NETTUNO (ROMA) – dal nostro inviato. Si dice che grazie all’amore si supera tutto. Beh non è proprio quello che ha pensato una delle protagoniste del cortometraggio ” Sotto pressione” del regista napoletano Marco Sardella.
La pellicola è stata proiettata, ieri sera, nel Forte Sangallo di Nettuno (Roma) in occasione della 20^ edizione del “Guerre e Pace Film Fest”.
Siamo nel capoluogo partenopeo, nel 1943, nel corso dell’occupazione nazista.
Due coppie di ragazzi stanno scappando dal rastrellamento tedesco quando trovano un vecchio convento abbandonato da più di 50 anni. Salgono velocemente le scale per mettersi in salvo.
Nel momento in cui pensano che tutto sia tranquillo decidono di scendere e qui il colpo di scena.
Una di loro mette il piede sinistro su una mina antiuomo. E’ spaventata e chiama il suo ragazzo per chiedere aiuto e oltre a lui intervengono anche gli altri amici.
L’altra ragazza dice ai due maschi di andare via e resterà lei.
Ma il fidanzato delle ragazza che ancora tiene il piede sull’ordigno chiama a sé il suo “fidanzato”, dicendo “non voglio morire, anche perché non ho ancora mai baciato un ragazzo”.
I due si baciano e così la giovane riesce a spostarsi ma il fidanzato mette il suo piede sulla mina.
La ragazza scappa ma resterà colpita dai tedeschi, insieme ai suoi compagni.
“Sotto pressione – spiega il regista – è un film di guerra, di amore e della gioventù negata agli adolescenti dell’epoca ma esiste uno spirito di sopravvivenza. Il messaggio è che in occasione di situazioni drammatiche qualcuno perde la propria umanità ma c’è sempre qualcun altro che riesce a mantenerla”. E quindi a salvare il prossimo.
Il cortometraggio di Marco Sardella è in gara insieme agli altri sei. La premiazione si terrà domani sera, in occasione della serata finale dell’evento.
Oltre al racconto di un momento della nostra storia, la serata di ieri è stata incentrata sulla questione curda, attraverso il romanzo del regista curdo-iraniano Fariborz Kamkari.
Nel romanzo “Ritorno in Iran” (Edizioni La Nave di Teseo – 352 pagine – 2022 – 20 euro) si racconta una storia autobiografica dove il 40enne regista, apolide e diviso tra due mondi, sta lavorando a Roma a un ambizioso film sull’immigrazione prodotto dal Ministero per i Beni e le Attività culturali.
Durante un incontro cruciale con la Commissione che eroga i finanziamenti, pronto a ridiscutere il finale della sua opera – definito oltremodo pessimista – riceve una telefonata destinata a cambiare il corso della sua già travagliata esistenza.
All’altro capo del filo c’è sua madre, che non sente da 27 anni e che, l’ultima volta che l’ha vista, ha cercato di ucciderlo.
Il ricordo del loro ultimo traumatico incontro piomba nel suo presente e lo invade.
La voce della madre lo costringe a tornare nel suo Paese per fare i fatidici conti col passato prima che la morte impedisca a entrambi di ricucire quello strappo mai sanato.
Il Kurdistan, inteso come “Paese dei curdi”, non esiste su alcuna mappa ufficiale.
Le persone vivono divise principalmente tra Turchia (20%), Iraq (15-20%), Siria (10%) e Iran (8%).
Non sono né arabi, né persiani, né turchi. Sono la quarta etnia del Medio Oriente. Oggi in maggioranza sono musulmani sunniti e parlano una lingua di origine indoeuropea.
Con il termine Kurdistan ci si riferisce a un’area geografica per lo più montuosa, vasta oltre 450 mila chilometri quadrati, compresa entro i confini di quattro Paesi.
Per questo si parla di Kurdistan turco, iracheno, siriano e iraniano.
Se fosse unito politicamente, sarebbe tra gli Stati più ricchi della regione, considerate le materie prime di cui dispone, dal petrolio alle risorse idriche.
Tutto questo è stato esaminato da Kamkari a Nettuno, nel corso della presentazione del documentario “Kurdun-Essere curdo” del 2021.
