Taiwan: la Cina mostra i muscoli ma un’invasione dell’isola sarebbe troppo rischiosa

Di Fabrizio Scarinci

Taipei. Le violazioni dello spazio aereo di Taiwan da parte dell’aeronautica cinese sembrerebbero essere in costante aumento. Dopo i 38 aerei inviati il primo ottobre e i 39 del giorno successivo, anche nel corso della giornata di ieri la “People Liberation Army Air Force” avrebbe condotto (impiegando, secondo alcune fonti, addirittura 52 velivoli) diverse incursioni all’interno della Zona di Identificazione della Difesa Aerea del Paese.

Stando alle informazioni rilasciate dal Ministero della Difesa taiwanese, nell’ambito di tali azioni Pechino avrebbe utilizzato svariate decine di caccia multiruolo di quarta generazione Shenyang J 16 (versione avanzata del caccia da superiorità aerea J 11, derivato a sua volta dal Sukhoi Su 27 di origine sovietica), diversi Sukhoi Su 30, alcuni bombardieri a lungo raggio Xian H 6 (derivati dal sovietico Tupolev Tu 16 Badger), qualche AWACS KJ 500 e almeno un velivolo ASW di tipo Y8, che le Forze Armate di Taipei avrebbero fronteggiato mettendo in stato di allerta i propri sistemi di difesa anti-aerea e i propri jet da combattimento (alcuni dei quali sarebbero anche decollati in più di un’occasione).

Un caccia multiruolo J 16, da notare la straordinaria somiglianza con i velivoli russi della “famiglia dei Flankers”

Attuate essenzialmente a scopo intimidatorio, per Taipei queste incursioni non sono certo una novità. Nel corso delle ultime settimane, però, l’atteggiamento della Repubblica Popolare nei confronti della Repubblica di Cina (questo il nome ufficiale di Taiwan, che, pur essendo pienamente indipendente, viene considerata da Pechino una provincia ribelle) si sarebbe fatto sempre più aggressivo.

Se da un lato, tale atteggiamento sembrerebbe essere la risposta dei vertici politico-militari cinesi alla nascita del nuovo partenariato AUKUS (con cui gli USA e i loro alleati più stretti confermano la propria volontà di collaborare al fine di frenare le ambizioni di Pechino nella regione dell’Indo-Pacifico), dall’altro, potrebbe anche essere un modo di offrire una dimostrazione di forza ai propri vicini approfittando di un momento in cui gli Stati Uniti sembrerebbero alle prese con alcune difficoltà.

Un bombardiere H6 in volo

In ogni caso, però, è molto difficile che l’attuale livello di tensione generatosi attorno al territorio taiwanese possa costituire il preludio di un’invasione o di qualche azione militare più ampia.

Taipei rappresenta, infatti, un tassello fondamentale della strategia con cui Washington mira a contenere le ambizioni oceaniche di Pechino, e la classe dirigente della Repubblica Popolare non può non essere conscia del fatto che, nel caso in cui l’isola venisse invasa (operazione, peraltro, neanche troppo facile da compiere, date le non trascurabili capacità militari di Taiwan), ben difficilmente gli Stati Uniti lascerebbero il campo ai propri avversari come accaduto in Afghanistan.

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