Di Fabrizio Scarinci
Madrid. Nella giornata di ieri si è ufficialmente concluso il Summit NATO 2022 di Madrid, nel corso del quale i leader dei 30 Paesi membri dell’Alleanza hanno approvato il suo nuovo Concetto Strategico.
Ciò che ne esce è una NATO profondamente diversa rispetto a quella degli ultimi decenni, che torna definitivamente a focalizzarsi sulle dinamiche tipiche della competizione tra potenze.
Dalle varie dichiarazioni relative all’incontro emerge, infatti, piuttosto chiaramente come le maggiori preoccupazioni dell’Alleanza siano oggi date dal “revanchismo” di Mosca, che avendo attaccato l’Ucraina anche con l’obbiettivo di dare una spallata alle credibilità delle Istituzioni euro-atlantiche rappresenta, secondo il Segretario Generale Jens Stoltenberg, la “minaccia più significativa e diretta alla pace nella regione”, e dalle mire egemoniche di Pechino nello scacchiere Indo-pacifico, che vengono ormai viste non più come un problema riguardante quasi solamente Washington e suoi alleati orientali, ma come un tema su cui tutto il mondo occidentale dovrà inevitabilmente porre maggiore attenzione nel corso degli anni a venire.
Tra i maggiori effetti pratici che questo nuovo Concetto Strategico comporterà sullo scacchiere europeo figurano un significativo incremento numerico della Forza di Reazione Rapida (che verrà portata dagli attuali 40.000 uomini a circa 300.000), un consistente aumento delle forze dislocate in Europa orientale e la creazione di un meccanismo volto ad assegnare preventivamente alcuni segmenti del dispositivo militare della NATO alla difesa degli alleati maggiormente esposti alle minacce, che ospiteranno esercitazioni congiunte e rischieramenti rotativi finalizzati a migliorare la conoscenza dei loro territori da parte dei militari dell’Alleanza.
Nell’ambito di questo imminente processo di rafforzamento, il ruolo più importante sarà verosimilmente giocato (almeno in una fase iniziale) dagli Stati Uniti, che, per bocca dello stesso Presidente Joe Biden, hanno annunciato alcune importanti misure volte ad accrescere la loro presenza militare sul continente europeo.
Tra esse figurano, in modo particolare, la creazione in Polonia di un Quartier Generale permanente del Quinto Corpo d’Armata dello US Army, lo schieramento di un’ulteriore brigata in Europa orientale, l’arrivo di due ulteriori squadron di F 35 dell’USAF nel Regno Unito, il dispiegamento di sistemi di difesa anti-aerea in Italia e in Germania e la decisione di portare da quattro a sei i cacciatorpediniere dedicati alla difesa antimissile di stanza nella base spagnola di Rota.
Nelle ore del vertice si è ovviamente parlato moltissimo anche della situazione vissuta sul campo dalle Forze Armate ucraine, per le quali sono stati predisposti ulteriori aiuti militari e un Comprehensive Assistance Package rafforzato attraverso cui potranno ricevere sistemi per le comunicazioni sicure, equipaggiamenti per far fronte a minacce di tipo NRBC, scorte di carburante e sistemi anti-drone.
A tenere banco anche la questione inerente l’ingresso nella NATO di Svezia e Finlandia, che dal momento della loro richiesta di adesione (avvenuta circa un paio di mesi fa come risposta alla rinnovata aggressività da Mosca) hanno dovuto fare i conti per diverse settimane con l’opposizione di un governo turco deciso ad approfittare della vicenda al fine “chiarire” alcuni punti di suo interesse ed ottenere qualche concreta contropartita.
Alla fine la questione è stata risolta, ma non prima che Ankara riuscisse a “strappare” ai suoi interlocutori la firma di un memorandum che impegna Stoccolma ed Helsinki a riconoscere il PKK come un’organizzazione terroristica, ad estradare in Turchia tutti i membri di tale movimento presenti sui loro territori e a far cessare ogni forma di sostegno politico, economico e umanitario nei confronti delle varie organizzazioni politico-militari curde e del movimento guidato dal rivale di Erdogan in esilio Fethullah Gulen, senza contare, poi, il via libera della Casa Bianca alla vendita di 40 F 16 V Block 70/72 di ultima generazione (su cui i turchi hanno ripiegato in seguito alla loro estromissione dal programma JSF) e all’aggiornamento a tale standard di altri 80 Fighting Falcon più anziani già in servizio con la THK.
Una certa attenzione è stata, poi, dedicata anche al cosiddetto “fianco sud”, dove Sahel, Nord-Africa e Medio-Oriente, già fonte di diversi problemi derivanti dalla loro cronica instabilità, sono progressivamente divenuti oggetto delle mire di Mosca e Pechino, che, oltre ad essere sempre più presenti in tali regioni si stanno anche mostrando in grado di influenzare i loro processi politici ai danni dei Paesi occidentali.
Particolarmente soddisfatto di questo interesse è apparso il nostro ministro della Difesa Lorenzo Guerini, che ha dichiarato come in questo Summit si sia finalmente fatto riferimento ad una “NATO a 360 gradi” capace di impegnarsi in ognuna delle aree fondamentali per la sicurezza dei suoi membri, che includono certamente anche il cosiddetto “Mediterraneo allargato”.
Per quanto riguarda, invece, le reazioni di Mosca e Pechino alle decisioni prese a Madrid, se i cinesi descrivono la NATO come un’Organizzazione intenta a destabilizzare l’Asia, esortando i suoi leader a “smetterla di farsi nemici”, il Presidente russo Vladimir Putin ha parlato di un’Occidente mosso da ambizioni imperiali ed intenzionato ad affermare la propria supremazia attraverso il conflitto ucraino, aggiungendo che il governo da lui guidato intende rispondere in modo proporzionato a qualsiasi rischieramento di forze NATO sui territori di Svezia e Finlandia.
Sebbene risultino piuttosto aggressive nei toni, tali affermazioni non fanno, però, altro che sottolineare la relativa impotenza di Mosca rispetto alle dinamiche politico-diplomatiche del continente europeo, dove, dall’inizio della crisi ucraina la leadership russa è risultata incapace sia di evitare il sonoro schiaffo comportato dall’ingresso di Helsinki e Stoccolma all’interno dell’Alleanza Atlantica (che si troverà, quindi, a controllare l’intero Mar Baltico, eccezion fatta per le aree di Kaliningrad e San Pietroburgo), sia di fare breccia in modo significativo tra le varie (e ben note) divisioni interne che pure caratterizzano il contesto della NATO.
Tuttavia, se la scarsa capacità del Cremlino di influenzare le nostre scelte a livello politico e diplomatico rappresenta sicuramente un fatto positivo, bisogna anche sottolineare come, alla luce delle dinamiche appena descritte, si potrebbe presto assistere ad un forte incremento della collaborazione tra Russia e Cina in funzione anti-occidentale; cosa che, quantunque possa apparire gravida di rischi in primis per la stessa Mosca, senz’altro, non rappresenta una bella notizia neanche per noi.
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