Turchia-Stati Uniti, una lotta tra Paesi per difendere o reprimere la libertà dei curdi

Di Pierpaolo Piras 

Washington. Domenica scorsa, Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti, ha minacciato di “devastare economicamente la Turchia” se questa attaccherà militarmente la popolazione curda, successivamente al ritiro di un contingente militare statunitense dalla Siria.

Tale annuncio ha suscitato le aspre critiche di Recep Tayyip Erdogan, Presidente turco, il quale ha sottolineato la gravità di tali affermazioni, espresse nei confronti di un alleato strategico nella NATO, come la Turchia.

Il Presidente turco Erdogan

Trump non ha specificato i dettagli di tali misure punitive. Nel contempo, tramite due tweet, ammonisce i curdi di non compiere provocazioni nei confronti della Siria.

Ad agosto scorso, gli USA hanno aumentato i dazi nel commercio contro la Turchia per la detenzione di un sacerdote americano, con il secondario calo di valore della “lira” turca .

Negli ultimi anni, gli Stati Uniti hanno combattuto come alleati delle milizie curde “Unità di Protezione Popolare” (YPG), nella regione Nord-Orientale della Siria, contro lo Stato Islamico (ISIS). Tuttavia , il Governo turco considera la YPG alla stessa stregua dei terroristi.

Miliziane curde di YPG

Nel dicembre 2018, Trump ha ordinato il ritiro del 30% delle truppe USA (circa 2 mila, lì presenti dal 2015) dal teatro siriano settentrionale.

Fino ad oggi è stato effettuato solo il ritiro di equipaggiamenti militari di secondaria importanza, sebbene le sue truppe siano ancora presenti.

La spacconata di The Donald ha, però, allarmato qualche alleato medio orientale. Il primo è stato Turki al-Faisal, figura eminente della famiglia reale saudita, che ha giudicato negativamente la minaccia trumpiana, la quale, ha detto, andrebbe a vantaggio, e per l’Iran e per il presidente siriano Basher al-Assad, sostenuto dalla Russia.

Turki al-Faisal

Non a caso, Mike Pompeo, Segretario di Stato USA, si è recato Medio Oriente, tra cui Riyad in Arabia Saudita, per rassicurare i propri alleati. In queste sedi, Pompeo ha comunicato che le forze dell’ ISIS in Siria potranno, comunque, essere combattute con efficaci attacchi aerei, evitando di svelare altri dettagli,

Il ministro degli Esteri Usa, Mike Pompeo

Pompeo ha parlato anche con il suo omologo turco, il ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, riferendo di essere “ottimista sul fatto che si possa ottenere un buon risultato”.

Ulteriori precisazioni sono provenute da John R. Bolton, consigliere per la Sicurezza Nazionale, il quale ha affermato che il ritiro americano sarebbe stato parziale ed attuabile in tempi potenzialmente lunghi.

Come accade ormai da secoli in nell’area geografica medio orientale, sempre afflitta da conflitti di ogni genere, quando non di stragi immotivate, al centro di appetiti sovranazionali e divisa da secolari guerre di religione, oppure su base settaria o etnica, oggi si aggiunge il quesito di cui nessuno parla ma che tutti pensano, cioè quale assetto politico dovrà assumere la Siria e nazioni limitrofe dopo la definitiva sconfitta dell’ ISIS con riconquista dei territori siriani occupati ?

In ogni caso, ci saranno limitazioni dovuta alle residue cellule dell’ISIS che rimarranno come potente forza terroristica.

Già adesso, lo Stato islamico è determinato a mettere in scena attacchi in Occidente, anche se i progressi delle forze dell’Ordine , anche all’Estero, nel campo dell’antiterrorismo, hanno vanificato molti dei suoi sforzi.

La devastante guerra in Siria, durata oltre sette anni, potrà essere risolta evitando gli strumenti militari ed attivando una soluzione politica, l’unica capace di creare le condizioni di pace e stabilità necessarie alla stesura di una costituzione post-bellica, quindi ad elezioni libere ed eque.

La sicurezza socio-politica dovrà essere garantita da forze internazionali di pace, legate da un accordo specifico. Quest’ultimo obiettivo risulterà il più lungo da raggiungere, ma anche l’unico capace di creare le migliori condizioni per il rientro in patria dei milioni di profughi siriani.

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