Traffico di droga, il modus operandi della criminalità organizzata. Il Nord Europa Hub dell’afflusso degli stupefacenti

Roma. La fantasia criminale del narcotraffico non ha confini. Il trasporto della droga, i Paesi coinvolti, le persone che le trasportano, il modus operandi delle organizzazioni è un sistema che supera qualsiasi barriera e che impegna gli Stati e le loro Forze di Polizia a battaglie quotidiane per reprimere il traffico e arrestare i narcotrafficanti.

Report Difesa inizia, da oggi, una serie di reportage sul traffico di droga che ci porterà a Nord e al Sud dell’Italia, nella grandi città così come in quelle più piccole, nelle zone più impervie del Paese, lì dove si nascondono le coltivazioni di canapa indiana.

Ma prima di raccontarvi, nei prossimi giorni, quanto avviene sulle strade italiane vogliamo analizzare i dati ufficiali contenuti nella Relazione annuale della Direzione Centrale per i Servizi Antidroga (DCSA) del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, relativi al 2018.

Secondo quanto evidenziato dal dossier, la maggior parte della droga che viene sequestrata nel nostro Paese ha come destinazione finale i consumatori di un mercato interno.

Ma questo non è sempre del tutto vero. Ad analizzare i dati dei sequestri, emerge che l’Italia è considerata dai narcotrafficanti un Hub di transito da dove distribuire al droga verso altri Paesi.

PRODUZIONE E TRAFFICO 

Come detto, i  trafficanti usano differenti modalità per occultare il trasporto dello stupefacente.

La Guardia di Finanza di Genova apre un container dove verrà rinvenuta droga 

 

Partiamo dalle indagini che ci danno una fotografia di quello che accade, tutti i giorni, nella realtà.

Le inchieste coordinate dalla DCSA hanno confermato che la contaminazione di container imbarcati sulle navi è una modalità che i narcotrafficanti preferiscono per le tratte oceaniche.

Il rapporto sottolinea come i maggiori sequestri si siano registrati nei porti di Genova e Livorno, rispetto a quello di Gioia Tauro  (Reggio Calabria).

La Guardia di Finanza di Livorno sequestra 200 panetti di cocaina

Tutto questo indica che l’individuazione del porto prescinde “dall’area criminale di interesse e dal territorio controllato dall’organizzazione, ma avviene sulla base delle aderenze che la stessa può garantirsi, anche all’estero, nonché delle capacità logistiche, di controllo e gestione di società di trasporto merci, non solo per via marittima”.

Ma la droga viaggia anche a bordo di aerei, attraverso il trasporto  “umano”. Ovvero il viaggio viene compiuto dai cosiddetti “ovulatori” o “bodypackers”.

Alcuni ovuli che vengono ingeriti dai narcotrafficanti

Si tratta di corrieri che trasportano nel proprio corpo involucri, precedentemente ingeriti, contenenti lo stupefacente.

Oltre a questo metodo, i criminali ne hanno anche inventato un altro: il trasporto e l’occultamento di quantità di droga non superiore ai 6 chilogrammi, inserite in doppifondi di bagagli da stiva, protetti dai sistemi radiogeni e dall’olfatto delle unità cinofile.

A queste protezioni definite “meccaniche” se ne aggiungono altre che hanno a che fare con le procedure di viaggio di chi viene incaricato dalle organizzazioni criminali di trasportare il bagaglio.

Le indagini hanno scoperto che si tratta di corrieri che vengono reclutati per la maggior parte nei Paesi dell’Est Europa, tutti molto giovani. Questo consente di distogliere l’attenzione delle Forze dell’Ordine locali.

Ai trasportatori viene data una ricompensa in denaro, oltre ad una vacanza in una località turistica intermedia del viaggio di andata o ritorno dalla località di prelevamento del carico. Un modo per sviare ulteriormente l’attenzione delle Forze di Polizia.

Ogni tipo di stupefacente ha un suo mercato. Iniziamo da quello ormai più ricco: dalla cocaina.

Il mercato della cocaina si conferma il principale interesse delle organizzazioni criminali. Visto che garantisce, come viene illustrato nel rapporto della Direzione nazionale dei Servizi antidroga, “elevati margini di guadagno”, raggiungendo un bacino di consumatori sempre più vasto.

Dai principali Paesi produttori del Sud America la cocaina arriva sul mercato italiano. Ma come? Attraversa vari Stati.

