Di Maria Grazia Labellarte
ROMA. È uscito, in questi giorni, il libro “Il reato di stalking. Aspetti giuridici e processuali: Lo stalking relazionale, occupazionale, giudiziario. Termini di procedibilità”, scritto dal Criminologo Bartolo Danzi, in distribuzione mondiale edito da Edizioni Criminologiche forensi di Roma.

La copertina del libro
Come molti sanno, lo stalking o atti persecutori è un reato abituale di danno che viene perpetrato solitamente tra due ex amanti o coniugi, oppure al livello emozionale, condominiale, giudiziario, consistente in molestie e minacce reiterate nei confronti della vittima che risultano idonei ad instaurare nella stessa uno stato d’ ansia e di timore e ad alterare le sue abitudini quotidiane di vita.
Non sempre lo stalking deve realizzare nella vittima alterazioni psicopatologiche atteso che come ha osservato la Suprema Corte di Cassazione si realizzerebbe un diverso reato che è quello di lesioni personali, ben diverso dallo stalking.

Non sempre lo stalking deve realizzare nella vittima alterazioni psicopatologiche come ha osservato la Suprema Corte di Cassazione
Ormai molte sono le donne vittime di stalking uccise, specialmente se il fenomeno viene ignorato e sottovalutato.
Report Difesa ha intervistato l’autore.

La quarta pagina di copertina del libro
Lo stalking è una nuova forma di reato che il legislatore dal 2009 ha voluto introdurre per garantire le vittime di questo fenomeno. In cosa consiste? E perchè si configuri il reato quali sono gli elementi che devono sussistere?
La fattispecie di “atti persecutori”, com’è noto, è stata introdotta nel nostro sistema penale solo in tempi relativamente recenti, con l’innesto nel Codice, ad opera dell’articolo 7 del Decreto Legge del 23 febbraio 2009, numero 11 – convertito, con modifiche, nella Legge del 23 aprile 2009, numero 38, recante “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale nonché in tema di atti persecutori” – dell’art. 612-bis, che punisce con la reclusione da sei mesi a cinque anni il fatto di chi “con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita”.
In quali fasi e come si realizza l’ammonimento del Questore?
L’ammonimento del Questore è previsto ai sensi dell’articolo 8 del Decreto Legge numero 11 del 2009.
La sua natura giuridica è amministrativa e, dunque, potrà essere impugnato dal presunto stalker innanzi al TAR (Tribunale Amministrativo Regionale ndr), come avviene nei casi di impugnazione di tutti gli atti amministrativi.
Ha carattere preventivo poiché è rivolto a tutelare la vittima di stalking dalle continue persecuzioni.
Difatti potrà consistere nell’ammonimento dello stalker che potrà essere orale o scritto, dal divieto di avvicinamento alla vittima.
Potrà essere richiesto dalla vittima di stalking e sarà fondato sul suo racconto e sulla base di prove raccolte dall’attività investigativa.
Essa ha natura preventiva con funzione di evitare che la situazione trascenda e possa evolversi anche in situazioni ben più gravi.
Di solito viene emesso in fase stragiudiziale, anche quando non ancora è stata proposta denuncia querela da parte della vittima.
Gli atti persecutori in quali ambiti posso perpetrarsi?
Gli atti persecutori possono essere perpetrati a livello lavorativo. Si pensi al datore di lavoro che perseguita il proprio dipendente per svariate motivazioni (al fine di indurlo al trasferimento, alle dimissioni, al licenziamento, con finalità di molestia sessuale nel caso di donne oggetto di stalking occupazionale).
Può avvenire a livello relazionale. Si pensi ad una relazione sentimentale interrotta non accettata dallo stalker (persecutore) che dunque, intende vendicarsi della vittima, con continue molestie persecutorie tali da indurre nella stessa uno stato d’ansia e una repentina alterazione delle proprie abitudini di vita.
Inoltre, un’altra forma di stalking è quello giudiziario, ove la persecuzione viene perpetrata attraverso una serie di azioni giudiziarie promosse in maniera strumentale al fine esclusivo di molestare la vittima (querele, atti di citazione, ricorsi con richiesta di risarcimento danni) aventi tutte il carattere dell’infondatezza ossia devono essere questioni false ed infondate al limite della temerarietà.
Da non confondersi con quelle azioni che vengono proposte a scopo difensivo e di tutela e dunque non aventi il carattere della strumentalità a molestare il soggetto passivo ma quali espressioni di un legittimo diritto di difesa e di richiesta di tutela dalla Giustizia per cui esiste la scriminante prevista dall’articolo 51 del Codice Penale.
Infine, lo stalking perpetrato attraverso le moderne tecnologie informatiche ben diverso dagli atti persecutori in presenza.
Perchè si possa parlare di stalking occorre che gli eventi siano almeno due. Ma è sempre cosi? Oppure esistono eccezioni che la Giurisprudenza ha ben distinto?
Il primo problema che gli operatori di diritto si sono trovati ad affrontare è vagliare la compatibilità di detta fattispecie criminosa con il principio di tassatività imposto dalla norma penale.
Tale principio di tassatività si desume dall’articolo 25 comma 2 della Carta Costituzionale rispetto al principio di riserva di legge e di irretroattività della norma penale, alla delimitazione dell’area penalmente illecita a garanzia della libertà individuale.
Il reato di atti persecutori si porrebbe dunque, in contrasto proprio con il principio di determinatezza e tassatività, anche se la Giurisprudenza non ha ancora ritenuto di dover sollevare alcuna questione di legittimità costituzionale innanzi alla Consulta.
Difatti, la determinatezza viene in rilievo in merito alla condotta con cui lo stalker molesta o minaccia taluni, atteso che il legislatore non si è premurato di fornire alcun criterio secondo cui può essere definita molesta o minacciosa una data condotta, tale da assurgere ad atti persecutori.
Parimenti la determinatezza viene in rilievo pure per quanto attiene alla reiterazione perché il legislatore non ha indicato un numero approssimativo di atti persecutori idonei ad integrare appunto le cosiddette condotte reiterate.
A tal proposito la Giurisprudenza ha ritenuto di assurgere alle tradizionali nozioni di molestia (articolo 660 Codice Penale) e minaccia (art, 610 Codice Penale) al fine di dare una precisa nozione in merito.
Ciò che distingue però gli atti persecutori è che la reiterazione delle minacce e molestie della vittima debba causare in essa un perdurante stato di grave ansia e paura, di timore della propria incolumità e delle persone vicine e nel cambiamento delle abitudini di vita.
In buona sostanza è proprio questo a tipizzare il reato di stalking e a porlo al riparo da pronunce di anticostituzionalità.
Anche se, ad onor del vero, la norma de quo continua a peccare di determinatezza ed i dubbi di costituzionalità non vengono meno.
Il grave stato perdurante di ansia e paura resta comunque un evento psichico difficilmente dimostrabile.

