SPECIALE 2 GIUGNO. Presidenza della Repubblica e Forze Armate, un’analisi storico-giuridica

Di Annalisa Triggiano*

Roma. Al Presidente della Repubblica l’art. 87, comma 9, della Costituzione conferisce espressi poteri in merito alle Forze Armate italiane. Egli “ha il comando delle Forze armate, presiede il Consiglio Supremo di Difesa costituito secondo la legge, dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere”.
Ma cosa si intende, esattamente, per “comando delle Forze Armate”? Il dettato costituzionale definitivamente approvato, molto scarno, è in realtà frutto di una articolata, e poco nota al pubblico, discussione in seno alla prima Sezione della Seconda Sottocommissione, svoltasi il 4 gennaio 1947.
La formulazione dell’articolo in questione, almeno come concepito nella Sottocommissione, avrebbe dovuto essere la seguente: “il Presidente della Repubblica ha il comando di tutte le Forze Armate”.
Il dibattito, all’indomani della proclamazione dello Stato repubblicano, come è facile immaginare, si è però incentrato sulla opportunità – da un punto di vista politico – che un Capo di Stato potesse vantare, tra le proprie prerogative, come peraltro avveniva già in altre Costituzioni, come quelle di Stati Uniti, Inghilterra o Francia, quella del Comando supremo delle Forze Armate che, osservava l’Onorevole La Rocca, “hanno, o dovrebbero avere, un compito determinato, ma sono state adoperate a tutela di interessi di un solo settore della Nazione e non dell’intero Paese”. Si temevano, insomma, possibili derive autoritaristiche.
Si avvertiva, da parte dell’Onorevole La Rocca, la necessità politica e garantistica di integrare l’articolo prevedendo “la richiesta di approvazione preventiva, da parte dei rappresentanti del popolo, della nomina dell’organo supremo tecnico di comando delle Forze Armate perché è opportuno che Generali ed Ammiragli non siano depositari di un potere così grande e così decisivo indipendentemente dalla volontà del popolo, il quale, a sua volta, ha il diritto di sapere in che modo le Forze Armate sono educate”.
Le preoccupazioni erano però ritenute eccessive dall’onorevole Lussu, secondo il quale l’articolo, così come concepito, non necessitava di puntualizzazioni o di limitazioni, del resto potenzialmente lesive del prestigio del Capo dello Stato.

Interessante, sul punto, la posizione dell’onorevole Bozzi, che riporto testualmente: “non si vede come nella Costituzione che si sta elaborando, il Presidente della Repubblica possa prendere iniziative di carattere militare che non siano rigorosamente controllate. D’altra parte, si ritiene che la funzione del Capo dello Stato che è essenzialmente politica, debba essere tenuta separata da quella del Capo di Stato Maggiore, che è esclusivamente tecnica; e che affidare al Presidente della Repubblica il comando delle Forze armate (si ritiene inutile l’aggettivo “tutte”) risponda ad un concetto non solo decorativo, ma anche sostanziale ed all’esigenza di unificare nella persona del Capo dello Stato tutti i poteri”.

Il sistema democratico, in altre parole, non aveva nessuna possibilità di vacillare a fronte di una partecipazione del Presidente della Repubblica alle politiche di Difesa del Paese. Le preoccupazioni manifestate dall’onorevole La Rocca, miranti a porre un freno al potere del Capo dello Stato, erano motivate dal fatto che il Capo dello Stato, “secondo la vecchia legislazione, poteva dichiarare la guerra senza alcuna deliberazione delle Assemblee legislative”.
In seno alla Sottocommissione non mancava chi, come l’onorevole Nobile, riteneva necessario un emendamento aggiuntivo al testo proposto, nel seguente senso: “in tempo di guerra egli esercita tale comando per mezzo di un capo militare designato dal Parlamento”.
Così, a conclusione della discussione, il Presidente onorevole Terracini proponeva una formulazione dell’art. 13 così strutturata: “Il Presidente della Repubblica ha il comando delle Forze armate e in tempo di guerra egli lo esercita per mezzo di capi militari designati dal Parlamento”.
La prima parte dell’articolo, posta ai voti (Il Presidente della Repubblica ha il comando delle Forze Armate) veniva approvata. Non così la seconda parte (e in tempo di guerra egli lo esercita per mezzo di capi militari designati dal Parlamento).
In sede costituente non risulta vi siano stati contrasti, per contro, in merito alla opportunità e alla portata di una previsione costituzionale in tema di presidenza del Consiglio Supremo di Difesa da parte del Capo dello Stato, anche perchè le prerogative concrete che tale organo doveva acquisire non erano ancora del tutto chiare.

Ed è proprio nella Presidenza del Consiglio Supremo di Difesa, istituito con legge del 28 luglio 1950, n. 624, poi abrogata e confluita, senza modifiche, nel Codice dell’Ordinamento Militare (D.Lgs. 66/2010) che si radicano in modo forse più completo e concreto le prerogative del Capo dello Stato in tema di Difesa.

Certo, in origine, le competenze del Consiglio apparivano assai limitate, circoscritte com’erano all’esame di problemi generali, politici e tecnici attinenti alla Difesa.
Ma che la “funzione Difesa” del Capo dello Stato non sia oggi da intendersi come accessoria o formale, a dispetto della genericità comunque doverosa del dettato costituzionale, appare confermato dalla Legge 18 febbraio 1997, n. 25, la quale ha previsto l’aumento e la rilevanza dei compiti del Consiglio Supremo di Difesa e ha, indirettamente, accresciuto anche la rilevanza politica delle attribuzioni del Presidente della Repubblica.
Infine, il ruolo incisivo di garanzia e indirizzo politico spettante dal Presidente della Repubblica in materia di sicurezza e difesa trova una ulteriore conferma anche nel Libro Bianco della Difesa del 2002, nel quale si evidenzia come il comando, costituzionalmente conferito al Presidente della Repubblica “non possa avere un carattere puramente cerimoniale e simbolico” (1).
In definitiva, porsi la domanda sulla portata del comando delle Forze Armate e attendersi, come ben posto in evidenza dal Generale Mario Arpino in un suo saggio: “una risposta univoca è dunque, ancora oggi, semplificazione eccessiva di un percorso assai complesso, che ha risposte diverse a seconda che si tratti di questioni politico-strategiche, politico-militari, tecnico-operative, ordinative o meramente amministrative” (2). Il Presidente della Repubblica, insomma, è posto al vertice di un organo di coordinamento – e non di comando diretto, o tecnico – intorno al quale gravita una complessa catena decisionale, propositiva e di indirizzo.

1 Libro Bianco della Difesa, 2002, Parte II.3, 2.1, La linea di Comando, 2.1.1, Il Capo dello Stato, p. 32, http://files.studiperlapace.it/spp_zfiles/docs/20060816165432.pdf.

2 M. Arpino, Il Presidente e le Forze Armate, su Affari Internazionali, 16 settembre 2011

*Assegnista di Ricerca Università degli Studi di Salerno, ex Ricercatrice CEMISS

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