grazie alla quale l’Italia di Mussolini aveva finalmente dato vita all’Impero. Aveva, allora, quattordici anni, il nostro Ettore, tutti vissuti dunque sotto il Fascismo.

Egli, infatti, conobbe solo quella esperienza, ragion per cui riusciamo a giustificare il perché, il 4 dicembre del 1940, da poco compiuti i 18 anni d’età e dopo aver convinto Carlo a concedergli l’assenso (essendo ancora minorenne), s’imbarcò su una fumante Littorina che, dalla Stazione ferroviaria di Locri lo avrebbe condotto a Catanzaro e da qui, con altri treni avrebbe raggiunta la cittadina laziale di Anzio, in provincia di Roma.

La caserma di Anzio, sulla via Ardeatina ove Ettore Gliozzi iniziò la sua carriera militare (1940)

 

Qui, infatti, aveva sede la Scuola Centrale della Milizia Artiglieria Contraerea, ove era stato destinato dopo l’arruolamento volontario nella Milizia del Regime.

Fu un vero strazio per i genitori – raccontava mia madre – quando quel dì di dicembre, a pochi mesi dall’entrata in guerra dell’Italia a fianco di Hitler, in quella scellerata e drammatica conflagrazione mondiale, suo fratello Ettore lasciò la casa di Via Bolzano, n. 3, senza ripensamenti, senza voltarsi indietro. Il giovane era davvero determinato, e lo sarà anche negli anni a venire, peraltro senza conoscere – e come poteva ? – l’epilogo di quella scelta.

Il Milite Gliozzi, dopo il corso di formazione fu destinato, il 14 gennaio del 1941, alla 2^ Legione “Savona” della Milizia Artiglieria Contraerea, di stanza nella stessa città ligure, ove avrebbe prestato servizio presso la 3^ Batteria Costiera. Mesi dopo, esattamente il 10 di dicembre, dopo un anno trascorso sotto le armi, Ettore cambiò reparto, prendendo servizio presso la 1^ Batteria, a Genova.

Vi rimarrà pochissimo, in  quanto già 17 febbraio 1942 lo troviamo distaccato presso il Deposito del 5° Reggimento Artiglieria Contraerea di stanza a Padova, un reparto del Regio Esercito, Forza Armata alla quale, nel frattempo, aveva chiesto di transitare. Scopriremo  a breve il perché. Ettore Gliozzi, che per sua natura era un giovane impulsivo, così come era egualmente intraprendente sotto tutti i punti di vista, dopo due anni di quella vita trascorsa lungo le coste liguri, sparando colpi d’artiglieria contro le formazioni aeree nemiche, aveva, infatti, deciso di cambiar vita, sperando di diventare Paracadutista, un sogno che evidentemente nutriva da molto e che, molto probabilmente, riuscì a realizzare proprio in virtù della sua forte testardagine.

Ettore, che da ragazzo era stato soprannominato dagli amici “percia sipali” (che bucava le siepi, sinonimo di uno che non teme barriere ed ostacoli naturali, n.d.r.), mise, quindi, piede a Tarquinia (Viterbo) il 15 giugno dello stesso 1942.

Qui, il  1º settembre del ’41 era stato istituito, nell’ambito della Regia Scuola Paracadutisti, il 2º Reggimento Paracadutisti, al quale Ettore Gliozzi fu assegnato e nei ranghi del quale avrebbe conseguito l’agognato Brevetto Militare.

Poco più di un mese dopo il suo arrivo a Tarquinia, il Regio Esercito diede vita alla Divisione Paracadutisti “Folgore”, per l’esattezza alla 185^ Divisione di Fanteria “Folgore”, così denominata ufficialmente il 27 di luglio, giorno in cui fu destinata ad operare in Africa Settentrionale.

Il neo Paracadutista Gliozzi, senza alcuna possibilità di tornare per qualche giorno a Locri, prese imbarco su uno dei tanti aerei che tra il 27 e il 28 luglio avrebbe trasferito il ribattezzato 186° Reggimento Fanteria “Folgore”, nei territori oltremare.

E fu proprio in Africa che Ettore visse su sé stesso i brividi dei micidiali colpi della contraerea inglese, la quale del resto faceva il proprio mestiere, come lo aveva fatto lui, lungo le coste della Liguria.

La storia della Seconda Guerra mondiale ci ricorda, purtroppo, che nella battaglia di El Alamein, in Egitto, il 186° Paracadutisti fu letteralmente investito, il giorno 24 ottobre 1942, da violentissimi attacchi da parte del 1º e 2º Battaglione della Legione straniera francese, principalmente sul limite della depressione di El Qattara, ove il reparto fu attaccato sia sulla fronte che sul fianco, peraltro costretto ad opporsi con gli uomini rimasti, senza poter utilizzare i mortai.

Valutata la situazione il Comandante del V Battaglione, lasciate le Compagnie sulla fronte a difesa dei rispettivi capisaldi, si pose al comando di una forza di rincalzo, composta da circa un centinaio di Paracadutisti, tra i quali lo stesso Ettore Gliozzi. I soldati della Folgore si coprirono di gloria, assaltando il nemico a colpi di bombe a mano lungo la rampa di Naqb Rala.

L’azione fu condotta con tenacia e violenza di fuoco, tali da costringere i Legionari  francesi a ritirarsi, peraltro con fortissime perdite.

