SPECIALE 2 GIUGNO: LA LEGIONE DEL PACCIARDI NELLA PROSPETTIVA DI UN’ITALIA REPUBBLICANA

Di Gerardo Severino

Montevideo (nostro servizio particolare). È, quella che proponiamo oggi, una vicenda poco conosciuta nell’ambito della storia generale della 2^ Guerra mondiale e, in particolare, di quella relativa al nostro Paese, che tra il 1940 e il 1943 si trovava a combattere, purtroppo al fianco di un altro Paese sotto dittatura, contro altri Stati del mondo, tutti coinvolti in un conflitto assurdo che mirava alla conquista egemone della vecchia Europa.

Già emersa a New York, nel corso del 1941, come approfondiremo meglio in avanti, l’idea di dar vita ad un’apposita “Legione Italiana”, composta prevalentemente da esuli antifascisti, ovvero da ufficiali e militari italiani via via catturati dagli Alleati Anglo-Americani, destinata a combattere nel “Vecchio Continente” onde liberarlo dallo spettro Nazi-Fascista fu ripresa anche l’anno seguente.

Ciò avvenne, manco a farlo apposta, nella stessa città di Montevideo, ove esattamente un secolo prima si era già distinta la gloriosa “Legione Italiana” voluta da Giuseppe Garibaldi, un reparto combattente che era accorso in difesa dell’Uruguay nell’ambito della guerra contro l’Argentina.

Garibaldi e la Legione Italiana alla difesa di Montevideo

L’idea di dar vita alla “Legione Italiana” pervenne – e non era la prima volta, come si vedrà – da uno dei più importanti antifascisti dell’epoca, Randolfo Pacciardi, futuro esponente di spicco  del Partito Repubblicano Italiano nel secondo dopoguerra, di cui è stato più volte Segretario nazionale e del quale abbiamo solo marginalmente fatto cenno in un recente saggio dedicato al Conte Sforza, ricordando l’organizzazione del noto “Convegno Panamericano di Italia Libera”, che si tenne per l’appunto a Montevideo, nell’agosto del 1942, nel pieno della guerra fratricida [1].

In ogni caso, prima di entrare nel vivo del saggio, ricordiamo brevemente la figura del Pacciardi.

Randolfo Pacciardi, il politico combattente (1899 – 1991).

Nato a Giuncarico (Grosseto) il  1º gennaio del 1899, figlio di un ferroviere, fin da ragazzo il Pacciardi fu attratto dall’ideologia di Giuseppe Mazzini, condividendone la fede democratica e repubblicana.

Fu proprio grazie a tale convinzione che, a sedici anni, falsificando i documenti d’identità, si arruolò volontario, affrontando i campi della “Grande Guerra”  [2].

Terminato il conflitto, nell’ambito del quale si distinse eroicamente [3] e, sembra, non fu decorato di Medaglia d’Oro al Valor Militare solo a causa delle sue ideologie antimonarchiche,

Randolfo Pacciardi fu posto in congedo nel 1919. Tornato a casa, si iscrisse all’Università e, in soli due anni, conseguì la laurea in Giurisprudenza.

Erano, quelli, anche i mesi nei quali purtroppo nel nostro Paese si andava affermano il fascismo. Fu proprio per combatterlo che il Pacciardi iniziò a collaborare con il giornale “L’Etruria nuova”, sulle cui pagine avrebbe denunciato a più riprese le violenze squadriste.

Trasferitosi a Roma nel 1922, fondò, assieme a Giovanni ContiRaffaele RossettiFernando Schiavetti e Cino Macrelli, il movimento antifascista “Italia libera”, del quale abbiamo già fatto cenno sempre nel saggio su Sforza, rivestendone la carica di Segretario fino alla sua soppressione (nel gennaio del 1925).

Condannato al “confino di polizia” per cinque anni, nel dicembre del 1926, l’eroico combattente della “Grande Guerra” riuscì rocambolescamente a sfuggire all’arresto, raggiungendo dapprima il Trentino grazie all’aiuto della figlia di Cesare Battisti e, subito dopo, la Svizzera, stabilendosi così a Lugano, prima tappa del suo lungo esilio. Incredibile fu il suo ruolo nell’ambito della lotta antifascista, funzione che lo “avrebbe visto” anche in prima linea nell’organizzazione di un attentato ai danni dello stesso Benito Mussolini, suo acerrimo nemico.

Perseguitato anche in Svizzera dalla Polizia fascista, che a quei tempi non disdegnava gli omicidi a distanza, Pacciardi fu costretto a rifugiarsi in Francia, nei primi anni ’30, seguito dalla moglie, Luigia Civinini.

