SPECIALE FESTA ARMA DEI CARABINIERI: Paracadutisti “Tuscania”, 80 anni di storia in Patria e all’estero

Livorno. I Paracadutisti dell’Esercito e quelli dei Carabinieri, a Livorno, condividono la stessa caserma.

L’operatività dei Carabinieri Paracadutisti a bordo di un elicottero

In essa hanno sede, infatti, sia il 187° Reggimento Paracadutisti “Folgore” che il 9° Reggimento d’assalto Paracadutisti “COL Moschin”.

Il 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” occupa, invece, due palazzine, una intitolata al Capitano dei Carabinieri Paracadutisti MOVM Francesco Gentile e un’altra intitolata al Sergente Maggiore Paracadutisti MOVM Dario Pirlone, oltre a vari altri locali.

UNA BREVE STORIA 

Tutto iniziò il 1° luglio 1940. In quella data, infatti, fu costituito il 1° Battaglione Paracadutisti Carabinieri Reali (primo tra tutti i reparti dei paracadutisti italiani per data di formazione e qualificazione al lancio dell’intero organico).

Il Battaglione era inquadrato nella leggendaria Divisione “Folgore” e venne subito aggregato alla Regia Scuola Paracadutisti di Tarquinia (Viterbo). Qui gli efettivi svolsero un ciclo addestrativo prima di essere inviati sul fronte in Africa Settentrionale.

Era il 18 luglio 1941 quando sbarcarono a Tripoli.

I Paracadutisti raggiunsero vari siti: Zavia (Tripolitania occidentale – stesso mese) e Suani Bem Aden (a Sud di Tripoli – agosto 1941).

Il reparto venne posto alle dipendenze del XX Corpo d’Armata.

I compiti dei soldati erano quelli di proteggere ed intervenire contro incursioni nemiche operate da “commandos” inglesi lungo la strada ferrata che da Suani Ben Aden portava a Tripoli e nel vicino aeroporto di Castel Benito, base aerea italiana d’importanza strategica.

Il Battaglione Carabinieri Paracadutisti era formato da tre compagnie e rinforzato da un plotone Genio Guastatori.

Lo comandava un Maggiore, Edoardo Alessi.

Il Maggiore Edoardo Alessi

Questo il 14 dicembre 1941 ricevette direttamente dal Generale Erwin Rommel l’ordine di portarsi immediatamente al bivio di Eluet El Asel, dove confluivano varie piste.

Lo scopo della missione era le difendere ad oltranza quelle posizioni per frenare l’avanzata dei soldati britannici che intendevano raggiungere la via Balbia, tagliando così ogni possibilità di ripiegare alle Divisioni italiane “BRESCIA”, “PAVIA”, “TRENTO” e “BOLOGNA” che erano in movimento verso nuove posizioni.

Al Battaglione vennero anche assegnati cannoni da 47/32 e bombe anticarro denominate “Passaglia”.

Alle prime luci dell’alba del giorno successivo il Maggiore Alessi effettuò una meticolosa seppure rapida ricognizione del terreno per individuare quali appigli tattici potessero essere sfruttati in modo da organizzare un dispositivo difensivo efficace.

Il terreno delle due piste era brullo con rada e vegetazione, rocce, piccoli avvallamenti compresi tra colline di media altezza.

Tra queste, quelle più vicine al bivio, denominate quota 628 e 585, dominavano la pista proveniente da El Mechili-Martuba, rispettivamente da Est e da Ovest.

Da quota 628 si poteva controllare, da Sud – Est, un’altra pista: quella di Chaulan,

La quale sbarrata dalla 3^ compagnia, rinforzata con cannoni da 47/32 e dislocata sulle balze delle quote 639 e 623.

La 2^ compagnia occupò più a nord quota 654, in modo da tenere sotto il tiro dei suoi un avvallamento con pista appena tracciata che serviva da raccordo tra le altre due principali.

Il Battaglione Carabinieri Paracadutisti, compreso nel settore difensivo affidato alla Divisione “BOLOGNA” (XX Corpo d’Armata), era inserito nel sottosettore tenuto dal 65° Reggimento Fanteria.

A sinistra del bivio di “Eluet El ASel” la zona era presidiata dal Battaglione di formazione “BARCE”, le cui posizioni erano saldate con quelle della 1^ compagnia Carabinieri Paracadutisti sulle balze di quota 585. Sulla destra, verso Chaulan erano state dislocate due compagnie del 65° Reggimento.

La notte del 19 dicembre 1941 una pattuglia della 2^ compagnia dei Carabinieri Paracadutisti venne inviata con compiti esploranti sulla pista di Martuba, per evitare azioni di sorpresa da parte degli inglesi.

All’alba del 19 i britannici attaccarono, Cinque camionette provenienti dalla pista di Chaulan si scontrarono con gli avamposti della 1^ compagnia che reagirono lanciando bombe “Passaglia” e distruggendo i mezzi nemici.

Verso le 7.00, sostenuti dal tiro delle proprie artiglierie, i fanti inglesi attaccarono quota 623, presidiata dalla 1^ compagnia che, rinforzata da un plotone della 2^ compagnia, passò immediatamente al contrattacco, riuscendo dopo accaniti combattimenti a far retrocedere gli assalitori infliggendo loro notevoli perdite. Al contrario, tutti gli uomini della 1^ e della 2^ compagnia rientrarono nelle proprie linee. Furono solo 3 i feriti

Altri tentativi contro lo schieramento della 1^ e della 3^ compagnia vennero stroncati sul nascere, con ben riusciti contrattacchi.

Il volume di fuoco della artiglieria britannica aumentò sempre di intensità raggiungendo alle ore 11.00 il culmine con tiri diretti principalmente contro le posizioni tenute dalla 1^ e 3^ compagnia.

Era il preludio di un tentativo di infiltrazione di fanti inglesi che riuscirono a consolidarsi in una posizione tale da poter indirizzare il tiro verso le due compagnie.

La terza compagnia allora passò al contrattacco sferrato. I Carabinieri tentarono di aggirare e tagliare la ritirata britannica che, a loro volta, intuita la manovra, ripiegarono precipitosamente.

Poco dopo gli stessi inglesi tentarono di attraversare il passo, attaccando in forze con più di 250 veicoli tra autoblindo, camionette e carri armati medi.

I mezzi provenivano dalle pista El Mechili-Martuba e puntarono una parte sulle posizioni della 1^ compagnia ed un’altra su quelle della 3^ compagnia.

Lanciando le bombe anticarro i Carabinieri, favoriti dalla posizione dominante, respinsero anche l’assalto dei carri armati, molti dei quali – centrati – rimasero bloccati sul terreno.

Gli attaccanti, costretti nuovamente a retrocedere, ritennero di avere di fronte forze avversarie preponderanti e dotate di artiglieria di grosso calibro, come facevano ritenere lo scoppio rumoroso e gli effetti disastrosi delle bombe “Passaglia”.