Come si sa è la Colombia uno dei principali Paesi produttori di cocaina. E  mentre prima era il famigerato e conosciuto “Cartello di Medellin” che si occupava di tutti i cicli di produzione, raffinazione, trasporto e distribuzione della cocaina, oggi c’è una frammentazione orizzontale di gruppi criminali che ha consentito una ripartizione di specifiche attività, anche secondo criteri di outsourcing.

La cocaina invade le strade italiane

E così, visto che il crimine moderno ragiona in termini economici, sono arrivati i Cartelli messicani e, in particolare, quello di Sinaloa. I quali ora gestiscono traffici e controllo della produzione.

Spiegano gli esperti della DCSA che sono state messe su “forme di assistenza alla produzione di cocaina, attraverso vere e proprie attività di ingegneria agronomica attraverso le quali è stato possibile modificare geneticamente il colore della pianta della coca per renderne più difficile l’individuazione aerea e, quindi, impedirne l’eradicazione”.

Inoltre, i Cartelli messicani hanno acquisito la proprietà di numerose coltivazioni e la gestione del trasporto che avviene via terra, attraverso Panama e Honduras, nonché via mare, attraverso barche veloci che viaggiano dall’Ecuador a Panama.

Un altro importante Paese produttore di cocaina è il Perù.

La DCSA, nel quadro del rafforzamento della collaborazione investigativa a livello tecnico-operativo, il 6 settembre 2018, a Roma, ha sottoscritto un Memorandum Operativo Antidroga, proprio per favorire l’avvio di indagini antidroga e di operazioni speciali che, previ impegni tra le parti “a fornirsi reciproco supporto tecnico-logistico, si possono concretizzare, in particolare, in attività undercover e in consegne controllate transnazionali”.

Dal mondo dei Cartelli messicani alle nostre organizzazioni criminali coinvolte nel traffico.

Iniziamo da quella che, ormai, è considerata la più attiva: la ‘ndrangheta.

Si legge nel dossier DGSA: “La ‘ndrangheta è unanimemente riconosciuta, dai principali cartelli, interlocutrice ritenuta affidabile e solvente. Ha consolidato nel tempo le proprie basi logistiche e operative in numerosi Paesi europei e sudamericani, ove talvolta i propri sodali ricercati trovano appoggio per la latitanza”.

A supporto di queste parole parlano le numerose inchieste. Come la “Pollino”2, condotta dalla Squadra Mobile di Reggio Calabria, grazie alla quale si è fatto luce su un’agguerrita consorteria calabrese in grado di contare su basi logistiche dislocate nei Paesi Bassi e in Germania.

Si tratta, come evidenziano sempre dalla DGSA, di una struttura ben organizzata ed economicamente florida “dotata di una vera e propria flotta di mezzi necessari per far giungere a destinazione la cocaina”.

In questo contesto, le ‘ndrine ritenute più operative son quelle dei Pelle-Vottari, Romeo alias “Stacchi” e Giorgi “Ciceri” di San Luca (Reggio Calabria). Molti dei quali sono già da anni stabilmente residenti in Nord Europa, luoghi da dove coordinavano agevolmente grosse importazioni di cocaina dall’America Latina, senza mai allentare i rapporti con la Calabria.

Con la cattura del crotonese Marcello Battigaglia, avvenuta grazie ad indagini avviate dalla Squadra Mobile di Como che hanno localizzato il latitante, in possesso di passaporto peruviano falso.

L’uomo ricercato doveva espiare 16 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti nella Repubblica Dominicana da cui, poi, è stato estradato il 22 ottobre 2018.

Oltre alle cosche calabresi  nel traffico di cocaina anche Cosa Nostra ha ancora una sua importanza criminali. Per la mafia esso produce fiumi di soldi e porta meno rischi rispetto ad altri reati considerati tipicamente mafiosi quali, ad esempio, le estorsioni,

Rispetto alla ‘ndrangheta e alla camorra la cui emersione, si legge nel rapporto, ” ha contribuito a orientare nuovamente i principali sodalizi verso la droga, sebbene in una posizione di subalternità ad altre organizzazioni di tipo mafioso calabresi e campane, per quanto attiene le modalità di approvvigionamento nei Paesi produttori e afflusso e distribuzione sul territorio nazionale”.

L’arresto di corrieri provenienti dalla Campania, dalla Calabria o dall’estero, ne è la più recente dimostrazione.