Il grave stato perdurante di ansia e paura resta comunque un evento psichico difficilmente dimostrabile.
L’elemento soggettivo del reato farebbe la differenza e cioè quelle condotte orientate da parte dell’autore del reato a cagionare l’evento.
Siamo innanzi ad un delitto a dolo generico. Difatti appare opportuno rammentare che ai sensi dell’articolo 43 comma 1 del Codice Penale “è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, che è il risultato dell’azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l’esistenza del delitto, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione”.
Infatti secondo la nozione di dolo generico il soggetto deve avere coscienza e volontà di porre in essere il reato, ossia di realizzarne gli elementi costitutivi.
Quindi deve sussistere una netta corrispondenza tra ciò l’agente vuole e ciò che in effetti realizza.
La violenza sulle donne ed il femminicidio può essere collegato agli atti persecutori?
La violenza sulle donne ed il femminicidio sono strettamente collegati al reato di stalking ed anzi si può sicuramente parlare di degenerazione del reato, quando appunto la vittima chiede aiuto e non riceve tutela può spesso accadere che gli atti persecutori degenerino in atti ben più gravi sino all’omicidio della vittima.
Quando il mezzo attraverso cui viene posto in essere è la tecnologia informatica siamo di fronte al cyberstalking. Che differenza abbiamo tra lo stalking face to face e quello online?
E’ quella forma di persecuzione attuata attraverso l’utilizzo delle moderne tecnologie informatiche, in forma molesta ed assillante ai danni della vittima prescelta.
Le moderne tecnologie offrono al cyberstalker enormi possibilità di attacco della vittima e soprattutto la possibilità di raggiungerla ovunque essa si trovi ed anche senza un effettivo contatto fisico, attraverso l’utilizzo di Sms, email, messaggi WhatsApp o post sui social.
Non da meno questa forma di stalking si accompagna spesso anche al Cybercrime attraverso l’utilizzo di tecniche informatiche atte a carpire le informazioni della vittima, a prendere il controllo del telefono cellulare o del computer della stessa vittima, attraverso l’installazione di specifici programmi come trojan, malware o backdoor per il controllo remoto della vittima.
Da quanto appena detto si comprende come il cyberstalking sia una forma piuttosto complessa ed invasiva per la privacy di atti persecutori che spesso si accompagna ad ulteriori e più gravi reati.
Basti pensare al furto d’identità, alla diffamazione online attraverso la pubblicazione di post sui social o informazioni o video attinenti alla vita privata della vittima piuttosto compromettenti al fine di distruggerne la reputazione, di molestarla in modo permanente e reiterato.
Deve necessariamente essere ribadito che anche attraverso delle moderne tecnologie per avere la connotazione di cyberstaking i presunti atti persecutori devono necessariamente causare un perdurante stato di ansia e di paura, un fondato timore, una alterazione delle proprie abitudini di vita.
Pertanto, non risultano rilevanti gli atti del cyberstalker se non risutano connotati dai tre eventi di danno summenzionati.
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