E fu proprio a Parigi, in occasione del 5° Congresso del Partito Repubblicano Italiano in esilio (22-23 aprile 1933), che fu eletto Segretario politico del partito, carica che avrebbe ricoperto sino al marzo del 1934.

A seguito dello scoppio della guerra civile spagnola, nell’estate del 1936, Randolfo Pacciardi, su invito del grande patriota Carlo Rosselli, si convinse di come fosse giusta la sua idea di dar vita ad un Corpo di volontari, già allora ipotizzato sotto forma di “Legione Italiana”, che accorresse in Spagna, in difesa di quella Repubblica, minacciata dai militari ribelli fedeli al Generale Francisco Franco [4].

Randolfo Pacciardi in Spagna

Raggiunta così la Spagna, con il grado di Maggiore, Randolfo Pacciardi ebbe il comando del Battaglione italiano “Garibaldi”, distinguendosi così durante la difesa di Madrid.

Promosso Tenente Colonnello, guidò il Battaglione nei combattimenti di Boadilla del Monte, Mirabueno e Majadahonda, mentre nella battaglia del Jarama venne ferito a una guancia e a un orecchio.

Avrebbe lasciato la Spagna, dopo aver combattuto anche a Guadalajara, nell’estate del 1937, tornando così a Parigi [5].

Randolfo Pacciardi e Pietro Nenni in Spagna

Qui, il 4 di dicembre avrebbe fondato il settimanale “La Giovine Italia”, al quale si affiancò nella conduzione politica e giornalistica l’ex dirigente di G.L. e giornalista Alberto Tarchiani, di cui abbiamo già fatto cenno, sempre nel saggio dedicato al Conte Sforza, anche loro esuli in Francia in quel particolare contesto storico.

L’invasione tedesca della Francia – lo abbiamo già ricordato nel più volte citato saggio – costrinsero il Pacciardi a fuggire, raggiungendo inizialmente Algeri e poi Casablanca, dalla quale, nel corso del 1941, assieme alla moglie si trasferì negli Stati Uniti, ove sarebbe rimasto sino alla liberazione di Roma [6].

Terminata la guerra, Pacciardi divenne dirigente del Partito Repubblicano e dal  1948 al  1953 ricoprì la carica di segretario politico.

Fu, quindi, eletto alla Costituente e più volte in Parlamento.

Fu anche nominato vice presidente del Consiglio (1947/1948) e Ministro della Difesa (dal 1948 al 1953), con i Governi De Gasperi.

Alcide De Gasperi

Negli anni seguenti nel Pacciardi si radicalizzarono le posizioni anticomuniste e atlantiste, che di lì a qualche anno lo portarono ad assumere atteggiamenti autoritari (era un assertore di una Repubblica Presidenziale sul modello di De Gaulle, in virtù della quale auspicava una limitazione dei poteri conferiti allo stesso Parlamento) che ben presto lo allontaneranno dal suo stesso partito.

Qualche tempo dopo fu anche accusato di aver cospirato contro la Repubblica per eliminare i comunisti, e, in particolare, di aver partecipato al tentativo di colpo di Stato ideato dalla Medaglia d’Oro della Resistenza, Edgardo Sogno [7].

Successivamente, Randolfo Pacciardi fu, tuttavia, riaccolto nel Partito Repubblicano, il quale, peraltro, aveva già fatto proprie molte delle sua battaglie politiche, prima fra tutte lo stesso Presidenzialismo. Il grande uomo politico toscano si spense a Roma, all’età di novantadue anni, il 14 aprile del 1991.

A New York tra le fila della “Mazzini Society” (1941 – 1944).

Appena arrivato negli Stati Uniti, Randolfo Pacciardi si mise subito in contatto con i fuoriusciti italiani, soprattutto antifascisti della prima ora, molti dei quali, nel frattempo, si erano riuniti sotto l’egida della “Mazzini Society”.

Tale associazione era stata fondata il 24 settembre 1939 a Northampton, in Massachusetts, dal noto Prof. Gaetano Salvemini, unitamente a Lionello Venturi, Michele Cantarella, Renato Poggioli e Roberto Bolaffio e, via via, aveva raccolto quanti avevano e avrebbero lasciato la vecchia Europa nel corso dello stesso 1939 e del successivo 1940, come accadde per lo stesso Conte Sforza e al grande giornalista di origini siciliane, Aurelio Natoli Lamantea (Roma, 1888-1970), tra i fondatori del giornale “l’Italia del Popolo”, organo della Federazione dei Repubblicani d’Europa, e di cui fu direttore, in seguito (1947) nominato dal Ministro Sforza Console Generale d’Italia a Valparaiso.

