Sessione primaverile dell’Assemblea parlamentare NATO: Stoltenberg anticipa i principali temi del prossimo summit di Washington. Per il Segretario Generale la rimozione delle restrizioni all’utilizzo di armi sul suolo russo spetta ai singoli Paesi

Di Fabrizio Scarinci

SOFIA. Durante la sessione primaverile dell’Assemblea parlamentare dell’Alleanza Atlantica, tenutasi ieri a Sofia, il Segretario Generale della NATO Jens Stoltenberg ha brevemente anticipato quelli che saranno i principali temi del prossimo summit di Washington, focalizzandosi, in modo particolare, sull’aumento delle capacità di deterrenza dei Paesi membri, sul conflitto ucraino e sull’approfondimento delle partnership globali.

Il Segretario Generale Stoltenberg durante il suo discorso alla sessione primaverile dell’Assemblea parlamentare della NATO

Nello specifico, riguardo al tema della deterrenza egli ha nuovamente ricordato come questa nuova fase della Storia mondiale, molto più pericolosa della precedente, imponga all’Alleanza una nuova postura strategica, caratterizzata, tra le altre cose, da piani di difesa molto più imponenti.

Tuttavia, come egli ha voluto rimarcare, senza il supporto di forze adeguate nessun piano potrà mai essere implementato; ragion per cui l’aumento delle spese militari da parte dei Paesi membri rappresenta un fattore sempre più importante.

Nondimeno, riguardo a questo punto si starebbero comunque registrando dei progressi piuttosto importanti, soprattutto se si pensa al fatto che nel 2014 i membri della NATO che spendevano almeno il 2% del PIL per la Difesa erano solo tre (ossia Stati Uniti, Regno Unito e Grecia, con quest’ultima impegnata, più che altro, a dissuadere la Turchia), mentre oggi sono già una ventina.

Un AWACS della NATO affiancato da alcuni F-16 statunitensi

Certo, questo non significa che non ci sia ancora molto da fare e, per quanto ci riguarda, non possiamo che augurarci che anche nel nostro Paese, attualmente ancora all’1,4%, si riesca finalmente a vedere questi aumenti di spesa non come una sorta di compito a casa richiestoci da altri ma, piuttosto, come un investimento sulla nostra capacità di contare qualcosa in un mondo sempre più competitivo.

Quanto all’Ucraina, invece, il Segretario Generale ha ribadito come l’attacco lanciato dai russi sia un qualcosa di completamente inaccettabile, tornando a spiegare l’importanza di fornire a Kiev tutto il supporto materiale possibile.

Come da egli sottolineato, infatti, grazie al sostegno militare offerto dai Paesi NATO (corrispondente al 99% del totale), oltre ad ad evitare che i russi rovesciassero il loro governo in pochi giorni, gli ucraini sono anche riusciti a riconquistare circa la metà del territorio occupato dai russi durante le prime fasi dell’attacco.

Militari ucraini in un centro di comando

Come tutti sanno, però, nel corso degli ultimi mesi tale sostegno si è notevolmente ridotto; non solo per via della lunga e tortuosa approvazione dell’ultimo maxi pacchetto di aiuti statunitense ma anche a causa del fatto che la maggior parte dei Paesi europei non è riuscita a consegnare le forniture promesse (come nel caso dei sistemi di difesa antiaerea e del milione di munizioni arrivato solo in minima parte).

Al momento, soprattutto grazie all’approvazione del pacchetto di cui sopra da parte di Washington, tale impasse sembrerebbe in fase di risoluzione.

Cionondimeno, la condizione strategica di Kiev risulta oggi molto più sfavorevole rispetto a quella di un anno fa. Il Paese è, infatti, stato colpito in modo sempre più frequente dai raid russi e le sue forze sono state costrette ad arretrare in diversi settori del fronte del Donbass (senza, poi, contare l’ultima offensiva di Mosca nella regione di Kharkiv).