In un momento di pausa dei combattimenti il Maggiore Alessi fece giungere sulla linea di fuoco e sulla destra della 3^ compagnia, contro cui si era particolarmente accanito l’avversario, i due pezzi da 47 assegnati alla 2^ compagnia.

Ci furono, in quel pomeriggio, altri scontri fino alle 18.00 quando gli avversari, che avevano subito ingenti perdite, desistettero da ulteriori attacchi, sempre più convinti che il bivio fosse difeso da una grande unità, sostenuta da numerosi pezzi di artiglieria.

Al tramonto, arrivò l’ordine di sganciarsi dal contatto con il nemico. Il Battaglione aveva assolto il compito affidatogli e le Divisioni italiane e tedesche, in ripiegamento, avevano ormai raggiunto zone sicure.

Il Battaglione, per il suo valoroso comportamento, fu citato in una trasmissione di Radio Londra, nella quale si disse che i “Carabinieri Paracadutisti si erano battuti come leoni”.

Soltanto 44 militari del Battaglione riuscirono però a mettersi in salvo.

Infatti, al bivio di Elulet El Asel la retroguardia lasciata dal Battaglione non riuscì a sganciarsi all’ora prestabilita per ripiegare.

I combattimenti continuarono per quasi tutta la notte a distanza ravvicinata e, in questa fase del combattimento, i soldati inglesi riuscirono ad avanzare sul campo di battaglia.

I Carabinieri, per evitare la cattura, decisero allora di infiltrarsi fra le linee avversarie, approfittando delle tenebre.

Con il favore della notte, infatti, dopo marce forzate, riuscirono a raggiungere il villaggio Luigi di Savoia.

Un plotone, agli ordini del Tenente Mollo nascoste le uniformi per nascondersi tra la popolazione, in modo da sfuggire alla cattura, riorganizzò i militari sbandati presenti in zona e raggiunse oltre 150 unità.

Il reparto, per oltre 40 giorni, operò clandestinamente dietro le linee nemiche, assicurando la protezione dei civili italiani dalle scorrerie dei predoni arabi (tollerate dalle autorità di occupazione inglesi) ed effettuando anche azioni di sabotaggio contro obiettivi militari.

Tutte queste azioni proseguirono nonostante le rabbiose reazioni del nemico e culminarono nelle azioni di sostegno all’avanzata dell’Asse nel febbraio 1942 mediante la riattivazione di opere stradali danneggiate dai britannici in fuga ed il pattugliamento dell’area divenuta temporaneamente terra di nessuno.

Venne ricostituita la locale Stazione dei Carabinieri ad opera di un nucleo di Carabinieri Paracadutisti, lì dislocati con funzioni informative e di controllo.

Il 16 marzo 1942, i superstiti di quei giorni di battaglia, a bordo di aerei, vennero trasferiti a Castelvetrano, da dove rientrarono a Roma, presso la Legione Territoriale.

E ufficialmente il Battaglione fu sciolto.

Le eroiche azioni compiute in Libia non furono dimenticate.

Con i Carabinieri superstiti di Eluet El Asel vennero formate 2 sezioni mobilitate: la 184^ Sezione Carabinieri, agli ordini del Tenente Franco Perrone e la 314^ Sezione Carabinieri, agli ordini del Capitano Marcello Capello.

La prima venne assegnata alla Divisione Paracadutisti “Folgore” tornando subito in prima linea e condividendo fino alle celeberrime battaglie di El Alamein l’eroico destino della Grande Unità.

Il Sacrario militare italiano di El Alamein (COPYRIGHT Commissariato Generale per le Onoranze ai Caduti)

La seconda fu assegnata alla Divisione Paracadutisti “Nembo”, della quale seguì tutte le vicende.

Di stanza in Sardegna al momento dell’armistizio, l’8 settembre 1943, rimase fedele alla monarchia.

Confluì poi nel Corpo Italiano di Liberazione (CIL) e infine venne inquadrata nel gruppo di combattimento “Folgore” partecipando a tutti i combattimenti della Guerra di liberazione.

In sede di ricostituzione dell’Esercito, nel gennaio del 1947, venne costituito a Roma il Centro di Paracadutismo che dette origine ad un nuovo ciclo evolutivo delle aviotruppe italiane.

 GLI EVENTI POST GUERRA

ANNI ’50-‘60

Il 15 maggio 1951, il Comando Generale dell’Arma dette nuovamente vita al paracadutismo militare fra i Carabinieri, creando, su organici provvisori, per necessità istituzionali, il Reparto “Carabinieri Paracadutisti”, composto di 140 unità dislocate in Viterbo.

Il 22 aprile 1952 in località Tenuta Fioretta (Viterbo), durante un’esercitazione di aviolancio tattico, i Carabinieri Paracadutisti Crescenzio Nardone e Arcangelo Gili furono sospinti dal forte vento nel Tevere dove persero la vita annegando.

Il 10 gennaio 1956 il reparto partecipò alle operazioni di soccorso alle popolazioni dei comuni e delle frazioni del Viterbese, rimaste isolate, senza viveri e senza assistenza medica, a causa delle violente bufere di neve che avevano paralizzato la rete stradale e le comunicazioni in quella provincia.

Il 5 marzo 1958 venne trasferito dal centro militare di Paracadutismo di Viterbo alla Caserma “Gamerra” di Pisa dove rimase per quattro anni al termine dei quali fu trasferito alla “Vannucci” di Livorno dove tuttora ha sede.

Il  1° gennaio 1963 fu costituita la Brigata Paracadutisti “Folgore” nella quale venne inquadrato anche il Reparto dei Carabinieri Paracadutisti che assunse la denominazione di Compagnia Carabinieri Paracadutisti con fisionomia ordinativa identica a quella delle corrispondenti unità paracadutisti. Il 15 luglio dello stesso anno venne ricostituito il Battaglione.

Il 14 luglio 1964, in occasione del 150° anniversario della costituzione dell’Arma dei Carabinieri, il capo dello Stato Giuseppe Saragat consegnò, alla presenza del Battaglione Carabinieri Paracadutisti della Brigata “Folgore”, una Medaglia d’Argento al Valor Militare alla Bandiera dell’Arma dei Carabinieri con la seguente motivazione:

BATTAGLIONE CARABINIERI PARACADUTISTI, AVUTO IL DELICATO COMPITO DI PROTEGGERE UNITA’ IN MOVIMENTO SU NUOVE POSIZIONI, SOSTENEVA PER UN’INTERA GIORNATA RIPETUTI ATTACCHI DI SOVERCHIANTI FORZE CORAZZATE NEMICHE APPOGGIATE DA FANTERIA E ARTIGLIERIA. NELLA IMPARI CRUENTA LOTTA SVOLTA CON ESTREMO ARDIMENTO, RIUSCIVA A CONTENERE L’IMPETO DELL’AVVERSARIO, AL QUALE DISTRUGGEVA CON ASPRA AZIONE RAVVICINATA NUMEROSI MEZZI BLINDATI E CORAZZATI. SGANCIATOSI DAL NEMICO CON ARDITA MANOVRA NOTTURNA, TROVAVA SBARRATA LA VIA DEL RIPIEGAMENTO DA MUNITE POSIZIONI AVVERSARIE, SI LANCIAVA EROICAMENTE ALL’ATTACCO E DOPO VIOLENTA EPICA MISCHIA, IN CUI SUBIVA INGENTI PERDITE, SI APRIVA UN VARCO, RICONGIUNGENDOSI ALLE PROPRIE FORZE”.