A questo proposito si ricordano indagini quali la “Bronx”3, condotta dai Carabinieri di Siracusa, che ha consentito di disarticolare un sodalizio criminale riconducibile al clan locale Aparo-Attanasio, dedito al traffico illecito di sostanze stupefacenti, tra cui cocaina, e di appurare l’esistenza di accordi con famiglie campane per l’approvvigionamento della droga. 

Ed ancora l’arresto di un corriere campano e di due palermitani, operato dalla Squadra Mobile di Palermo che, nella circostanza, sequestrava quasi 1.500 chili di hashish e 10 di cocaina.

Per quanto riguarda la camorra, il traffico di cocaina si avvale di solidi contatti internazionali, stanziati in
vari Paesi europei, soprattutto Olanda, Spagna e in Sud America.

Dove operano affiliati che sono in stretto contatto con i trafficanti locali. E proprio grazie al supporto di questi, i clan alimentano il mercato nazionale con ingenti quantità di cocaina dal Sudamerica attraverso Olanda e Spagna dove, in parte, viene anche stoccata.

Tra le inchieste evidenziate nel dossier della Direzione antidroga troviamo l’indagine denominata “CRYPTO”4, condotta dal Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata della Guardia di Finanza (GICO) di Napoli ha permesso di disarticolare un’associazione criminale camorrista del clan “Gallo-Cavaliere” operante nell’area vesuviana e finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti che, facendo ricorso al sistema delle “puntate” (con questo sistema le organizzazioni criminali operano in una sorta di mercato borsistico della droga e investono i loro capitali facendo ricorso a broker che raccogliendo più “puntate” e quindi avendo a disposizione ingenti somme di denaro, riescono a strappare un prezzo più vantaggioso per l’acquisto dello stupefacente direttamente dai produttorisi approvvigionava sistematicamente di narcotici dall’Olanda e riforniva le locali piazze di spaccio nonché quelle dislocate in territorio pugliese.

Ad Amsterdam è stato catturato, il 20 febbraio 2018, e poi estradato in Italia, Francesco De Simone.

L’uomo era irreperibile dal 2015. L’operazione ha visto impegnato il Nucleo Investigativo Carabinieri di Torre Annunziata (Napoli).

Colpito da un ordine di cattura, doveva espiare oltre 4 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti. L’accusa era di avere svolto all’estero attività di brokeraggio finalizzata all’acquisto di droga per conto dei clan della provincia di Napoli.

Lo scenario criminale campano, con particolare riguardo a Napoli, è  caratterizzato da una spiccata frammentazione dei clan e ha registrato una preoccupante escalation di uccisioni, agguati e ferimenti. “Le tensioni – scrivono gli esperti del Viminale – si sono intensificate dopo i numerosi arresti che, con la scomparsa dei capi carismatici, hanno destabilizzato i gruppi criminali alterandone gli equilibri e gli assetti interni”.

La cocaina importata dalla camorra è destinata alle piazze di spaccio locali e di altre regioni, quali Toscana, Lazio e Puglia, dove i gruppi criminali campani operano, talvolta, in sinergia con le cosche calabresi.

Import di cocaina dalla Spagna e dall’Olanda

Nell’indagine “Gallardo”6, condotta dal Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma, è emerso che due distinte organizzazioni criminali, di origine campana e calabrese, importavano cocaina dalla Spagna e dall’Olanda, con destinazione finale Roma e provincia.

In questo panorama si inseriscono anche le organizzazioni criminali albanesi.

Esse, in questi negli ultimi anni hanno registrato un forte coinvolgimento anche nello stoccaggio della cocaina giunta nei porti olandesi e belgi, utilizzati dalle organizzazioni criminali per l’introduzione dello stupefacente in Europa.

A testimonianza di questo ricordiamo l’indagine “Nadir”7, condotta dal Comando Provinciale Carabinieri di Roma che ha consentito di disarticolare un gruppo criminale, operante nella Capitale, composto prevalentemente da albanesi, ritenuti responsabili di associazione finalizzata al traffico e spaccio anche di cocaina, importata dalla Spagna e dall’Olanda e smerciata su tutto il territorio nazionale.

Dopo la cocaina è l’eroina la droga che ha ancora uno “appeal” tra i consumatori.

L’eroina ha ancora tanti consumatori

La forte produzione di oppio ed eroina in Afghanistan degli ultimi anni ha causato, soprattutto nel Nord Europa, un significativo aumento dell’offerta dello stupefacente, spesso caratterizzato da un’alta percentuale di purezza, con pesanti ripercussioni sul piano sociale e della salute pubblica.

