Stati Uniti: il blocco della vendita di US Steel a Nippon Steel conferma la politica protezionista

Di Giuseppe Gagliano 

WASHINGTON. La recente decisione dell’Amministrazione americana di bloccare la vendita di US Steel al gigante giapponese Nippon Steel per ragioni di sicurezza nazionale rappresenta un esempio emblematico della politica protezionista e dell’uso del Golden Power inaugurati sotto la presidenza di Donald Trump e sorprendentemente confermati da Joe Biden.

Un’immagine di uno stabilimento siderurgico dell’US Steel

Questa misura, che ha interrotto un’operazione valutata circa 15 miliardi di dollari, evidenzia le crescenti tensioni legate al controllo degli asset strategici e l’importanza della sovranità economica negli Stati Uniti.

Il Golden Power come strumento di protezione nazionale

Il Golden Power è un meccanismo che consente ai governi di intervenire per bloccare o condizionare l’acquisizione di imprese considerate strategiche, al fine di proteggere gli interessi nazionali in settori chiave come la difesa, l’energia e l’industria pesante.

Negli Stati Uniti, questo strumento è stato ampiamente utilizzato durante la presidenza Trump, giustificato dalla necessità di preservare la sicurezza nazionale e l’autosufficienza economica.

Nel caso di US Steel, il Golden Power è stato impiegato per impedire che uno degli ultimi grandi produttori siderurgici americani passasse sotto il controllo giapponese.

La siderurgia, settore cruciale per l’industria automobilistica, le infrastrutture e la difesa, è stata definita da Trump come un pilastro fondamentale della sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Trump e Biden

La politica protezionista di Trump e la continuità di Biden

Donald Trump ha costruito gran parte della sua agenda economica su politiche protezioniste, imponendo dazi e barriere per contrastare le pratiche commerciali ritenute sleali di paesi come Cina e Giappone.

Durante il suo mandato, Trump ha aumentato notevolmente i dazi sull’acciaio importato, triplicandoli per le importazioni dalla Cina, con l’obiettivo dichiarato di proteggere i posti di lavoro americani e sostenere un’industria siderurgica nazionale in difficoltà.

La decisione di Biden di bloccare la vendita di US Steel a Nippon Steel segue questa stessa linea: il presidente democratico ha motivato la scelta con la necessità di preservare l’autonomia industriale e contrastare il dumping sui mercati globali.

Implicazioni economiche e politiche

Il blocco della vendita ha suscitato reazioni contrastanti.

Da un lato, il sindacato United Steelworkers ha accolto favorevolmente la decisione, lodando l’impegno di Biden a favore dell’industria americana.

Dall’altro, i mercati finanziari hanno reagito negativamente, con un calo del 5% del titolo di US Steel, alimentando i timori degli investitori sul futuro dell’azienda e sull’attrattività del mercato statunitense per gli investitori stranieri.

Inoltre, Nippon Steel potrebbe intraprendere azioni legali contro il governo americano per contestare le modalità di blocco dell’accordo. Ciò potrebbe aprire un nuovo fronte di tensione commerciale tra Stati Uniti e Giappone, con possibili ripercussioni su altri partenariati industriali.

Un precedente pericoloso?

La decisione di interrompere l’operazione con Nippon Steel manda un messaggio chiaro: gli Stati Uniti non sono disposti a cedere il controllo di settori strategici a paesi stranieri, anche a costo di danneggiare le relazioni con alleati storici come il Giappone. Tuttavia, esiste il rischio che questa scelta venga percepita come una misura eccessivamente protezionista, capace di scoraggiare futuri investimenti nel Paese.

Il logo della Nippon Steel

 

In un contesto di competizione globale sempre più intensa, soprattutto con la Cina, il protezionismo potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio. I grandi investitori globali, come Blackrock e Vanguard, potrebbero decidere di spostare i loro capitali verso mercati più aperti, indebolendo ulteriormente la competitività dell’industria americana.

La guerra economica come strumento di potere

Il blocco della vendita di US Steel a Nippon Steel riflette le teorie della Scuola di guerra economica di Parigi, secondo cui le economie avanzate, come quella statunitense, utilizzano strumenti economici per rafforzare il proprio potere geopolitico. In questo caso, impedire che un’azienda strategica finisca sotto il controllo di attori stranieri è una forma di difesa attiva: preservare il controllo su settori essenziali per la sicurezza nazionale, come la siderurgia.

L’acciaio, infatti, non è solo un materiale industriale, ma una risorsa critica per infrastrutture, industria automobilistica e, soprattutto, per la difesa militare.

Secondo la Scuola di Guerra economica, questi settori rappresentano “asset strategici” che ogni stato deve proteggere per evitare vulnerabilità in tempi di crisi.

Golden Power e sovranità economica

L’uso del Golden Power negli Stati Uniti è perfettamente coerente con la teoria della guerra economica: uno strumento per esercitare sovranità economica. In un’epoca in cui gli scambi globali sono dominati da logiche di competizione geopolitica, preservare l’autonomia decisionale e ridurre la dipendenza da attori stranieri è cruciale.

Bloccare l’acquisizione di US Steel significa evitare che un’azienda straniera, anche proveniente da un paese alleato come il Giappone, ottenga accesso a tecnologie, competenze e mercati cruciali per gli Stati Uniti. Questa visione è profondamente radicata nella strategia economica americana, che punta al “decoupling” delle catene del valore critiche dai paesi considerati concorrenti.

Il blocco della vendita di US Steel rappresenta una conferma pratica della visione della Scuola di guerra economica: gli Stati Uniti considerano l’economia non solo come uno strumento di crescita, ma come un pilastro fondamentale per rafforzare la sicurezza nazionale e il loro potere globale. In un mondo sempre più frammentato e competitivo, questa strategia sottolinea come la guerra economica sia diventata una dimensione imprescindibile delle relazioni internazionali.

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