Il 4 novembre 1966, in occasione della disastrosa alluvione che colpì Firenze e tutta l’Italia centro – settentrionale, unità del Battaglione Carabinieri Paracadutisti furono chiamati ad operare, senza tregua, per salvare persone in pericolo, alleviarne i disagi e prevenire atti di sciacallaggio.

Tra gli eventi che caratterizzarono la storia del Battaglione Carabinieri Paracadutisti ricordiamo quanto accadde in Alto Adige, proprio in quei mesi.

Infatti, con l’aggravarsi della situazione ed il proliferare degli attentati terroristici in quella regione, il 15 ottobre 1966 fu creato un reparto speciale composto da personale tratto dal Battaglione Carabinieri Paracadutisti, dal Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, dalla Guardia di Finanza, dagli Alpini e dal 9° Battaglione Sabotatori Paracadutisti “Col Moschin”.

Carabinieri Paracadusti impiegati in esercitazione (Foto di repertorio pre emergenza COVID-19)

Tutti questi militari vennero posti alle dipendenze del Capitano Carabinieri Paracadutisti Francesco Gentile.

L’ufficiale, il 25 giugno 1967, in occasione di un ennesimo attentato dinamitardo perpetrato da elementi separatisti, interveniva prodigandosi sino all’estremo sacrificio per guidare personalmente le operazioni di bonifica dell’area.

Tale gesto valse all’Ufficiale la Medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria con la seguente motivazione:

COMANDANTE DI REPARTO SPECIALE DA LUI STESSO MERAVIGLIOSAMENTE FORMATO NELLO SPIRITO E NELLA TECNICA PER LA LOTTA CONTRO IL TERRORISMO IN ALTO ADIGE, DAVA RIPETUTE PROVE DI CAPACITA’ E DI ARDIMENTO IN NUMEROSE, RISCHIOSISSIME AZIONI, CONDOTTE CON ESEMPLARE COSCIENTE DISPREZZO DEL PERICOLO IN ZONE IMPERVIE DI ALTA MONTAGNA, INSIDIATE DA DINAMITARDI. IN OCCASIONE DI UN ATTENTATO TERRORISTICO IN CUI DOPO L’ABBATTIMENTO DI UN TRALICCIO, AVEVA PERSO LA VITA PER LO SCOPPIO DI UNA MINA UN ALPINO ESSENDO RICHIESTO L’INVIO IN ZONA DI ELEMENTI SPECIALIZZATI DEL SUO REPARTO, INTUITI I RISCHI E LA GRAVITA’ DELLA SITUAZIONE, SI METTEVA VOLONTARIAMENTE ALLA TESTA DI ALCUNI DEI SUOI MIGLIORI UOMINI E SI PORTAVA SUL LUOGO DELL’ATTENTATO, DOVE FERMO E SERENO DI FRONTE AL PERICOLO INCOMBENTE, DIRIGEVA CON PERIZIA LE OPERAZIONI. MENTRE SI ACCINGEVA A PORTARE A COMPIMENTO LA RISCHIOSA MISSIONE. L’ESPLOSIONE DI UN’ORDIGNO SUBDOLAMENTE PREDISPOSTO LO INVESTIVA IN PIENO, TRONCANDO LA SUA ESISTENZA, TUTTA DEDICATA AL SERVIZIO E ALLA PATRIA, BELLISSIMA FIGURA DI SOLDATO, FULGIDO ESEMPIO DI VIRTU’ MILITARI E DI SPIRITO DI SACRIFICIO”.

Cima Vallona (Alto Adige) 25 giugno 1967.

Il 1° luglio 1967, a San Rossore (Pisa) nel corso di una cerimonia che concluse l’esercitazione “Aquila Rossa”, il Presidente della Repubblica Giuseppe Saragat consegnò ufficialmente il basco amaranto ai Reparti della Brigata “Folgore”.

ANNI ‘70

I Carabinieri Paracadutisti hanno anche fatto la storia dello sport.

Il 7 maggio 1973, il Capitano Fabrizio Innamorati, comandante di una Compagnia del Battaglione Carabinieri Paracadutisti, scalò l’Everest.

Il 1° ottobre 1975, il Battaglione assunse la denominazione di “Tuscania” e l’8 aprile 1976 in Firenze ricevette, nel corso di una suggestiva cerimonia, unitamente agli altri Battaglioni della “Folgore, la Bandiera di Guerra concessa con decreto del Presidente della Repubblica n. 846 dello stesso anno.

Il 6 febbraio 1978 dal 1° Battaglione Carabinieri Paracadutisti vennero tratti i militari che costituirono il Gruppo Intervento Speciale (GIS) che, da allora, viene alimentato esclusivamente con personale proveniente dal “Tuscania”.

I Carabinieri del GIS (foto di repertorio – pre emergenza COVID-19)

ANNI ‘80

I militari del Reggimento andarono anche all’estero nei primi anni ’80. Ricordiamo quanto avvenne nel 1982 in Libano.

I Governi italiani, francesi statunitensi inviarono su richiesta delle autorità una “Forza multinazionale di pace”.

Del contingente, denominato poi “Italcon”, fece parte integrante il 1° Battaglione Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”.

I militari partirono il 24 settembre 1982 per Beirut.

Il loro task la protezione dei campi palestinesi di “Sabra” e di “Chatila” e poi di “Borj El Baraine”.

Il loro lavoro fu molto gradito dalla popolazione.

Nel 1984 la situazione tornò alla normalità e i Carabinieri ritornarono in Patria, insieme ad altri Reparti.

L’ultimo reparto a lasciare il Libano di tutta la Forza Multinazionale fu la Compagnia Carabinieri Paracadutisti su VCC, che rientrò in Patria l’8 marzo 1984.

Gli anni ’90 sono molto particolari per il nostro Paese. Le azioni sempre più violente della criminalità organizzata richiesero un forte apporto dell’Arma.

Dal 20 dicembre 1989 al 2 luglio 1990, nell’area dell’Aspromonte in Calabria fu occupata una compagnia del Battaglione.

Le attività dei militari portarono agli arresti dei boss mafiosi Alleruzzo e Antonio Gerace a Paternò (Catania).

Contribuirono alla liberazione da un sequestro del giovane Cesare Casella a Samo (Reggio Calabria).

