NETTUNO (ROMA) – dal nostro inviato. La camera da presa riprende un soldato inglese che disteso in terra, con accanto il suo fucile, guarda il cielo.
Improvvisamente si diffondono le note di “Stille Nacht, heilige Nacht”, uno fra i più celebri canti di Natale al mondo, di origine austriaca, tradotto in più di 300 lingue e dialetti.
Siamo a Natale del 1914 che passò alla Storia come la “Tregua di Natale”.
La Grande Guerra è iniziata da pochi mesi e i soldati non la sopportano più.
Il bellissimo e toccante cortometraggio del giovane regista Alessandro Rajola, intitolato “Christmas 1914” racconta quei momenti.
E il pubblico presente al “Guerre e Pace Film Fest” al Forte Sangallo di Nettuno (Roma) applaude.
Il cortometraggio narra la storia di Thomas (soldato britannico) al quale un cecchino tedesco ha ucciso il fratello maggiore, la notte precedente. Il finale è quasi a sorpresa!
“Ho voluto raccontare un aspetto particolare della vicenda – spiega – perché la Tregua di Natale va raccontata parlando di due facce della stessa medaglia. E’ un evento, secondo me, molto particolare perché se da una parte questi soldati per un senso di pace incontrano il nemico e si scambiano regali e foto ognuno dei propri cari dall’altro narra l’insensatezza della guerra”.
E passata la notte, il giorno dopo si torna a combattere,
Il cortometraggio di Alessandro Rajola è in concorso con altri sei e domenica prossima ci sarà la premiazione finale.
La rassegna cinematografica ed editoriale, giunta alla 20^ edizione, è un’iniziativa prodotta dall’Associazione Culturale Seven, realizzata con il patrocinio e il contributo del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, con il patrocinio del Ministero della Difesa, con il patrocinio e il contributo di Regione Lazio, con il patrocinio del Comune di Nettuno, con il patrocinio e il contributo dell’Istituto Luce Cinecittà e della Roma Lazio Film Commission, con partner tecnici Iltuobanner.it, Ciprari Legnami&Fabbricati S.r.l., L’Orto Pensile e Trattoria Romolo.
La direzione artistica è di Stefania Bianchi.
E Report Difesa è media partner.
Dagli avvenimenti della I Guerra Mondiale a quelli più recenti nelle immagini di interessantissimo documentario di Massimo D’Orzi, “Bosnia Express”.
Il Paese balcanico che, ogni tanto, ridiviene oggetto di analisi e commenti geopolitici, con la camera da presa di D’Orzi la memoria dello spettatore viene riportata dalla guerra del 1995 ai giorni nostri.
Un lungo percorso che parte da Trieste, passando per Sarajevo, Srebenica, Tuzla, Stolac, Mostar e Medjugorje.
Il conflitto si inserisce all’interno delle guerre jugoslave svoltesi tra il 1991 e il 2001, all’indomani della dissoluzione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia.
E il violento conflitto vide il coinvolgimento dei tre principali gruppi nazionali: serbi, croati e bosgnacchi.
Fu nel luglio del 1995 che la Vojska Republike Srpske del Generale Ratko Mladić occupò la “zona di sicurezza” delle Nazioni Unite.
A Srebrenica, nella Bosnia orientale, circa 8 mila uomini furono uccisi (la maggior parte delle donne furono evacuate verso il territorio bosniaco).
In linea con l’Accordo di Split, le forze croate invasero la Bosnia occidentale con l’Operazione Estate ’95.
Ai primi di agosto lanciarono l’Operazione Tempesta, che annientò la Repubblica Serba di Krajina
Furono uccisi o dovettero scappare oltre 250 mila serbi dalla Croazia.
In questo modo, l’alleanza bosniaco-croata iniziò una forte offensiva contro la VRS con l’Operazione Mistral e l’Operazione Sana.
Il 26 settembre 1995 fu raggiunto un’intesa di base per un accordo di pace a New York tra i ministri degli Esteri della Bosnia ed Erzegovina, della Croazia e della Repubblica Federale di Jugoslavia.
