Studi Strategici: alunni francesi si formano ad una nuova scuola dedicata al mondo “war”

Di Valeria Fraquelli

Parigi. Cinque laboratori universitari di scienze umanistiche diventeranno centri di eccellenza. L’obiettivo è contribuire a sviluppare, nel quadro del Patto di insegnamento superiore, una scuola francese ispirata a quelle anglofone.

La questione del finanziamento ovviamente è cruciale per permettere ai laboratori di svilupparsi come centri di eccellenza, le università si fanno una guerra di nervi per beneficiare di questo marchio eccellenza. Ciascuna delle più importanti, Parigi I, Parigi 8, Bordeaux, Grenoble e Lione III, vanno a beneficiare di un contratto di cinque anni per assumere un giovane ricercatore incaricato di condurre  il progetto (60.000€ ad ogni ricercatore per anno). In cambio, queste università devono ” contribuire alla costruzione di una trafila studi strategici in Francia” : si tratta, secondo il DGRIS, di istituzionalizzare i legami tra ministeri della Difesa e mondo della ricerca, ” ispirandosi ai War Studies anglosassoni, per attirare i migliori talenti verso questo campo di ricerca”.

I ricercatori, particolarmente giovani, che si interessano allo studio delle guerre, sono rimasti senza una sede propria per molto tempo in Francia. E’ anche per raggruppare le energie che parecchi di essi hanno lanciato l’associazione per gli studi sulla guerra e la strategia (AEGES). Luogo di incontro e di costruzione di rete, questa si è imposta velocemente nel paesaggio culturale francese come un sostegno alla pubblicazione o alla comunicazione di lavori accademici di ottima qualità.

È uno dei ruoli fondamentali del Patto di insegnamento superiore: “Sviluppare e rigenerare il vivaio di ricercatori sui problematici legati alla difesa ed alla sicurezza”. Gli stabilimenti beneficiari si avviano ad associare i loro lavori dei giovani ricercatori, finanziati attraverso i contratti dedicati. Questo passo in direzione della giovane generazione ha dato anche adito nel 2017 ad un simposio ed una pubblicazione scientifica dell’IRSEM che la mobilita come “cambio strategico”, con i panels esclusivamente costituiti di dottorandi e di giovani ricercatori.

Le scienze umanistiche sono molto segnate, in Francia, per un’eredità particolarmente ostile alla guerra ed all’uso della forza. Alcuni dei grandi autori come Auguste Comte o Emille Durckeim si sono tuttavia interessati al problema: quest’ultimo, del resto, ha trasmesso largamente l’idea secondo la quale la guerra era solamente una patologia dell’umanità alle seguenti generazioni che, presto o tardi, sarebbero riuscite a curare.
“Gli orrori del secondo conflitto mondiale, poi le tensioni che si sono respirate durante tutta la Guerra Fredda e le guerre coloniali non hanno contribuito a rendere queste tematiche popolari tra gli autori di prima fila in seno alla corrente generalista dominante”, scrive Bernard Boëne, vecchio direttore dell’insegnamento all’accademia militare di Saint-Cyr. ” Il periodo che va di 1950 al 1980 vede emergere teorie pro e contro il marxismo, un numero di programmi di ricerca strutturata che coltivano l’oblio, o il diniego, della guerra, degli eserciti e della coercizione fisica”.

La Scuola Militare Saint Cyr nel cinquantenario della fondazione

Lo studio della guerra è segnato anche da una difficoltà metodologica: è fondamentalmente pluri-disciplinare. Si nutre di storia, di scienze politiche, di relazioni internazionali, di geografia, di economia, di sociologia, di antropologia difatti o ancora di scienze della notizia e della comunicazione. In Francia, il lavoro pluri-disciplinare è difficile da sviluppare nei laboratori: molti ricercatori preferiscono preservare ancora le frontiere tra i differenti campi di ricerca, ciascuno che ha i suoi propri riferimenti teorici.

I ricercatori francesi da lungo tempo che sognavano di proseguire i loro lavori sulla guerra hanno lavorato intensamente per i think tank e per le università anglosassoni. Dal Regno Unito agli Stati Uniti, non solo i War Studies sono valorizzati, ma i ricercatori operativi si interessano da vicino. Nei grandi simposi e nelle riviste scientifiche, non è così raro di ritrovarsi tanto bene con i giornalisti più famosi o al microfono degli scienziati che gli attori dei conflitti che riflettono insieme. È ciò che ha ispirato il passo intrapreso dal Ministro della Difesa francese.

Ma ecco la partenza di un altro dibattito, etico questo: a partire da quando il ricercatore deve prendere le distanze dai militari? Da una sponda all’altra dell’Atlantico, non è raro che gli accademici portino l’uniforme in quanto riservisti. Ma è ancora l’altra estremità del mondo, vista dai laboratori francesi.

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