Presenti Adriana Chiesa Di Palma, distributrice internazionale e produttrice dell’Acek e Fabrizia Falzetti, produttrice Farout Films.
Si sta cercando, con grande difficoltà, di distribuire il documentario in vari Paesi (ultimo la Francia) ma ci si scontra con la politica che non vuole che gli spettatori conoscano quanta violenza è stata fatta e viene fatta nei confronti di questo fiero popolo.
La pellicola grazie al grande contributo della giornalista curda Saadet Yildiz e del suo cameraman, racconta quanto accaduto a Cizre, una città della Turchia, della provincia di Şırnak.
In antichità era nota come Bāzabdā o Jazirat Ibn ‘Umar, dal nome di al-Hasan b. ʿUmar b. al-Khattab al-Taghlibi (morto verso l’865).
La sua costruzione è stata attribuita ad Ardashir Bābakān.
Qui per seguire un reportage di routine restano intrappolati in un assedio.
Si sono ritrovati così per 79 giorni quando entrano i carri armati dell’Esercito turco.
I bombardamenti sono sistematici. I soldati di Ankara senza discriminazione uccidono i civili.
I quali, seppure disperati, resistono e inventano forme di sopravvivenza e di resilienza quotidiana.
Racconta il regista: “Un giorno mi contattò una giornalista curda mentre era ricoverata in un ospedale a Malta. Mi inviò 5 ore di girato. Ho visto i primi 20 minuti e abbiamo deciso di fare questo documentario. Quello che mi ha colpito di più è stata la somiglianza con la mia infanzia. Lei è curda della Turchia io curdo dell’Iran. Abbiamo un po’ di difficoltà nel comunicare, visto che sono dialetti differenti, ma mi è tornato in mente rivedendo le immagini di quando ero piccolo. Ricordo che la mia scuola è stata bombardata e io sono stato salvato due volte da sotto le macerie. Noi curdi abbiamo un destino comune”.
La giornalista dopo un lungo periodo di convalescenza ha iniziato a lavorare con Fariborz Kamkari ma poi ha deciso di tornare nel suo Paese.
Malgrado sia stata varie volte in carcere per difendere il suo popolo ha deciso che doveva ritornare nella propria terra.
Le immagini sono state utilizzate anche come prova per condannare il Gioverno turco per quanto ha fatto nei confronti dei curdi.
“Guerre e pace Film Fest” è un’iniziativa prodotta dall’Associazione Culturale Seven, realizzata con il patrocinio e il contributo del Ministero della Cultura – Direzione Generale Cinema e Audiovisivo, con il patrocinio del Ministero della Difesa, con il patrocinio e il contributo della Regione Lazio, con il patrocinio del Comune di Nettuno, con il patrocinio e il contributo dell’Istituto Luce Cinecittà e della Roma Lazio Film Commission, con partner tecnici Iltuobanner.it, Ciprari Legnami&Fabbricati S.r.l., L’Orto Pensile e Trattoria Romolo.
Media partner: Report Difesa.
Premiato nel 2005 dalla Presidenza della Repubblica per l’alto valore culturale e artistico, “Guerre e Pace FilmFest” è una rassegna unica in Italia, a carattere ricorrente e a ingresso gratuito.
IL PROGRAMMA DI OGGI E DI DOMANI
Ore 21:00: presentazione del libro Vivere a Mosul con l’Islamic State: Efficienza e brutalità del Califfato di Laura Quadarella Sanfelice di Monteforte.
Ore 21:20: proiezione del cortometraggio La pace in un sogno di Enrico Capasso.
A seguire, la proiezione del lungometraggio Reflection di Valentyn Vasjanovyč.
Domani, l’ultima serata del Festival si apre alle ore 21.20 con la proiezione del cortometraggio La guerra non è un gioco di Diego Coluccini e Leonardo Dominguez.
Alle 21:25 sarà consegnato il Premio Guerre & Pace FilmFest al miglior cortometraggio.
Il festival si chiuderà, con la proiezione del lungometraggio Prima della pioggia di Milcho Manchevski.
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