Furono individuati anche moltissimi covi di latitanti di mafia e di ‘ndrangheta. Furono sequestrate numerose armi e munizioni illegalmente detenute, soprattutto nella Barbagia sarda.

Dal 12 dicembre 1986 al 18 luglio 1996, presso l’Ambasciata Italiana in Beirut, un nucleo di Carabinieri Paracadutisti svolse compiti di sicurezza alla sede diplomatica e di scorta alla persona dell’Ambasciatore.

Carabinieri del “Tuscania” in un Teatro Operativo (Foto di repertorio pre emergenza Covid-19)

Dal 14 aprile 1989 al 3 aprile 1990, 2 sottufficiali e 6 carabinieri parteciparono per la missione dell’United Nation Transition Assistence Group in Namibia. Una Forza Multinazionale dell’ONU con funzione di forza di pacificazione.

I Carabinieri Paracadutisti furono inquadrati nella U.N. Military Police Company. Si occuparono di compiti di Polizia Militare.

Il 26 dicembre 1989, un sottufficiale e 3 Carabinieri Paracadutisti, a bordo di un velivolo C 130 della 46^ Aerobrigata di Pisa, parteciparono alle operazioni di evacuazione di personale diplomatico e altri cittadini italiani e stranieri a Bucarest, a seguito della rivolta popolare che portò alla caduta del regime dittatoriale di Ceaucescu.

ANNI ‘90

Dal novembre 1991 al giugno 1992 un contingente operò nelle province di Reggio Calabria e di Catanzaro in concorso con l’Arma Territoriale per la ricerca di persone sequestrate e di latitanti, conseguendo ottimi risultati e sostenendo un conflitto a fuoco in cui vennero feriti due malviventi.

In coincidenza con l’acuirsi dei conflitti politico – sociali interni della Somalia con il successivo scoppio della guerra civile, il personale del 1° Battaglione venne inviato a Mogadiscio per la sicurezza di quella Ambasciata in tre successive missioni, dal 7 agosto 1989 al 23 novembre 1991.

In particolare, durante la seconda missione presso la delegazione italiana, il nucleo si distinse in operazioni di evacuazione di connazionali, operando in condizioni estremamente pericolose e comunque al di là delle normali attribuzioni.

L’azione dei militari del Battaglione fu fondamentale per la salvezza di molti italiani e stranieri presenti nella capitale somala, durante l’infuriare dei combattimenti.

La positiva riuscita dell’operazione riscosse un grande apprezzamento dalla Farnesina e per 5 militari conferite delle ricompense.

Moltissime le altre missioni all’estero in quel periodo.

Dal 1° febbraio 1991 al 25 maggio 1991, un sottufficiale e 3 Carabinieri Paracadutisti vennero inviati a Riad (Arabia Saudita) per rafforzare il dispositivo di sicurezza della nostra sede diplomatica, anche in considerazione dell’elevatissimo rischio di attacchi terroristici venutosi a creare dopo lo scoppio della prima Guerra del Golfo.

Dal 29 settembre 1991 al 20 dicembre 1994, un sottufficiale e 3 Carabinieri prestarono servizio a Kinshasa (Zaire) per rafforzare il dispositivo di sicurezza presso quella sede diplomatica.

Il “Tuscania” in addestramento. (Foto di repertorio – pre emergenza Covid-19)

Dal 25 maggio 1991 al 15 giugno 1991, dal 2 luglio 1991 al 16 agosto 1991 e dal 25 settembre 1991 al 27 settembre 1992, un sottufficiale e 1 Carabiniere Paracadutista parteciparono, unitamente a personale del 9° Battaglione d’Assalto Paracadutisti “Col Moschin”, alle missioni della 46^ Aerobrigata per l’evacuazione da Mogadiscio di personale diplomatico, di altri cittadini italiani e stranieri, durante i combattimenti tra militari governativi e guerriglieri per il controllo della capitale stessa.

Al rientro della seconda missione, il personale venne ricevuto dal capo dello Stato che si compiaque per l’attività svolta.

Dal 28 aprile 1991 all’8 luglio 1991 un plotone del Battaglione, con compiti di Polizia Militare e di reparto di pronto impiego, operò nel contingente “Italpar Airone 1” a Zakho (Iraq) per le operazioni di soccorso dei curdi.

In questa operazione vennero impiegati complessivamente: 4 ufficiali, 10 sottufficiali e 67 Carabinieri.

Dal 9 luglio 1991 al 4 ottobre 1991 un contingente fu impiegato a Silopi (Turchia) come componente della compagnia “India” nell’operazione “Airone 2”.

Sempre fuori area, i Carabinieri Paracadutisti operarono in Zaire (per la precaria situazione interna e a seguito di specifica richiesta da parte del Ministero Affari Esteri, si rese necessario predisporre una protezione per la locale rappresentanza diplomatica e un’eventuale evacuazione di connazionali dal Paese). Ed ancora in Cambogia (1993 – missione internazionale UNTAC) con compiti di supervisione e di controllo della polizia locale, al fine di assicurare la piena applicazione delle norme di diritto internazionale tutelanti la libertà e la dignità.

Nello stesso anno, a Lima un nucleo garantì la sicurezza della delegazione italiana. Dal 3 dicembre 1993 al 14 aprile 2005 un nucleo garantì, invece, la sicurezza della sede diplomatica e la scorta del capo missione ad Algeri.

Nel dicembre 1992, in ottemperanza alla risoluzione dell’ONU n. 794 iniziò l’operazione multinazionale “Restore Hope” in Somalia per ristabilire le condizioni di sicurezza necessarie a arantire un minimo di assistenza umanitaria alla popolazione provata da lunghi anni di guerra civile e dalla fame.

Dall’11 dicembre 1992 al 23 marzo 1994, venne inviato nel Paese africano il contingente italiano “Italfor Bis” costituito in massima parte dalla Brigata Paracadutisti “Folgore”.

Successivamente, con il passaggio dell’intera operazione all’ONU (5 maggio 1992), la forza impiegata da questo reparto in Somalia venne incrementata.

Nella missione “IBIS”, sempre in Somalia, il contingente del 1° Battaglione, venne inviato qui con compiti speciali e di Polizia Militare.

Con l’aggravarsi della situazione, a partire dai sanguinosi fatti del 5 giugno 1993 culminati con l’uccisione di 23 soldati pakistani del contingente ONU, un plotone di Carabinieri paracadutisti su VCC costituì, unitamente ad analoga unità di incursori paracadutisti, riserva d’intervento del Comando UNOSOM, orientata ad agire su richiesta in operazioni ad elevato rischio riservate alle Forze Speciali.

In questa missione i Carabinieri Paracadutisti si distinsero particolarmente, ricevendo un plauso generale, in special modo da parte dei vari comandanti di raggruppamento e da parte degli stessi commilitoni delle Forze Speciali.