Fra i più famosi soci della Mazzini è doveroso ricordare anche Arturo Toscanini, il celebre Direttore d’Orchestra, giunto in USA con la moglie e il figlio Walter [8].

Grazie a tali influenze la fragile “Mazzini Society” s’irrobustì, tanto da potersi anche permettere, dopo alcuni fogli a ciclostile, anche un proprio giornale, profeticamente intitolato “Nazioni Unite”.

Ebbene, fu già nel corso dello stesso 1941, partecipando ai lavori della “Mazzini Society”, che Randolfo Pacciardi tentò di costituire a New York una “Legione Italiana”, un entità combattente che richiamasse alla mente sia l’idea politica Mazziniana che la stessa tradizione militare e guerrigliera di Garibaldi, il quale, da autentico difensore della libertà dei popoli aveva combattuto sia in America Latina che nella stessa Europa.

La “Legione”, questa volta avrebbe dovuto affiancare gli Anglo-Americani nella durissima lotta contro i nazisti. Onde sensibilizzare a riguardo l’opinione pubblica americana, quasi contemporaneamente egli promosse varie attività, tra le quali anche la fondazione di alcuni fogli periodici, fra i quali La Legione dell’Italia del Popolo”.

Montevideo in una cartolina spedita nel 1942

Non solo, ma dalla stessa New York, tramite il comune amico Pierre Mendès-France, Pacciardi si sarebbe rivolto, come vedremo a breve, anche al Generale De Gaulle, chiedendogli di associare la “Legione” al movimento “France Libre”.

Sul perché s’insisteva sulla possibilità di dar vita alla “Legione italiana” fu lo stesso Pacciardi a dare una risposta obiettiva, ritenendo doveroso il fatto che gli antifascisti, compresa l’area di sinistra, avrebbero dovuto tutti sostenere un sacrificio personale, tale da legittimare, un domani,  l’esistenza di un’Italia finalmente libera, diversa ovviamente da quella fascista. “Ho ormai i capelli bianchi e non brucio affatto dalla voglia di fare il …Garibaldin tutta la vita – spiegava con energia Pacciardi a Gaetano Salvemini in una lettera del 6 maggio 1942 – Mi guida soltanto il profondo convincimento che la Legione sarebbe il solo fatto che dimostrerebbe l’esistenza di un’Italia antifascista, la sola speranza di essere trattati meglio al tavolo della pace, la sola possibilità di far uscire le nostre chiesuole dalla graveolente atmosfera di pettegolezzi e di meschinerie”.

Il Governo americano, sempre attento agli “equilibri politici”, si dimostrò sin da subito molto scettico a riguardo, nonostante le pressioni espresse a più riprese dallo stesso Conte Sforza, anche attraverso una lettera indirizzata tempo dopo al Generale Edwin Watson, allora Segretario del Presidente Roosevelt, nella quale si legge: “[…] Pacciardi è amato da tutti gli ex combattenti per la difesa della Repubblica in Spagna (ad eccezione dei comunisti che lo odiano). Potrebbe organizzare circa duemila ufficiali italiani oggi dispersi fra Africa Settentrionale, Egitto e Siria. Audace, onesto, pronto a tutto, potrebbe guidare una spedizione in uno sbarco in Italia”.

In realtà gli Stati Uniti avevano preso già mesi le “distanze” dalla stessa “Mazzini Society”, la quale, nei progetti di una Italia libera aveva posto, come pregiudiziale, la forma Repubblicana per le future istituzioni italiane, anche se si era dichiarata indisponibile a ogni forma d’accordo con Comunisti e Socialisti, non certo amati dagli americani.

Il “Convegno di Montevideo” e la nuova proposta di istituire la “Legione Italiana” (1942 – 1943).

Come avevamo già in parte ricostruito nel saggio dedicato al Conte Sforza, tra il 14 e il 17 agosto del 1942, la città di Montevideo ospitò il “Convegno Panamericano di Italia Libera”, fortemente voluto dallo stesso diplomatico di Montignoso.

Il Ministro Sforza con De Gasperi e Churchill nel 1951

L’importantissima riunione, che vide concentrarsi, tra Buenos Aires [9] e Montevideo, circa 1200 – 1500 delegati provenienti dall’intero Continente Americano, era stata organizzata dettagliatamente anche dallo stesso Pacciardi, il quale, tuttavia, non ebbe la possibilità di intervenire, a causa del mancato visto Consolare da parte americana, peraltro su un passaporto non ritenuto valido.

