Stati Uniti-Messico, confronto sempre più duro. Permane la diffidenza di Trump nel trovare una soluzione definitiva alle migrazioni

Washington. Tra gli Stati Uniti ed il Messico nascono i primi dissensi sull’accordo raggiunto, venerdì scorso, a Washington.

L’incontro tra Mike Pompeo e Andre Manuel Lopez Obrador

Le due delegazioni hanno dato versioni differenti di questo summit di tre giorni, fortemente dibattuto fino all’ultimo minuto.

Dopo la minaccia degli USA di imporre onerosi e progressivi dazi per miliardi di dollari su numerose esportazioni messicane, emerge la tregua sul principale tema dibattuto: come fermare la immigrazione illegale negli Stati Uniti.

Per il momento si disinnescano le chiare e non poche preoccupazioni su due lati del confine USA-Messico, specie sul mercato dell’automobile.

Mike Pompeo, Segretario di Stato americano, a capo della delegazione in questa trattativa, ha insistito affinché il Messico diventasse “Paese terzo sicuro” per i richiedenti asilo, impedendo in questo modo che i migranti centroamericani possano viaggiare verso gli USA.

In passato la medesima richiesta è stata ripetutamente respinta dal Governo di Città del Messico.

Ora, per la prima volta, il Presidente Andre Manuel Lopez Obrador, non ne esclude la possibilità pur dichiarandosi contrario a tale provvedimento.

Il Presidente Andre Manuel Lopez Obrador

In questo momento, egli è stretto tra interessi economici e politici, interni ed esterni, di non poco conto. Recentemente, il 1° dicembre 2018, Obrador è stato eletto alla suprema carica dello Stato, come candidato del Partito della Rivoluzione Democratica, con un programma di sinistra, ambientalista e note di terzomondismo.

Il contrasto agli immigrati, anche se clandestini, potrebbe avere un effetto nocivo sulla stabilità del proprio governo, sostenuto anche dalle forze della sinistra più radicale e ideologicamente ispirate.

L’applicazione dei dazi renderebbe ancora più problematico l’Accordo di Libero Scambio (UMSCA), firmato nel 2018 tra Messico, USA e Canada, che , però, deve essere ancora pienamente ratificato dai parlamenti di ognuno dei tre firmatari.

Sullo sfondo permane la diffidenza di Donald Trump, Presidente statunitense, che, al suo rientro dall’Europa, in uno dei suoi celebri twitter, ha annunciato l’esistenza di protocolli segreti, stabiliti in questo accordo, che dimostrerebbero vantaggi ancora maggiori ottenuti dal Messico.

Immediata la replica di Marcelo Ebrard, ministro degli Esteri messicano e partner negoziale di Pompeo nei tre giorni di Washington, il quale ha negato ogni forma di accordi segreti.

Marcelo Ebrard, ministro degli Esteri messicano

Di per sé, non ci sarebbe da meravigliarsi più di tanto: dalla antichità ad oggi la diplomazia utilizza protocolli e conciliazioni, sia palesi che riservati. La storia reale degli eventi e le azioni dei protagonisti, grandi o piccoli che siano, vengono alla luce dopo decenni, e talvolta dopo secoli.

L’accordo è già attivo per l’aumento cospicuo dei pattugliamenti e l’arresto dei migranti alla frontiera meridionale e lungo il tragitto più trafficato, lungo la risalita del Messico verso gli Stati Uniti.

Affinché fosse chiara la determinazione americana, Mike Pompeo ha dichiarato che gli organi di frontiera giudicheranno, giorno per giorno e per 45 giorni, l’applicazione dell’accordo da parte messicana.

Egli ha sottolineato che, in caso d’inadempienza, verranno immediatamente applicati i dazi alle merci messicane.

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