Un cessate il fuoco di 60 giorni entrò in vigore il 12 ottobre e il 1º novembre iniziarono i negoziati di pace a Dayton (Ohio).
La guerra si concluse con l’Accordo di Dayton, firmato il 21 novembre 1995.
E la versione definitiva dell’accordo di pace fu firmata il 14 dicembre 1995 a Parigi.
Il documentario di D’Orzi fa parte di una trilogia.
L’idea di girare un documentario sulla Bosnia, racconta il regista, “è nato quasi casualmente”.
A guerra finita D’Orzi parte per i Balcani come volontario e si ritrovò in una Mostar distrutta dalla guerra piombata nella tragedia. E da quell’esperienza, incontrando molte persone, per lo più donne ha avuto modo di conoscere storie di violenza, di sopraffazione.
Il regista è tornato varie volte nel Paese e ha voluto raccontare di nuovo i fatti.
Il suo lavoro non racconta dei criminali di guerra ma di chi resiste a questi criminali, dei civili che sono le vittime principali delle guerre.
Fondamentale nel racconto anche il ruolo di tutte le religioni presenti nei Balcani.
Paola Traverso è la montatrice del documentario. Grazie alla sua professionalità è stata colta ogni particolarità del racconto che il regista ha voluto fare.
“Il montaggio – evidenzia – cerca di evitare la retorica e il modo di affronta la difficile tematica della guerra. Come si fa a raccontarla? I media, ogni giorno, ci fanno vedere immagini forti dei conflitti. Noi nel documentario abbiano evitato di raccontare la guerra con queste immagini”.
Molto importante è stato anche il prezioso archivio dell’Istituto Luce Cinecittà.
Da qui è stato attinto molto materiale che ha fatto sì che il passato fosse unito al presente e che l’attualità ritornasse in prima linea.
Una prima linea fatta di continui e mai sopiti scontri politici. Ultimo quello sulla riforma elettorale.
L’Alto rappresentante in Bosnia Erzegovina, Christian Schmidt doveva introdurre alcune modifiche sostanziali a questa legge.
Ma Schmidt, nei giorni scorsi, ha rinunciato, almeno per il momento a fare qualcosa.
L’idea è quella di modificare la tutela dei cosiddetti interessi nazionali vitali e le e procedure per l’elezione degli organismi del potere esecutivo della Federazione BiH [una delle due entità costitutive della Bosnia Erzegovina].
In particolar modo i componenti della Camera dei popoli della Federazione stessi e il presidente e dei due vice presidenti.
Per Schmidt occorre garantire la proporzionalità del sistema elettorale e il sostegno dei cittadini.
Ma se i leader dei principali partiti politici non riusciranno, entro sei settimane a trovare un accordo su una riforma della Costituzione, sarà costretto a imporre le modifiche precedentemente annunciate.
La serata di ieri sera al Forte San Gallo di Nettuno si è conclusa con la proiezione del film di Fatih Akin “Il Padre”.
La pellicola è ambientata nel 1915, a Martin. Qui la polizia turca rastrella dei giovani armeni.
Tra loro anche il fabbro Nazareth Manoogian che viene separato così dalla sua famiglia.
L’uomo riesce a sopravvivere al genocidio del suo popolo e, dopo aver scoperto che le sue figlie gemelle sono ancora vive, decide di mettersi sulle loro tracce.
PROGRAMMA DI OGGI E DI DOMANI DI “GUERRE E PACE FILM FEST”
Oggi (ore 21.15): proiezione del cortometraggio Venti minuti di Daniele Esposito e a seguire il lungometraggio Midway di Roland Emmerich.
Domani (ore 21.15): proiezione del corto Le radici di Marte di Stefano Aderenti.
Ore 21:30: lungometraggio Atlantis di Valentyn Vasjanovyč e a seguire il documentario Los Zuluagas di Flavia Montini, recentemente vincitore del David di Donatello.
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