L’idea di dar vita alla “Legione” fu, quindi, riproposta anche in tale circostanza, con grande soddisfazione da parte dello stesso Pacciardi, il quale, anche per tale ragione, con uno straordinario articolo pubblicato dal periodico “Nazioni Unite”, avallò e sottoscrisse il programma condiviso da tutti gli intervenuti al “Convegno” [10].

Sfortunatamente, la “Legione Italiana” non verrà mai istituita, nemmeno dopo l’inizio della campagna di liberazione della Penisola italiana (la nota “Operazione Husky” del luglio ‘43) e principalmente proprio a causa delle posizioni estreme in chiave anti-monarchica e anti-badogliana portate avanti dalla “Mazzini Society”.

Una brochure della Mazzini Society

A nulla erano valse le pressioni che lo stesso Pacciardi aveva rivolto al futuro premier francese, al quale aveva persino chiesto il permesso di allestire il futuro reparto combattente nell’Africa francese, ponendolo sotto il suo controllo, oltre, ovviamente ad un intervento politico dello stesso De Gaulle presso Stati Uniti e Inghilterra.

Ebbene, l’accorato appello a De Gaulle non trovò ascolto, nonostante il ruolo generosamente offerto dagli antifascisti italiani alla stessa Resistenza francese, tanto che il Generale rispose negativamente, sempre attraverso Mendés-France, ricordando come egli stesso avesse già troppi problemi con Churchill e Roosevelt per pensare agli italiani, che del resto – bisogna ammetterlo – erano gli stessi che avevano dichiarato guerra al suo Paese, il 10 giugno del 1940.

Nei propositi del Pacciardi, ampiamente evidenziati dal Conte Sforza durante il “Congresso di Montevideo”, la formazione della “Legione” di volontari italiani veniva concepita ai fini di una lotta sul fronte tedesco contro Hitler, al fianco sì degli Stati Uniti, ma non certo contro gli italiani, sebbene (nell’agosto 1942) ancora sotto la dittatura di Mussolini.

Il progetto Pacciardi fallì, nonostante le adesioni importanti, tra le quali, oltre a quella del Conte Sforza, quelle di Don Luigi Sturzo, Gaetano Salvemini e Arturo Toscanini, così come, in  generale, di tutta la militanza della “Mazzini Society” e proprio a causa dell’opposizione dello stesso Governo Statunitense, al quale la “Legione” stessa veniva praticamente offerta sul classico “piatto d’argento”.

Nonostante le pressioni, tentate a New York subito dopo la fine del “Congresso di Montevideo”, gli U.S.A. continuarono a fare “orecchio da mercante” anche nei mesi che seguirono.

Del resto lo stesso Pacciardi, in questo molto vicino alle idee del Conte Carlo Sforza, dopo lo sbarco Anglo-Americano in Sicilia, nel luglio del 1943,  non accettò alcun compromesso con Badoglio e, soprattutto, con la Monarchia, tanto che, anche a causa delle interferenze del Primo ministro inglese, Wiston Churchill, non poté nemmeno rientrare subito in Italia.

Mentre in Patria, con la caduta di Mussolini (25 luglio 1943) proseguiva l’avanzata Anglo-Americana e all’orizzonte si prospettava la stipula di un armistizio (la nota “resa senza condizioni”), oltre Oceano s’infrangeva per sempre il sogno degli antifascisti d’America, lo stesso che era stato espresso a Montevideo esattamente un anno prima.

La firma dell’armistizio a Cassibile (3 settembre 1943)

Ancora nel marzo 1944, tuttavia, se ne perorò la necessità, tant’è vero che sulla notissima rivista “LIFE” fu pubblicato, e con grande risalto, l’appello dal titolo “Freedom for Italy now”, firmato da alcuni dei più noti esponenti della “Mazzini Society” (Lionello Venturi. Giuseppe Antonio Borgese, Giorgio La Piana, Gaetano Salvemini, Arturo Toscanini e, ovviamente, lo stesso Randolfo Pacciardi).

Analogo contributo dal titolo “An Italian Manifesto” fu pubblicato nel maggio dello stesso anno, e sempre su “LIFE”, a firma degli stessi. Randolfo Pacciardi, inviso agli Americani, ma soprattutto agli Inglesi poté rientrare in Italia solo dopo la liberazione di Roma, il 29 giugno 1944, non potendo così dar luogo alla sua nobilissima iniziativa, che di certo grandi meriti avrebbe apportato alla stessa Resistenza.