L’Italia è un’area di transito verso i mercati nord europei per le spedizioni marittime dalla Bulgaria, dalla Turchia e dall’Iran.

La DCSA ha avviato con questi Paesi, nonché con Albania, Macedonia del Nord, Romania, Ucraina e Uzbekistan una serie di iniziative per il rafforzamento del coordinamento investigativo.

In particolar modo, è stata raggiunta un’intesa con le Autorità turche per dare concreta attuazione alle operazioni speciali antidroga e alla possibilità di “tracciamento” dei carichi di eroina in transito sul quel territorio.

Anche con l’Iran, considerato un noto Paese di transito della maggior parte degli oppiacei, la Direzione ha avviato iniziative specifiche per aumentare la collaborazione investigativa.

La conferma dell’intensità e della qualificazione dei traffici di tale provenienza, è stato evidenziato nel dossier ministeriale  “è documentata dal sequestro, avvenuto il 17 ottobre 2018, presso il porto di Genova, da parte della Squadra Mobile del capoluogo ligure, in collaborazione con il personale dell’Agenzia delle Dogane e con il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, di 268 chili di eroina, costituente il più grosso sequestro degli ultimi 20 anni”.

L’eroina era nascosta all’interno di un container trasportato a bordo della nave “Artabaz” partita dal porto iraniano di Bandar Abbas alla volta della Turchia e dell’Europa.

Aveva toccato i porti di Amburgo, Valencia eGenova. L’indagine era nata grazie alle informazioni analizzate e trasmesse dalla Direzione Centrale al Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, il cui sviluppo ha reso necessario l’emissione di un ordine di indagine europeo, attraverso il quale è stato possibile realizzare una consegna controllata transnazionale, che ha coinvolto le Polizie svizzere, lussemburghesi, francesi, tedesche, belghe e olandesi.

Sono stati arrestati persone destinatarie del carico illecito. Anche per l’eroina il Nord-Europa si conferma il principale Hub di afflusso, giungendo sia attraverso le rotte marittime, sia attraverso la rotta balcanica la cui valenza è confermata non solo sotto il profilo geografico ma soprattutto dalla presenza, nei Paesi che attraversa, di qualificati sodalizi criminali che ne curano lo stoccaggio, il trasporto intermedio e la “sicurezza” intesa come possibilità di evitarne, mediante articolate e complesse attività elusive, l’intercettazione e il sequestro da parte delle Forze di Polizia.

Sono organizzazioni, fra le quali si evidenziano quelle serbo-montenegrine, le cui proiezioni sono state rilevate anche in Sud-America e costituiscono un obiettivo prioritario della strategia di contrasto congiunta, tesa a disarticolare i canali di approvvigionamento durante le fasi di trasporto, prima che giungano a destinazione finale.

La Direzione ha perciò avviato proficui rapporti con le Polizie dell’area balcanica che hanno consentito importanti risultati, non solo in termini di quantità sequestrate.

Sempre grazie alle indagini è stato possibile conoscere la tipologia e la costituzione delle sostanze riconducibili agli oppiacei nonché la valenza, anche in tale settore, delle organizzazioni criminali nigeriane.

La Squadra Mobile di Venezia nel corso dell’indagine “Pusher Niger San Michele”,  ha documentato le attività illecite di un’organizzazione criminale nigeriana nell’importazione e distribuzione al minuto dell’eroina sul territorio italiano.

I nigeriani erano in grado di importare, avvalendosi di una rete di contatti transnazionali e di ovulatori, eroina con principi attivi elevatissimi.

Gli esami di laboratorio hanno rilevato nelle dosi sequestrate l’aggiunta di metorfano, un oppioide sintetico, responsabile di tutta una serie di effetti a carico del sistema nervoso centrale che – associato all’eroina – ne amplifica gli effetti.

Lo stupefacente veniva venduto a un prezzo basso offrendo quantitativi più alti rispetto a quelli normalmente presenti sul mercato illecito.

In Italia, la gestione del traffico di eroina si conferma appannaggio soprattutto dei clan camorristici in contatto, generalmente, con organizzazioni straniere, soprattutto albanesi.

Poi l’indagine “Ichnos”, condotta dai Carabinieri di Cagliari, ha consentito di smantellare un gruppo criminale operante in Sardegna, dedito al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, tra cui eroina, dotato di una stabile struttura operativa e collegato a criminali italiani e albanesi nel “Continente”.

Tutti si occupavano dell’importazione della droga da fornitori esteri, grazie ai loro legami con camorra e ‘ndrangheta.

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