Forze russe in Ucraina (Mil.ru)

Per tale ragione, Stoltenberg ha spiegato come, al fine di assistere efficacemente le forze ucraine, le iniziative a breve termine dei singoli Paesi non bastino più, auspicando la creazione di una struttura istituzionalizzata dell’Alleanza che possa essere in grado di gestire in modo prevedibile (e, volendo, anche nel lungo termine) sia il supporto tecnico-logistico che i programmi di addestramento in favore di Kiev.

Nel corso dell’evento, il Segretario Generale è, poi, tornato sulle affermazioni rese nei giorni scorsi durante una sua intervista con l’Economist, in cui aveva auspicato che tutti i Paesi NATO intenti a fornire armi d’attacco agli ucraini potessero autorizzare Kiev ad utilizzarle anche sul suolo russo, che, per le forze di Mosca si configura, di fatto, come una quasi “safe-zone” da cui attaccare impunemente.

In particolare, anche al fine di smorzare le polemiche derivate da tali affermazioni, egli ha precisato come il suo fosse solo un invito e come tale decisione spetti solo ed esclusivamente ai singoli membri dell’Alleanza.

Venendo, infine, al terzo “main topic” del prossimo summit, ossia quello inerente l’approfondimento delle partnership globali, Stoltenberg ha, invece, spiegato come, quantunque la NATO sia (e intenda rimanere) un’Alleanza a vocazione regionale, la sicurezza dei suoi membri sia inevitabilmente interconnessa con le dinamiche in atto in altre aree del pianeta, dove, di certo, non mancano competitor e attori ostili a ciò che noi chiamiamo “Occidente”.

Al momento, alcuni di essi (segnatamente Cina, Iran e Corea del Nord) risultano pesantemente coinvolti anche nell’ambito del conflitto ucraino, con Pechino che fornisce ai russi materiali “dual use” utilizzabili nella fabbricazione di piattaforme e sistemi d’arma (come microprocessori e altri sistemi di microelettronica), Teheran che, dopo aver fornito un gran numero di sistemi d’attacco alle forze di Mosca, sta anche aiutando il Cremlino a realizzare una fabbrica di droni nel Tatarstan e Pyongyang che, come noto, ha fornito a Putin più di un milione di proiettili d’artiglieria.

Il Presidente russo Putin durante un incontro con il suo omologo cinese Xi Jinping

In cambio, Mosca si è avvicinata sempre più a Pechino sul piano politico-strategico e ha garantito a iraniani e nordcoreani la propria assistenza per ciò che concerne lo sviluppo di tecnologie legate al nucleare.

Naturalmente, quanto questo “blocco” antioccidentale sia, poi, effettivamente solido è tutto da vedere.

Le relazioni tra Russia e Cina, presentano, ad esempio, non poche criticità; ricordiamo, tra le altre cose, come la stessa presenza russa in Siberia sia stata più volte definita dai cinesi come l’ultimo grande esempio di colonialismo europeo nel mondo (cosa che non lascia presagire nulla di buono, almeno dal punto di vista russo) e come anche lo stesso accordo di cooperazione strategica tra Mosca e Pyongyang potrebbe avere come obiettivo quello di attenuare l’influenza che Pechino (pur con diverse gradazioni) esercita su entrambi.

Tuttavia, risulta comunque piuttosto chiaro come ciò che accade nell’ambito di uno specifico “scacchiere” possa avere un certo impatto anche riguardo alla sicurezza degli altri.

Di conseguenza, a Washington di discuterà di come intensificare la collaborazione tra la NATO e i propri partener collocati al di fuori dell’area euroatlantica, con particolare riferimento non solo a Giappone, Corea del Sud, Australia o Nuova Zelanda (importanti attori dell’Asia-Pacifico legati agli USA e al Regno Unito da ormai diversi decenni), ma anche ad alcuni Paesi del Golfo e del cosiddetto “sud globale”, come, ad esempio Mauritania e Tunisia; cosa che, dal punto di vista del nostro Paese, che mira ad intraprendere un’opera di rivitalizzazione del rapporto tra Occidente e continente africano, potrebbe certamente costituire, una grandissima opportunità di crescita.

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