Nel noto combattimento del 2 luglio 1993, in località “Pasta”, l’intervento di un plotone di Carabinieri a bordo di VCC fu fondamentale per lo sganciamento dei militari delle altre unità bloccate sotto il fuoco nemico e per il recupero dei caduti e dei feriti.

Il 23 marzo 1994 si concluse il ritiro dei contingenti americano e di quelli europei che avevano partecipato alla Operazione in Somalia.

Solo poche delegazioni diplomatiche rimasero a Mogadiscio, tra queste la delegazione speciale italiana protetta da un’unità di Carabinieri Paracadutisti fino al 31 luglio 1994.

Dal 2 maggio all’8 agosto 1994, i militari del 1° Battaglione Carabinieri Paracadutisti, insieme ad altro personale dell’Arma, costituirono il Reparto Carabinieri TIPH (Temporary Presence in Hebron) destinati insieme a similari contingenti delle Forze di Polizia norvegesi e danesi a svolgere una delicata missione di osservazione e di monitoraggio nella città di Hebron, sita nei territori occupati da Israele.

La missione aveva lo scopo di temperare il clima di tensione creatosi a seguito del massacro di palestinesi compiuto da un estremista ebreo nella moschea della città e, quindi, di favorire il ristabilimento di favorevoli condizioni alla ripresa della vita civile.

Il 5 novembre 1994 in occasione della festa della specialità, in una suggestiva e toccante cerimonia svoltasi in Pisa presso l’aeroporto militare, di fronte ad alte cariche dello Stato e ad un folto pubblico, il ministro della Difesa appuntava sulla Bandiera di Guerra del 1° Battaglione Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” la medaglia d’argento al Valor dell’Esercito con la seguente motivazione:

IL 1° BATTAGLIONE CARABINIERI PARACADUTISTI “TUSCANIA” PARTECIPAVA, CON PROPRIE UNITA’ INQUADRATE NELLE FORZE ITALIANE IN SOMALIA, ALLE OPERAZIONI DI SOCCORSO ALLA POPOLAZIONE SOMALA PRODIGANDOSI CON TOTALE DEDIZIONE ED ELEVATA PROFESSIONALITA’ NELLA PERICOLOSA MISSIONE E CONFERMANDO, IN NUMEROSE AZIONI DI RASTRELLAMENTO PER LA RICERCA D’ARMI ED IN OPERAZIONI CONTRO GUERRIGLIERI ED ANTI BANDITISMO, L’ALTISSIMO LIVELLO DI EFFICIENZA, IL GRANDE CORAGGIO E LA GENEROSITA’ DEI SUOI EFFETTIVI. COINVOLTO IN NUMEROSI CONFLITTI A FUOCO REAGIVA SEMPRE CON EFFICACIA E DETERMINAZIONE METTENDO IN LUCE IL VALORE MILITARE, LA CAPACITA’ OPERATIVA E LA FORTISSIMA MOTIVAZIONE DEI PROPRI UOMINI.

NONOSTANTE LE GRAVI PERDITE SUBITE IN COMBATTIMENTO, CONTINUAVA AD ASSOLVERE I COMPITI AFFIDATI SENZA FLESSIONI CON LA

FIEREZZA E L’ORGOGLIO DI PERSEVERARE NEL TENTATIVO DI RIDARE

SICUREZZA E SOCCORSO UMANITARIO AL MARTORIATO POPOLO SOMALO E NELLA DETERMINAZIONE DI RENDERE ONORE ALLA PATRIA LONTANA”.

Somalia, 22 dicembre 1992 – settembre 1993.

Con una breve cerimonia al Comando Generale, l’allora comandante Generale dell’Arma, Generale di Corpo d’Armata Luigi Federici salutò il 2 febbraio 1995, giorno della partenza per Mostar (Bosnia), i 20 Carabinieri impegnati nella missione di polizia in ambito UEO, tra i quali vi era un nucleo di Carabinieri Paracadutisti.

O a loro erano operativi la Polizia Federale di frontiera tedesca, la Marechausse olandese, la Gendarmeria francese, la Guardia Civil spagnola, la Guardia Nazionale portoghese, la Polizia inglese e la Gendarmeria del Lussemburgo e del Belgio.

La missione aveva il compito di organizzare nella città, che era stata teatro di violente battaglie, una forza di polizia unificata composta da croati e musulmani;.

La missione terminò il 27 luglio 1996.

Il 19 maggio 1995, per contrastare il fenomeno dei sequestri di persona in Sardegna, il Comando generale decise di impiegare il “Tuscania”, dando il via all’operazione “Barbagia 95” a supporto dell’azione dell’Arma territoriale nel controllo delle aree montane e rurali più sensibili

La capillarità e la sistematicità dell’operazione, proseguita fino al 31 dicembre 1995, portò agli del latitante Piero Loi e ala liberazione del sequestrato Ferruccio Checchi.

Il 5 gennaio 1996, per l’operazione IFOR (Bosnia) partì per Sarajevo, con la Brigata Bersaglieri “Garibaldi”, il Distaccamento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”, con compiti tattici e di ricognizione, di sicurezza e scorta al comandante del contingente italiano, di sicurezza e scorta VIP, di Polizia Militare, di pattugliamento ed anticecchinaggio nonché di collegamento con le Polizie locali e con l’IPTF (International Police Task Forces).

L’impegno dell’Alleanza in Bosnia Erzegovina proseguì con l’operazione “Joint Guard”che subentrò all’Operazione “Joint Endeavourcon”, l’assolvimento della nuova missione venne demandato alla SFOR (Stabilization Force) che si sostituì ad IFOR, a partire dal 20 dicembre 1996 il conseguente ridimensionamento della Forza Multinazionale di pace, vide la completa revisione e contrazione organica del Distaccamento Carabinieri Paracadusti.

Un Plotone fu rischierato a Sarajevo e un altro Mostar.

Dal 27 gennaio al 25 luglio 1996, in occasione del ritiro israeliano da Hebron, venne dispiegata di nuovo una Forza Multinazionale di osservatori denominata TIPH 2, con compiti di osservazione e di monitoraggio dell’intesa tra le parti (israeliani e palestinesi).

Il 1° giugno 1996, il Battaglione Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”, finalmente, fu elevato a Reggimento, durante una solenne cerimonia alla presenza di numerose autorità militari e civili.

Il 13 marzo 1997, nel corso dei disordini popolari scoppiati in Albania a seguito dal fallimento delle “Finanziarie-Truffe”, venne inviato un nucleo a garantire la sicurezza della delegazione diplomatica italiana presente nel Paese. Il nucleo venne avvicendato con cadenza semestrale.

La risoluzione delle Nazioni Unite n. 260 del 28 marzo 1997, che autorizzò la creazione di una “Forza Multinazionale di Protezione, denominata FMP e capeggiata dall’Italia (Operazione “ALBA”).

La missione doveva operare in Albania, in modo “neutrale ed imparziale”, per garantire l’immediata e sicura consegna degli aiuti umanitari,.