A mutare il destino di quei prodi italiani ci pensarono gli inglesi, giunti sul posto con uomini e mezzi in abbondanza. Si pensi che solo per piegare l’11^ Compagnia del 186° Reggimento, sulla linea di difesa di El Qattara, gli inglesi dovettero impiegare due Battaglioni di Fanteria, raggiungendo la vittoria dopo due giorni di violentissimi combattimenti, ma soprattutto al costo di migliaia di caduti, la maggior parte dei quali rimasti vittime del corpo a corpo con i nostri Paracadutisti, armati di pugnale e di forza leonina. Le perdite subite dagli Inglesi gli impediranno di proseguire e di sfondare la linea di resistenza.

Dopo giorni e giorni di scontri furiosi, il 186º Reggimento teneva ancora saldamente il fronte che gli è stato assegnato.

Lapide in ricordo del sacrificio della Folgore ad El Alamein

Il prezzo pagato fu, tuttavia, altissimo anche per lui.

Nel corso della 2^ battaglia di El Alamein (23 ottobre – 5 novembre 1942), l’intera Divisione “Folgore”, agli ordini del Generale Frattini, perse circa 40 ufficiali ed oltre 600 uomini tra sottufficiali, graduati e paracadutisti, caduti o feriti. Davvero pochissimi i superstiti.

Nello specifico, mentre Il VI Battaglione si immolò quasi completamente per mantenere le posizioni, il V Battaglione conterà solo poche decine di superstiti.

Tra questi anche Ettore Gliozzi (che proprio in quei giorni compiva vent’anni), il quale, scampato miracolosamente alla battaglia verrà poi fatto prigioniero dagli stessi inglesi, il 26 novembre, successivamente inviato presso il Campo di Concertamento di Alessandria d’Egitto, ove rimarrà sino al 22 luglio del 1946, data nella quale, liberato dai “vincitori”, sbarcò finalmente a Taranto.

Dopo un paio di mesi trascorsi per motivi sanitari in un “Campo Contumaciale”, il 20 settembre 1946, Ettore giunse finalmente a Reggio Calabria, ove, presso il locale Distretto Militare gli fu notificato il congedo illimitato da quello che, da pochi mesi era divenuto l’Esercito della neonata Repubblica Italiana.

Raggiunta Locri, Ettore poté riabbracciare la madre e le sorelle, scoprendo da loro che purtroppo, l’adorato padre, Carlo Gliozzi era scomparso prematuramente già nel 1943, colto da ictus.

A casa, Ettore venne a sapere anche che durante la sua assenza prolungata, ben quattro anni senza avere notizia dei suoi cari (né tantomeno i suoi ne avevano avute da parte sua), la famiglia era andata completamente a rotoli, anche a causa della morte del nobile di Ardore.

Carlo Gliozzi, di animo generoso e dotato di un altruismo senza pari per non dire ingenuo, aveva aiutato economicamente molte persone, tra amici e parenti, sottraendole dalle angheria della guerra.

Per questo, aveva iniziato ad alienare gran parte dei suoi beni immobili.

Con la sua morte, prestiti e anticipazioni economiche non rientrarono, tanto che ben presto la quota dei beni di famiglia del Signore di Ardore non bastò più nemmeno per mandare avanti l’ordinario.

La famiglia di Carlo Gliozzi, sebbene con la dignità e con il decoro che l’aveva sempre contraddistinta, fu declassata dalla vita stessa ad un rango più modesto della società. Ettore Gliozzi, dopo ben sei anni di vita militare, fu, quindi, costretto a rimettersi in uniforme.

Convinto da alcuni amici di famiglia, s’arruolò nel Corpo degli Agenti di Custodia.

Non fu una scelta positiva, essendo egli un’amante della vita libera, all’aperto e soprattutto spensierata.

Dopo un breve periodo di ferma, lo vediamo, infatti, ritornare a Locri, ove si mise a fare il bracciante agricolo e, infine, l’operaio.

Convolato a nozze con Olga Riccio, di Siderno Marina, Ettore diverrà padre di ben sei figli, che adorerà per il resto della vita.

Il Paracadutista di Ardore, Ettore Gliozzi, uno dei pochissimi sopravvissuti di El Alamein, raggiunse i suoi compagni in celo in una calda estate del 1986.

Il Sacrario militare italiano di El Alamein (COPYRIGHT Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti)

 

Era il 16 di agosto, quando non ancora 64 enne si spense, e per la stessa causa che s’era portato via il padre e che avrebbe portato via anche le sorelle, Teresa, Maria e Rita (mia madre), il beffardo ictus che non diede scampo nemmeno a lui.

Ettore Gliozzi visse il resto della sua vita, nostalgico delle esperienze giovanili, avvolto dalla modestia dei suoi giorni, da una condizione economica non certo facile, ma sempre con una grande dignità d’animo, con una non comune signorilità e con quel “difetto” congenito: la filantropia, lo stesso sentimento che aveva minato alle fondamenta il suo genitore.

Del suo passato militare, eccetto queste poche righe non era rimasto nulla, se non qualche traccia nei ricordi miei e dei miei cugini. Nemmeno uno straccio di Medaglia al Valore, una Croce di guerra, una semplice onorificenza, una qualsivoglia pergamena, lo hanno consegnato degnamente ai posteri.

Ciò, a differenza di tanti “uomini illustri” che avevano sì combattuto, ma sedendo su di una comoda poltrona ministeriale, o peggio che avevano svernato nelle pittoresche ville in Svizzera, per poi rientrare in Patria qualche giorno prima del 25 aprile 1945.

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare – Membro del Comitato di Redazione di Report Difesa

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore