Storia: la Questione fiumana e il Partito Autonomo di Riccardo Zanella. La lotta per la libertà e l’autoderminazione di un popolo

ROMA. La storia del Partito Autonomo fiumano dalla sua costituzione fino al termine della Seconda Guerra mondiale è stata al centro di una conferenza tenutasi a Roma.

La giornata di studio, organizzata online dal Comitato dell’ANVGD di Milano, e condotta da Anna Maria Crasti ha visto la partecipazione di Marino Micich (direttore dell’Archivio Museo storico di Fiume).

In particolare, è stata fatta nuova luce sulla figura di Riccardo Zanella e gli autonomisti di Fiume, difensori della pace e della libertà che con grande coraggio si batterono per l’autodeterminazione del popolo fiumano.

Riccardo Zanella

La conferenza è stata suddivisa in due parti.

La prima ha anilizzato la Questione fiumana dopo la Prima guerra mondiale. Si è discusso del Partito Autonomo di Fiume, degli inizi e della fine dello Stato Libero di Fiume.

Nel lungo periodo che intercorse dalla fine della Grande Guerra (1915-1918) fino alla formazione dello Stato libero di Fiume (1920) con a capo Riccardo Zanella, sorse e si sviluppò tra Italia e Jugoslavia la Questione fiumana.

“Ancor prima che il conflitto mondiale finisse ufficialmente e si giungesse all’armistizio tra Italia e Austria-Ungheria, firmato il 3 novembre a Villa Giusti – ha spiegato Marino Micich – il 30 ottobre 1918 il Consiglio Nazionale Italiano di Fiume, presieduto dal patriota fiumano irredentista Antonio Grossich, proclamò plebiscitariamente l’annessione di Fiume al Regno d’Italia. La decisione degli italiani di Fiume aveva un peso notevole, in quanto non solo costituivano il 65% della popolazione della città quarnerina (contro il 22% di croati e sloveni, il resto della popolazione era costituito da ungheresi, austriaci ed ebrei), ma essi avevano semplicemente dato seguito a uno dei 14 punti del Presidente americano Wilson che prevedeva nel corso dello sfaldamento dell’Austria-Ungheria l’autodeterminazione dei popoli”.

L’armistizio di Villa Giusti

Non tutti gli italiani di Fiume erano comunque convinti di tale decisione, tra questi soprattutto gli autonomisti di Riccardo Zanella i quali forse intravvedevano già le difficoltà, a livello internazionale, di un eventuale riconoscimento all’Italia della loro città.

“Difatti – ha aggiunto Micich – inglesi e francesi, che temevano un eccessivo ampliamento in Adriatico orientale dell’Italia, favorirono qualche tempo prima dal termine delle ostilità, la creazione di uno Stato slavo del Sud: la futura Jugoslavia”.

L’Italia era entrata nel conflitto stipulando il Patto segreto di Londra il 26 aprile 1915 e chiedendo in caso di vittoria il Trentino, Trieste, l’Istria e una parte di Dalmazia ma non la città di Fiume.

Questa clausola finale fu puntualmente impugnata da parte jugoslava e sostenuta dai Governi di Londra e Parigi.

“In Italia – ha proseguito il direttore del Museo  – la corrente irredentista protestò vivacemente contro le pretese da parte croato-jugoslava che non si fermavano su Fiume ma su tutta la Dalmazia, compresa la città di Zara dove la popolazione in maggioranza era italiana. I croati che avevano combattuto il conflitto mondiale con le armate austroungariche e quindi erano gli sconfitti confidavano sul regnante serbo, che figurava tra i vincitori, dare concretezza alle loro spropositate rivendicazioni territoriali”.

L’IMPRESA DI D’ANNUNZIO

Di conseguenza sorse l’Impresa dannunziana di Fiume (12 settembre 1919) e in quel periodo salirono le quotazioni del movimento autonomista zanelliano.

“Ricordo –  ha spiegato Micich – che il Partito Autonomista di Fiume aveva una lunga tradizione essendosi costituito già nel 1895 con primo presidente Michele Maylender. Ad un certo punto il Governo italiano presieduto da Giovanni Giolitti, stipulò il 12 settembre 1920 il Trattato di Rapallo con la Jugoslavia, tramite il quale venne stabilito il nuovo confine e la costituzione di Fiume in Stato Libero e quindi indipendente. Il compromesso tra i Governi italiano e belgradese non piacque certo ai dannunziani né a una grande parte dell’opinione pubblica italiana. Tuttavia Zanella vinse il referendum indetto nell’aprile 1921 e gli autonomisti ebbero la meglio sugli annessionisti”.

Lo Stato Libero di Fiume non durò molto.

Il 3 marzo 1922 un gruppo armato di fascisti giunti da Trieste insieme ad ex legionari dannunziani attaccarono il Palazzo del Governo e dopo una dura giornata di scontri, gli zanelliani dovettero alzare bandiera bianca e fuggire da Fiume.

Negli scontri morirono 3 militi annessionisti e 3 guardie zanelliane, oltre un centinaio furono i feriti.

Il 28 ottobre 1922 il fascismo va al potere. E si giunse dopo la firma del Patto di Roma tra Benito Mussolini e il plenipotenziario jugoslavo, all’annessione di Fiume al Regno d’Italia il 27 gennaio 1924.

La prima pagina della Vedetta d’Italia

Alla Jugoslavia fu riconosciuta la sovranità sul delta del fiume Eneo, compreso il borgo di Porto Baross, e sull’estremo territorio settentrionale del distretto fiumano.

Mentre al nostro Paese, la sovranità sul centro storico di Fiume, e sulla striscia di territorio che garantiva la continuità territoriale della città con la madrepatria.