Il 1° Reggimento raggiunse il Paese delle Aquile con un nucleo avanzato il 15 aprile 1997 e quindi con una prima aliquota operativa e logistica il 20 aprile successivo. La fase di afflusso terminò il 24 aprile con l’arrivo di 2 Plotoni CC, rispettivamente del 7° e del 13 Battaglione e di una Sezione Operativa del GIS, tutti inquadrati – nell’occasione – nel 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti.

Il Reggimento, posto alle dirette dipendenze del Comandante della FMP aveva i seguenti compiti: servizi di polizia militare e di coordinamento degli organi di polizia militare di tutti gli altri contingenti; scorta del comandante della FMP, scorta della Commissione internazionale, scorta di VIP e giornalisti; attività informativa (Humint); investigazioni militari; interventi ad alto rischio (per la liberazione di ostaggi o la cattura di terroristi); collegamento con le autorità e la polizia locale; controllo del territorio.

L’operazione ALBA fu conclusa il 10 agosto 1997.

Nello stesso anno si aggrava di nuovo la situazione in Zaire (7 maggio 1997). Fu inviato presso la locale Ambasciata Italiana, un nucleo con compiti di sicurezza alla sede diplomatica, scorta e sicurezza all’ambasciatore e per predisporre un’eventuale evacuazione di connazionali presenti nel Paese. Il nucleo, ritornata la situazione in livelli di sicurezza, rientrò l’8 luglio 1997.

Sempre nel 1997 questi furono ancora gli interventi in Africa:

29 maggio-1 giugno 1997: un Nucleo del Reggimento a causa della guerra civile scoppiata in Sierra Leone, venne impiegato per l’evacuazione di connazionali da quel Paese.

11 giugno 1997: un nucleo venne inviato presso la delegazione diplomatica italiana a Brazzaville in Congo, per organizzare un’eventuale evacuazione di connazionali. L’Ispettorato Generale del Ministero Affari Esteri dispose il 3 luglio 1997 il rientro del nucleo.

Il 1° agosto 1998, un plotone dopo aver contribuito con propri istruttori all’addestramento e amalgama tra le varie componenti dell’Arma, venne aggregato al neocostituito Reggimento Multinational Specialized Unit che operò a Sarajevo nell’ambito dell’operazione “Joint Forge”.

Con il progressivo deterioramento della situazione in Kosovo, a causa dei sanguinosi contrasti tra le diverse etnie, venne costituito, analogamente a quanto in precedenza attuato in Bosnia-Erzegovina, un Reggimento Multinational Specialized Unit nell’ambito dell’operazione “Joint Guardian” di stanza a Pristina.

Il “Tuscania” partecipò, dal 9 agosto 1999, con un plotone con compiti di acquisizione obiettivi.

Il 22 settembre 1999, un plotone del Reggimento, prese parte alla missione ONU, denominata ” Stabilise”, a Timor Est (Indonesia)

Gli uomini del 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti insieme al personale del 187° Reggimento Paracadutisti e al 9° Reggimento Paracadutisti “Col Moschin”, formarono un gruppo tattico denominato “Folgore” chiamato per ristabilire le condizioni generali di ordine e sicurezza nell’ area.

ANNI 2000

Il 25 gennaio 2000, un Nucleo del Reggimento fu inviato presso la delegazione diplomatica italiana in Kinshasa nell’Ex Repubblica del Congo, per fornire sicurezza e scorta al personale operante in quella sede e per organizzare un’eventuale evacuazione di connazionali.

A partire dal 10 ottobre 2000 la Brigata Paracadutisti “Folgore” venne impiegata nella missione di pace denominata “Joint Guardian” in Kosovo presso la BMN – W, alla quale personale del Reggimento partecipava con personale inquadrati nelle varie cellule dello staff a supporto della Brigata e con un nucleo di scorta e sicurezza del comandante della Brigata stessa.

Il 30 agosto 2001, un nucleo del Reggimento con compiti di Polizia Militare fu posto alle dirette dipendenze del comandante del Contingente nazionale costituito dal Raggruppamento del 152° Reggimento “Sassari”, raggiunse Petrovec (Macedonia).

Qui aveva sede il Comando dell’operazione “Essential Harvest”.

L’impiego del Reggimento durò fino al 16 ottobre, quando fu rilevato nell’incarico da una aliquota di Carabinieri effettivi al Comando Forze Operative Terrestri.

Dopo gli attentati alle torri gemelle di New York (11 settembre 2001), iniziò in Afghanistan l’operazione “Enduring Freedom” a leadership USA-Regno Unito.

Fu subito inviato personale del “Tuscania” che partì per Kabul il 28 dicembre 2001, con compiti ricognitivi a premessa di successivo impiego di un contingente di Carabinieri Paracadutisti in quell’area.

Ad aprile 2002 con il ritorno dell’ex Re Zahir Shah in Afghanistan, i Carabinieri Paracadutisti e operatori del GIS vennero chiamati a qualificare, con mirati stage addestrativi, i militari locali destinati alla scorta e sicurezza dell’ex monarca.

La risonanza e il plauso internazionale riscosso per l’addestramento svolto a favore delle autorità afghane, diede inizio ad una attività di qualificazione delle guardie del corpo destinate alla protezione dei ministri del Governo transitorio afghano ed a corsi di addestramento alle tecniche di Ordine Pubblico per il personale militare del ricostituito 1° Battaglione Guardia Nazionale afgana.

Il lancio dei Carabinieri Paracadutisti

La necessità di incrementare il livello di sicurezza delle Rappresentanze Diplomatiche Italiane impegnate nelle aree limitrofe al teatro d’operazione afghano e nel vicino Medio Oriente, induce il Ministero degli Affari Esteri a richiedere all’Arma dei Carabinieri un rafforzamento dei dispositivi volti alla protezione dei diplomatici italiani; per tali servizi il Comando Generale dispose l’impiego dei carabinieri paracadutisti in Pakistan, Iraq e Israele.

Nello stesso anno, altro personale del “Tuscania” fu inviato, su richiesta del Ministero degli Esteri in Costa d’Avorio e Colombia, per l’incolumità della delegazione diplomatica e dei nostri connazionali.

L’anno successivo un’identica missione fu svolta nell’area mediorientale: Giordania, Yemen e Kuwait.

Il 1° maggio 2003 il Reggimento Carabinieri Paracadutisti inviò un proprio plotone in Iraq con il compito di scortare un lungo convoglio della Croce Rossa Italiana da Kuwait City a Baghdad, dove successivamente contribuì a costruire l’ospedale della CRI, garantendone inoltre la sicurezza.

Furono i primi italiani ad entrare nel territorio iracheno nei giorni immediatamente successivi alla cessazione delle ostilità.

In seguito, i militari operanti, vennero incorporati nel Reggimento “Multinational Specialized Unit” di stanza in An Nasiriya, partecipando all’Operazione “Antica Babilonia”.

