Di Pierpaolo Piras
Istanbul. Sabato scorso, si è concluso il summit di Istanbul al quale hanno partecipato i Presidenti della Turchia Recep Tayyip Erdoğan, della Russia Vladimir Putin e della Francia Emmanuel Macron. La Germania era rappresentata dalla cancelliera Angela Merkel. Grande assente è stato il massimo rappresentante del Governo iraniano, Hassan Rouhani. E’ chiaro che il processo di pacificazione dovrà passare anche con la consultazione ed approvazione da parte di questo importante protagonista della politica medio-orientale, per la prevenzione di futuri conflitti ed a garanzia della pace.
L’incontro si è tenuto nello storico ed elegante padiglione Vahdettin, nel distretto di Uskudar, sulla riva asiatica della capitale turca.
L’obiettivo primario del summit è stata la ricerca di una soluzione duratura all’annoso conflitto siriano, iniziato nel 2011 come una sollevazione popolare (nell’ambito di quella che fu chiamata la “Primavera araba”) in opposizione al dispotismo del Presidente siriano Basher Al Assad, e rapidamente proseguita con le divisioni politiche, di ispirazione religiosa e non, e con l’apparizione dell’ISIS. Un mix di questioni che ha esteso il conflitto.
In questi sette anni di intense attività militari, si stimano in oltre 400 mila le vittime totali di cui più di 17 mila minori.
In Turchia sarebbero fuggiti oltre 5 milioni di persone. Circa 6,3 milioni sarebbero di sfollati dentro il territorio siriano. Innumerevoli sono tuttora coloro (circa 13,5 milioni) che, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari umanitari, necessitano di assistenza umanitaria.
L’atmosfera dell’incontro, ha commentato Putin, è stata all’insegna di una produttiva concordia. Anche la cancelliera Merkel ha elogiato la positività del summit, aggiungendo che “potremmo avere le nostre differenze ma abbiamo raggiunto un accordo ed abbiamo rilasciato una dichiarazione congiunta, sottolineando una volontà comune e determinata”.
Nella dichiarazione congiunta è stato scritto che verrà costituita una Commissione per redigere una nuova Costituzione siriana entro la fine di quest’anno. Questo Comitato dovrà, necessariamente, essere rispettato e riconosciuto come legittimo da tutte la parti.
La dichiarazione congiunta ha anche riservato un’esplicita attenzione al rientro in sicurezza dei profughi, affinché questi non siano in alcun modo perseguitati dal Governo di Damasco e , parimenti, che le principali ed autorizzate organizzazioni umanitarie possano accedere senza alcun ostacolo nelle aree di maggiore bisogno.
Vladimir Putin ha poi chiarito uno dei punti cardine delle future strategie, affermando che “i siriani devono determinare da soli il futuro del loro Paese. Non abbiamo discusso di personalità”, riferendosi così al futuro politico di Al Assad. Il Presidente russo si è impegnato a debellare il terrorismo, fino a completarne la scomparsa. “Non possiamo lasciare che i terroristi con esperienza bellica – ha detto – continuino la loro attività criminale, creando cellule dormienti nei nostri Paesi e reclutino nuovi aderenti”.
Erdogan ha evidenziato che il destino di Assad “dovrebbe essere deciso dal popolo siriano; vogliamo che esso risponda alla domanda su come vuole proseguire nel mondo”.
L’obiettivo comune è quello di instaurare un processo di revisione della politica siriana al termine del quale dovranno essere indette, sotto l’egida dell’ONU, libere elezioni aperte a tutti i siriani compresi quelli vittime della recente diaspora bellica. Il tutto nel rispetto e tutela della sovranità ed integrità territoriale del Paese.
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