La delineazione dei confini precisi fu rimessa ad una commissione mista, le cui determinazioni furono ratificate con la Convenzione di Nettuno del 20 luglio 1925.

Fiume diventò dunque città e capoluogo di provincia italiano fino alla Seconda Guerra mondiale.

E così Zanella fu tagliato fuori dalle decisioni politico-diplomatiche e non tornò più a Fiume.

E con lui anche il suo partito finì.

LA SECONDA GUERRA MONDIALE E LA RINASCITA DEL MOVIMENTO AUTONOMISTA DI ZANELLA

La seconda parte della conferenza ha poi esaminato la questione partendo dai fatti post 8 settembre 1943. Con la proclamazione dell’armistizio da parte italiana, Fiume si ritrovò sotto il controllo militare e amministrativo germanico che instaurò la Zona del Litorale Adriatico.

Dall’autunno 1943 fino al maggio 1945 sorsero a Fiume alcuni movimenti autonomisti per cercare di stabilire una soluzione di compromesso adatta alla storia secolare della città.

Una città che, da sempre, è stato un florido crocevia di popoli e culture in cui la convivenza della sua popolazione plurietnica ed era da sempre considerata un modello per le altri parti d’Europa.

“Tali movimenti autonomisti – ha evidenziato ancora Marino Micich – deploravano la politica nazionalista e le leggi razziste emanate sotto il fascismo, ma non erano concordi ad accettare le aspirazioni sulla città del Movimento partigiano jugoslavo guidato da Tito”.

Gli autonomisti zanelliani erano, rispetto alla “Confederazione liburnica” e al FAI (Fiume Autonoma italiana), il movimento politico “più organizzato in città e che poteva contare su una gran parte della popolazione fiumana, nonché su un certo appoggio internazionale: in quanto lo Stato Libero di Fiume era stato abbattuto nel 1922 da un colpo di mano fascista”.

Gli autonomisti zanelliani divennero agli inizi del 1945 l’obiettivo principale da eliminare secondo i progetti di annessione della Jugoslavia popolare.

Cosicché dal 3 maggio 1945, giorno dell’occupazione militare jugoslava della città fino al 6 maggio tutti gli esponenti autonomisti più importanti vennero assassinati dalla polizia segreta jugoslava: l’Ozna (Sezione per la Difesa del popolo).

“Ad essere eliminati – ha ricordato il direttore del Museo – furono Mario Blasich, Nevio Skull, Radislao Baucer e Giovanni Sincich. Nonostante la difficile situazione e il terrore imposto dal regime comunista un gruppo di giovani autonomisti rimase ancora attivo confidando nelle trattative di pace che erano in corso a Parigi a partire dal gennaio 1946”.

Dopo varie delazioni giunte anche da parte degli italiani comunisti di Fiume questo gruppo composto da Carlo Visinko, Erberto Lenski, Emiro Fantini, Artemio Crespi, Alfredo Polonio Balbi e altri fu messo fuori gioco.

Insieme agli autonomisti zanelliani furono perseguitati e arrestati anche un gruppo di cristiano-popolari coordinati da padre Nestore che confidavano in Don Luigi Sturzo.

Un altro gruppo denominato Maltauro fu sciolto ugualmente con la violenza da parte jugoslava e si suoi esponenti inviati al carcere duro in Slovenia e in altre località della Croazia.

Riccardo Zanella che si trovava dal maggio 1945 a Roma non riuscì ad evitare tale azione repressiva, ma ciò nonostante si batté appoggiato dal capo del Governo dell’epoca il democristiano Alcide De Gasperi, affinché ai tavoli della pace parigini fosse riconosciuta la libertà di Fiume.

Alcide De Gasperi

Ma, ha ancora spiegato Micich, “fu tutto inutile, in quanto il 10 febbraio 1947 venne siglato il Trattato di Pace di Parigi, con il quale l’Italia dovette rinunciare non solo a Fiume, ma a quasi tutta la Venezia Giulia, inclusa la città dalmata di Zara”.

Da quel momento in poi Zanella cercò, fondando l’Ufficio Fiume a Roma, con fondi governativi concessi da De Gasperi di partecipare all’assistenza dei profughi fiumani sparsi nei campi profughi della penisola.

Nel 1948 il vecchio capo autonomista fu sopravanzato dall’associazionismo degli esuli fiumani riunitisi in Leghe che aderirono poi all’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia.

Gli ultimi anni di Zanella, profugo nella “Caserma Lamarmora” di Roma, furono assai tristi e passati in grande solitudine e vera povertà.

“La figura di Zanella venne rivalutata solo nel 1995 – ha ricordato Micich – dalla Società di Studi Fiumani con un Convegno internazionale organizzato a Trieste e poi con una biografia scritta da Amleto Ballarini. A Fiume (Rijeka), nel 2004 è sorta l’Associazione dello Stato Libero di Fiume ispirata a Zanella”.

Si tratta di sodalizio composto da croati e italiani di Fiume che intende rivalutare la storia e i valori dell’autonomia fiumana.

Qualche anno questa associazione è riuscita a far intitolare una piazza di Fiume a Riccardo Zanella, il vecchio capo autonomista morto in esilio e per lungo tempo dimenticato da tutti.

La stessa Associazione ha organizzato, con il patrocinio del Comune di Fiume-Rijeka e con la collaborazione della Fondazione Coppieters e della Società di Studi Fiumani presieduta da Giovanni Stelli, in occasione del centenario della nascita dello Stato Libero di Fiume (1920-2020) un grande Convegno internazionale di studi storici che ha avuto pieno successo e interesse da parte dei media.

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