E sempre nel 2003 (12 novembre) vnne perpetrato un vile attentato alla base MSU in An Nasiriyah, denominata “Maestrale”, che provocò 19 morti e numerosi feriti tra i militari italiani.

L’attacco venne condotto da combattenti suicidi iracheni a mezzo di un furgoncino e di un camion cisterna carichi di esplosivo. A seguito della tragedia, il personale ripiegò nella base occupata dal contingente militare italiano “White Horse” e vennero inviati dal Reggimento due ulteriori plotoni di rinforzo a meno di 24 ore dall’attacco.

Nel marzo del 2004, l’MSU lasciò definitivamente la “Base Libeccio” e si trasferì a Tallil presso “Camp Mittica”, compound adiacente all’area aeroportuale, in precedenza occupato da Forze.

Da quella sede iniziarono i servizi di controllo dell’Area di responsabilità da parte della Compagnia Paracadutisti, il cui personale, nei mesi successivi, è stato più volte impegnato in pesanti scontri con le forze irregolari ribelli

Nel contempo proseguiva l’attività di sicurezza e scorta a favore della Farnesina.

Il 0 giugno 2004, nel corso della festa dell’Arma svoltasi in Piazza di Siena in Roma, venne appuntata alla Bandiera di Guerra del 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania” la decorazione di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia in ragione delle attività svolte dal reparto nel corso delle missioni effettuate dal 1996 al 2004 con la seguente motivazione:

“NEL GENEROSO ADEMPIMENTO DEI SUOI COMPITI, IL 1° REGGIMENTO PARACADUTISTI TUSCANIA, PROSEGUENDO L’OPERA DELL’OMONIMO BATTAGLIONE, FORNIVA CON ESEMPLARE EFFICIENZA E NEL SOLCO DELLA PIU’ FULGIDA E GLORIOSA TRADIZIONE DELL’ARMA IL PROPRIO DETERMINANTE CONTRIBUTO A NUMEROSE OPERAZIONI DI MANTENIMENTO DELLA PACE A FAVORE DI POPOLAZIONI BISOGNOSE DI SICUREZZA E STABILITA’, SVILUPPATESI IN TERRITORI CARATTERIZZATI DA ELEVATA INSTABILITA’ INTERNA E SEGNATI DA ANNI DI ATROCITA’.

OPERANDO ALL’INSEGNA DI UNO STRAORDINARIO SPIRITO DI SERVIZIO E DI UNA ASSOLUTA DEDIZIONE AL DOVERE, HA OFFERTO REITERATE PROVE – COLLETTIVE ED INDIVIDUALI DI SPICCATO CORAGGIO, TENACE ABNEGAZIONE E DI CONCRETA SOLIDARIETA’, CHE HANNO CONSENTITO IL PIENO RAGGIUNGIMENTO DEGLI OBIETTIVI DELLE RISCHIOSE MISSIONI. I SUCCESSI RISCOSSI SONO STATI INCONDIZIONATAMENTE RICONOSCIUTI IN AMBITO NAZIONALE ED INTERNAZIONALE, CONTRIBUENDO A RAFFORZARE IL PRESTIGIO DELL’ITALIA E L’ONORE DELLE FORZE ARMATE E DELL’ARMA DEI CARABINIERI NEL MONDO

Bosnia-Herzegovina, Albania, Kosovo, Timor Est, Macedonia, Afghanistan, anni 1996-2004.

Nel giugno 2005, il Comando Operativo Interforze (COI) costituì, con l’impiego del 187° Reggimento Paracadutisti la Task Force “Leone” con il compito di garantire una cornice di sicurezza al contingente civile delle Nazioni Unite (UNMIS) già presenti a Khartoum (Sudan), dando così avvio all’operazione “Nilo”.

Il Reggimento forniva alla Task Force un’aliquota di Polizia Militare L’operazione terminò con il rimpatrio della Task Force nel dicembre 2005.

Nel 2006 vennero mantenuti i contingenti di scorta e sicurezza presso le sedi diplomatiche italiane soggette a più rischio: Baghdad (Iraq), Kabul (Afghanistan), Abidjan (Costa d’Avorio), Riad e Jedda (Arabia Saudita).

Inoltre, a seguito di improvvisi innalzamenti della minaccia, il Ministero Affari Esteri richiese l’invio temporaneo di aliquote di Carabinieri Paracadutisti anche in Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo) e Islamabad (Pakistan).

Lo stato di crisi in atto nel Medio Oriente, culminato, nei mesi di luglio/agosto dello stesso anno con il conflitto tra le Forze Armate israeliane e le milizie regolari libanesi indusse l’ONU, con la risoluzione 1701 dell’11 agosto 2006, a rinforzare il contingente UNIFIL già presente in Libano.

L’Italia aderì all’iniziativa dando il via all’Operazione “Leonte”.

Il 1° Reggimento “Tuscania”contribuì inviando in Teatro, a partire dal mese di agosto, un plotone con compiti di Polizia Militare e un ufficiale quale Provost Marshall.

Il 1° novembre 2006 le componenti del 1° Reggimento inquadrate nel Reggimento MSU, dopo aver assicurato la cornice di sicurezza alle operazioni di ripiegamento dalla costante minaccia terroristica rientrarono in Patria.

L’anno successivo vennero mantenuti i nuclei di scorta e sicurezza presso le sedi diplomatiche italiane situate nei Paesi a più alto rischio: Baghdad (Iraq), Kabul (Afghanistan), Abidjan (Costa d’Avorio), Riad e Jedda (Arabia Saudita).

Per quanto riguarda le missioni, presso i contingenti nazionali, continuò l’impiego dei militari del nel corso delle Operazioni in Libano, Kosovo, valico di Rafah (Missione EU-BAM).

Il 3 aprile fu chiusa definitivamente la Missione IPU-EUFOR di stanza a Sarajevo.

Il 20 giugno personale del Reggimento fu inviato in Iraq per costituire la “Carabinieri Training Unit”della “Iraq National Police (INP) nell’ambito della “NATO Training Mission In Iraq” (NTM-I), con il compito di programmare, pianificare e condurre l’addestramento specialistico di unità organiche tratte dalle Iraq National Police.

Poi, su richiesta americana di concorrere all’addestramento della costituenda Afghan National Civil Order Police (ANCOP) in Herat (Afghanistan), il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri approntò, (sotto il profilo logistico, sanitario e documentale) un’aliquota di Carabinieri Paracadutisti, per l’impiego nella missione.

Nel 2008 continuarono ad operare i nuclei di scorta e sicurezza presso le sedi diplomatiche italiane situate a Baghdad (Iraq), Kabul (Afghanistan), Beirut(Libano), Abidjan (Costa d’Avorio), Riad e Jedda (Arabia Saudita),.