Ma la storia d’Italia ci ricorda che lo stesso progetto non svanì affatto nelle coscienze, tanto di rivivere, con pari orgoglio e determinazione, nella stessa guerra partigiana, ove le gloriose “Brigate Garibaldi”, pur dovendo combattere una durissima guerra civile,  sostituiranno solo nominativamente la “Legione” del Pacciardi, ma non certamente gli ideali Risorgimentali che avevano animato il grande uomo politico [11].

NOTE

[1] Cfr. Gerardo Severino, Il Conte Carlo Sforza in America Latina. Dalla “Mazzini Society” al Congresso Panamericano di “Italia Libera” (Buenos Aires/Montevideo, aprile – agosto 1942, in www.giornidistoria.net, 28 maggio 2022.

[2] Nel 1915, dopo aver aderito al Partito Repubblicano Italiano, il Pacciardi si schierò tra le file degli interventisti e, nel maggio 1915, pur non avendo l’età prescritta, andò ad arruolarsi come volontario a Roma sotto falso nome, utilizzando i documenti di un compagno di scuola più anziano. L’intervento del padre lo riportò a casa, ma poi, nel febbraio del 1917, fu chiamato comunque alle armi, frequentando il corso accelerato allievi ufficiali a Caserta e a Parma. Nel luglio dello stesso anno fu, quindi,  destinato al fronte come sottotenente di complemento, prima nell’11º Reggimento bersaglieri, poi nell’8º Reggimento.

[3] Dopo Caporetto fu decorato con due medaglie d’argento e una medaglia di bronzo al Valor Militare e con la Military Cross dell’esercito britannico.

[4] Secondo i biografi del Pacciardi, egli pensava a una “Legione Italiana”  assolutamente apartitica, organizzata secondo il modello Garibaldino, ispirandosi a quello che nel 1897-1898 aveva combattuto in Grecia contro i Turchi, ovvero di quello accorso in Francia nel 1914 prima dell’entrata in guerra dell’Italia.

[5] Il suo impegno sul fronte spagnolo si era interrotto allorquando Stalin ordinò la repressione degli anarchici e dei comunisti dissidenti del POUM. Pacciardi si oppose a questa decisione e dovette abbandonare le Brigate internazionali e, di conseguenza, la stessa Spagna.

[6] Tra il 1938 e il 1939, invitato dalle organizzazioni antifasciste italo-statunitensi nella sua qualità di ex comandante del battaglione Garibaldi, il Pacciardi era già stato in America, tenendo decine di conferenze a New YorkChicagoDetroitFiladelfiaLos Angeles e incontrando esponenti politici quali il Sindaco di New York Fiorello La Guardia.

[7] Secondo il progetto di Edgardo Sogno, Pacciardi sarebbe diventato il futuro Presidente forte della Repubblica “riformata”.

[8] Il Comitato direttivo era costituito da Gaetano Salvemini, Lionello Venturi e Giuseppe Antonio Borgese, tutti docenti in università statunitensi. Fu scelto di affiancare al Comitato direttivo anche tre cittadini degli States che potessero influenzare l’opinione pubblica americana. Alla Presidenza fu chiamato il ferrarese Max Ascoli, esule di lunga data. Fu creata anche una sezione femminile (“Women’s Division”) che vide fra i soci Amelia Pincherle Rosselli, madre dei compianti Carlo e Nello.

[9] Occorre ricordare che già nella seconda metà del 1941 la “Mazzini Society” aveva raggiunto migliaia di iscritti, molti dei quali – si è già ricordato nel saggio su Sforza – dimoranti nel Sud America, e in particolare in Argentina, dove già esisteva a Buenos Aires l’associazione “Italia Libre”, coordinati da Serafino Romualdi, sindacalista italo-americano scelto personalmente da Max Ascoli.

[10] In verità, già in precedenza, Pacciardi aveva lasciato la “Mazzini Society”, essendo stata respinta la sua linea di unità di azione anche con i comunisti, propugnata ovviamente in funzione antifascista.

[11] Sull’argomento si consigliano A. Baldini, P. Palma, Gli antifascisti italiani in America, 1942-1944: la Legione nel carteggio di Pacciardi con Borgese, Salvemini, Sforza e Sturzo, Firenze, Le Monnier, 1990, Camera dei Deputati, Randolfo Pacciardi, volume è pubblicato in occasione del convegno “Randolfo Pacciardi: un protagonista del Novecento”, organizzato a Palazzo Montecitorio, presso la Sala della Lupa, il 19 aprile 2011.

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