Thailandia e Stati Uniti: la guerra segreta sui cieli della Russia

Di Giuseppe Gagliano*

WASHINGTON D.C. Dietro la facciata della cooperazione internazionale si nasconde un conflitto economico e strategico che attraversa i continenti.

Gli Stati Uniti hanno avviato un’inchiesta su una rete di società e intermediari che, attraverso la Thailandia, avrebbe aggirato le sanzioni imposte contro la Russia per continuare a fornire pezzi di ricambio e servizi di manutenzione all’aviazione civile russa.

Una vicenda che svela il lato oscuro della globalizzazione e le nuove rotte dell’economia di guerra.

Soldati americani e thailandesi

 

Una rete invisibile che tiene in volo gli aerei russi

Dal 2022, Washington e Bruxelles hanno vietato la vendita di componenti, software e assistenza tecnica alle compagnie aeree russe.

L’obiettivo era ridurre progressivamente la capacità operativa di Aeroflot e delle altre linee nazionali, mettendo sotto pressione il settore dei trasporti e, indirettamente, la macchina militare del Cremlino.

 

Un aereo russo dell’Aeroflot

Eppure, tre anni dopo, la flotta russa continua a volare.

Il motivo è l’esistenza di una complessa rete di intermediari, con ramificazioni che vanno dagli Stati Uniti al Sud-Est asiatico.

Società statunitensi con sede in Arizona e Florida avrebbero utilizzato canali commerciali alternativi per inviare componenti aeronautici a Bangkok, dove imprese locali li rivendono o li “riparano” formalmente per poi destinarli al mercato russo.

La Thailandia è così diventata un hub chiave per l’elusione delle sanzioni, con aziende che commerciano con Russia, Myanmar e Iran sotto copertura di attività civili. I bilanci di alcuni di questi operatori, in pochi mesi, hanno registrato incrementi spettacolari, segno che l’interesse di Mosca non è episodico ma sistematico.

Come funziona il meccanismo

Il sistema si regge su un inganno contabile e logistico ben orchestrato. Componenti di aerei prodotti da Boeing o Airbus vengono esportati verso imprese di Bangkok o di Singapore come parti di manutenzione destinate a Paesi terzi.

Una volta ottenute le certificazioni e i documenti doganali, i pezzi vengono rivenduti o spediti a intermediari in Armenia, negli Emirati Arabi o in Asia Centrale, per poi raggiungere la Russia.

Le transazioni finanziarie passano per società di rappresentanza fiscale e conti bancari multipli, spesso in dollari, per confondere le autorità di controllo.

Secondo le autorità statunitensi, alcuni intermediari avrebbero ricevuto pagamenti per milioni di dollari attraverso banche americane e asiatiche. La rete, inoltre, sarebbe composta da ex tecnici dell’aviazione e consulenti legali specializzati in diritto commerciale internazionale, capaci di mascherare la destinazione finale dei prodotti.

L’obiettivo di Washington

Per gli Stati Uniti, questa indagine rappresenta un banco di prova per l’intero sistema di sanzioni.

Dopo la guerra in Ucraina, Washington ha esteso la propria giurisdizione extraterritoriale, perseguendo non solo i soggetti russi ma anche chiunque, in qualunque parte del mondo, contribuisca a sostenere l’industria aeronautica di Mosca.

Recentemente, un imprenditore dell’Ohio è stato arrestato per esportazione illegale di apparecchiature elettroniche verso la Russia.

Ora l’attenzione si concentra sulla rete asiatica, considerata molto più ampia e articolata.

La posizione ambigua di Bangkok

La Thailandia si trova in una posizione estremamente delicata.

Da un lato, il Paese ha tratto enormi benefici economici dall’arrivo di turisti e capitali russi; dall’altro, non può permettersi uno scontro frontale con Washington, che resta un partner strategico e militare di primaria importanza.

Le autorità thailandesi hanno dichiarato di cooperare con le indagini statunitensi, ma evitano di penalizzare un settore – quello della manutenzione aeronautica – che genera centinaia di milioni di dollari e migliaia di posti di lavoro.

È la dimostrazione di quanto la neutralità, nell’era delle sanzioni globali, sia una posizione sempre più fragile.

La narrativa di Mosca

Il Cremlino, dal canto suo, accusa l’Occidente di mettere a rischio la sicurezza dei voli civili.

Le Compagnie russe sostengono che le restrizioni violino le convenzioni internazionali e costringano i vettori a pratiche di emergenza.

Nelle sedi internazionali, Mosca chiede di esentare dal regime di sanzioni la manutenzione degli aerei, ma intanto si affida a fornitori “amici” e a una produzione interna di qualità inferiore.

Un esempio della nuova economia di guerra

L’inchiesta mostra come la guerra economica abbia sostituito quella militare in molti scenari. Le rotte commerciali diventano campi di battaglia, i container sostituiscono i carri armati e i codici doganali sono le nuove armi strategiche.

Gli Stati Uniti vogliono dimostrare di poter colpire ovunque si tenti di aggirare le loro regole; la Russia, invece, cerca di dimostrare che la propria rete globale di relazioni economiche non può essere spezzata.

Conclusione: una globalizzazione sotto assedio

Il caso delle forniture aeronautiche alla Russia non è solo una questione di violazioni commerciali, ma un segnale dell’evoluzione geopolitica del XXI secolo.

La globalizzazione, nata come spazio di interconnessione e libero scambio, si sta trasformando in un campo di forze contrapposte, dove ogni componente, ogni microchip e ogni motore può diventare un’arma o un simbolo di resistenza.

La Thailandia, sospesa tra l’alleanza americana e l’opportunismo economico asiatico, rappresenta oggi il nuovo volto di questa guerra silenziosa: quella in cui il potere non si misura più in missili o soldati, ma nella capacità di controllare le catene del valore che tengono in moto il mondo.

*Presidente Centro studi strategici (Cestudec)

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