Il 20 ottobre terminò l’impiego presso l’Ambasciata d’Italia in Kinshasa (Rep.Democratica del Congo).

Inoltre a seguito di richiesta del Ministero Affari Esteri vennero inviate in Afghanistan, varie aliquote di scorta e sicurezza per il personale diplomatico.

Continuarono anche le attività nelle varie missioni all’estero.

L’anno dopo furono mantenuti i nuclei di scorta e sicurezza presso le sedi diplomatiche italiane situate nei Paesi a più alto rischio e le aliquote di sicurezza presso il Provincial Reconstruction Team in Herat, al personale diplomatico.

Terminò il 3 marzo l’impiego presso la sede diplomatica a Jedda (Arabia Saudita), il 13 marzo quello presso l’Ambasciata d’Italia ad Abidjan (Costa d’Avorio) e il 13 maggio presso l’Ambasciata d’Italia a Riad (Arabia Saudita).

Il 28 febbraio 2010 terminarono i servizi di scorta e sicurezza al personale diplomatico in Afghanistan e altre missioni all’estero.

Proseguono, invece, quelle Iraq, Afghanistan.

Nel corso del 2011 furono mantenuti i nuclei di scorta e sicurezza presso le sedi diplomatiche italiane situate nei Paesi a più alto rischio

In particolare, quell’anno si verificarono disordini di tipo socio/politico verificatisi nel Nord Africa.

E il Ministero Affari Esteri chiese al Reggimento personale per le sedi diplomatiche di Abidjan (Costa d’Avorio), Il Cairo (Egitto), Tripoli (Libia).

Sul fronte delle missioni, presso i contingenti internazionali, continuò l’impiego dei militari nelle seguenti operazioni: 1° e 2° Police Opeational Mentoring & Liaison Team (POMLT) in Herat, e nuova apertura, in data 12 gennaio del 3° POMLT in Farah (Afghanistan)

Nel 2012 furono sempre mantenuti i nuclei di scorta e sicurezza presso le Ambasciate italiane all’estero.

Sul fronte delle missioni, presso i contingenti internazionali, continuò l’impiego dei militari ad Herat e Afghanistan.

Stessi task anche per l’ano successivo. Inoltre, fu aperta la missione addestrativa in favore della Polizia Somala, “MIADIT Somalia” a Djibouti con la partecipazione del personale del Reggimento.

Nessuna particolare novità per il 2014.

Il 24 giugno 2015 partì un primo nucleo di Carabinieri del 1° Reggimento “Tuscania” per l’apertura della nuova missione “Inherent Revolve Prima Pathica” a Baghdad con l’incarico di addestrare le Forze di Polizia irachene.

Il 4 novembre 2016, nel corso delle celebrazioni della “Giornata della Forze Armate”, svoltesi a Roma, presso l’Altare della Patria, alla presenza delle più alte cariche dello Stato e del comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, Generale di Corpo D’Armata Tullio Del Sette, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella decorò, la Bandiera di Guerra del 1° Reggimento Carabinieri Paracadutisti “Tuscania”, con la seconda onorificenza di Cavaliere dell’Ordine Militare d’Italia, in ragione delle attività svolte nel corso delle missioni “Antica Babilonia” effettuate in Iraq dal 2003 al 2005 con la seguente motivazione:

REGGIMENTO CARABINIERI PARACADUTISTI, IMPIEGATO IN NUMEROSE OPERAZIONI ALL’ESTERO PER IL MANTENIMENTO DELLA PACE, FORNIVA PROVA DI ALTISSIMA PROFESSIONALITA’, GRANDE CORAGGIO E TOTALE ABNEGAZIONE CONSENTENDO, IN PARTICOLARE, IN TERRITORIO IRACHENO, DI GARANTIRE IMPORTANTI INTERESSI NAZIONALI E DI METTERE IN SALVO IN PIU’ OCCASIONI MOLTE PERSONE ESPOSTE A INCOMBENTI E GRAVI PERICOLI, A MANIFESTO E CONTINUO RISCHIO DEI PROPRI MILITARI.

I SUCCESSI RISCOSSI NELLE ATTIVITA’ OPERATIVE E IN QUELLE DI SUPPORTO ALLA POPOLAZIONE E ALLE ISTITUZIONI LOCALI VENIVANO INCONDIZIONATAMENTE RICONOSCIUTI IN AMBITO INTERNEZIONALE E CONTRIBUIVANO A RAFFORZARE IL PRESTIGIO DELL’ARMA DEI CARABINIERI E DELL’ITALIA ”.

IRAQ 2003-2005.

Nel corso del 2017 e del 2018 continuarono le numerose attività all’estero. Molto presenti in Africa.

Nel 2019 furono mantenuti i nuclei di Scorta e di Sicurezza presso le Ambasciate italiane situate nei Paesi a più alto rischio: Baghdad (Iraq), Kabul (Afghanistan), Tripoli (Libia), Beirut (Libano), Mogadiscio (Somalia) e Consolato Generale d’Italia in Erbil (Iraq).

Continuarono anche le missioni addestrative a favore della Polizia Somala e a favore delle Forze di Sicurezza dell’Autorità Nazionale Palestinese (MIADIT Palestina) a Gerico.

Da agosto a dicembre, in più edizioni il Reggimento contribuì nell’ambito della missione “Progetto Gar – Si – Sahel”, insieme ai partner internazionali della Guardia Civil Spagnola, all’addestramento delle Forze di Polizia di Mauritania, Mali e Niger, inviando in quei Paesi alcuni istruttori.

A gennaio scorso il Reggimento ha contribuito, nell’ambito della missione “Corso Ranger”, all’addestramento delle Forze ugandesi in Entebbe (Uganda).

Mentre, sul fronte delle missioni presso i contingenti internazionali è continuato l’impiego dei militari del Reggimento presso la Missione Inherent Revolve – Prima Parthica nei vari distaccamenti in Baghdad, Al Taqqadum, Erbil, con un alleggerimento del dispositivo a causa dell’emergenza da COVID 19 nei mesi di marzo e aprile scorsi.

Inoltre, il Reggimento, in occasione di questi mesi, ha avuto sempre assetti di pronto impiego per esigenze di supporto alle altre articolazioni dell’Arma su tutto il territorio nazionale in caso di eventi critici.

Oltre al sostegno logistico, con personale e mezzi del Reggimento, alla 2^ Brigata Mobile Carabinieri, di stanza a Livorno, che è stata individuata quale Grande Unità per esigenze di allestimento di aree/campi/strutture idonee a ricevere personale che necessitava di cure mediche o di trattamenti di isolamento/quarantena.

Infine, ha inviato “in prima linea”, sotto la Direzione di Sanità militare, medici ed infermieri, effettivi all’Infermeria Presidiaria del 1° Reggimento presso le strutture della Regione Lombardia in supporto agli ospedali locali.

L’ALBO D’ORO DELLE MISSIONI:

02 ALBO STORICO missioni tuscania KEN

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