Vaticano: Elezione Leone XIV, perché il Papa americano ha scelto il ruggito di un leone

Di Giuseppe Gagliano

ROMA. La fumata bianca dI Ieri ha squarciato il cielo di Roma, e dal balcone di San Pietro è emerso un nome che ha sorpreso il mondo: Leone XIV, al secolo Robert Francis Prevost, cardinale statunitense con un passaporto peruviano e una passione per il tennis.

Eletto al quinto scrutinio, il primo Papa americano ha scelto un nome che ruggisce, carico del peso di tredici Pontefici che hanno segnato la storia della Chiesa con coraggio, riforme e, a volte, errori.

Papa Leone XIV

Ma perché Leone? Cosa vuole dirci questo missionario di Chicago, che ha servito i poveri di Chiclayo e guidato la Curia con discrezione, chiamandosi come i leoni del passato cristiano?

Con una tazza di caffè amaro in mano, proviamo a sciogliere l’enigma, perché un nome pontificale non è mai solo un suono: è una promessa, una rotta, a volte una sfida.

Un nome che guarda al passato

Scegliere un nome da Papa è come tracciare una linea tra i secoli.

Quando Prevost, 69 anni, si è presentato come Leone XIV, non ha solo annunciato un pontificato: ha aperto un dialogo con la storia. Il nome Leone evoca forza, regalità, protezione – il “Leone di Giuda” dell’Apocalisse, Cristo trionfatore, ma anche un simbolo di leadership che sa essere feroce e compassionevole. Tredici Papi hanno portato questo nome, lasciando impronte profonde, a volte gloriose, a volte controverse. Due figure, in particolare, sembrano illuminare la scelta di Prevost: Leone I il Grande e Leone XIII, giganti che hanno saputo parlare al loro tempo con visione e audacia.

Leone I (440-461), detto “Magno”, fu il Papa che consolidò il primato di Pietro, definì la dottrina cristologica al Concilio di Calcedonia e, secondo la leggenda, fermò Attila con la forza della parola. In un 2025 dove la Chiesa è un campo di battaglia – tra progressisti che sognano una rivoluzione sinodale e conservatori che invocano un ritorno alla tradizione – Prevost potrebbe vedere in lui un modello: una leadership che unisce, che parla con chiarezza teologica, ma sa dialogare con i potenti. Non a caso, Prevost, come Prefetto del Dicastero per i Vescovi, ha dimostrato di saper navigare tra riforme audaci, come l’inclusione di donne nei processi di nomina episcopale, e la prudenza di chi evita strappi.

Papa Leone I

 

Poi c’è Leone XIII (1878-1903), il Papa della Rerum Novarum, che fece della Chiesa una voce per i dimenticati, i lavoratori schiacciati dall’industrializzazione. La sua enciclica, un grido contro le ingiustizie sociali, è ancora un faro in un mondo, quello del 2025, dove le disuguaglianze si intrecciano con crisi climatiche e migrazioni di massa.

Papa Leone XIII

Prevost, che ha speso anni tra i poveri di Chiclayo e ha fatto sua la frase “Un vescovo non dovrebbe comportarsi come un piccolo principe nel suo regno”, sembra guardare a lui con un’intenzione precisa: una Chiesa che non si chiude nei palazzi, ma scende in campo – magari con una racchetta immaginaria – per difendere chi non ha voce. La scelta di Leone XIV è un omaggio a questo spirito, un impegno a portare la dottrina sociale della Chiesa nel cuore delle battaglie del nostro tempo.

Un leone per il presente

Ma il nome Leone non è solo un ponte con il passato: è una risposta al presente. Prevost è il primo Papa americano, un dettaglio che pesa in un mondo dove gli Stati Uniti sono ancora un colosso, ma anche un crocevia di tensioni, tra battaglie culturali e polarizzazioni politiche.

La sua doppia cittadinanza, statunitense e peruviana, lo rende un simbolo di unità tra Nord e Sud, tra il cuore del capitalismo e le periferie del mondo. Scegliendo Leone, un nome universale, Prevost si smarca dall’etichetta di “Papa yankee”, presentandosi come un leader globale, capace di parlare tanto a Washington quanto a Lima, tanto a una Roma secolarizzata quanto a un’Africa in crescita demografica e spirituale.

Il contesto ecclesiale aggiunge un altro tassello.

Dopo il Pontificato di Francesco, che ha scosso la Chiesa con riforme pastorali e un’apertura senza precedenti – dai divorziati risposati alle questioni ambientali – Prevost si trova a un bivio.

Papa Francesco

Eletto come candidato di compromesso tra l’ala bergogliana e i conservatori, deve bilanciare continuità e mediazione.

Il nome Leone XIV, che richiama riformatori radicati nella tradizione, è un segnale: fedeltà alla “Chiesa in uscita” di Francesco, ma con un tono più cauto, soprattutto su temi come i diritti LGBTQ+, dove Prevost ha sempre mantenuto una prudenza strategica.

È come se, con la pazienza di un tennista che prepara un punto decisivo, volesse dire: “Andremo avanti, ma senza strappi”.

Le ombre di un ruggito

Non tutto, però, è luce. Prevost porta con sé ombre che il nome Leone XIV non può cancellare.

Le accuse legate alla gestione di casi di abusi sessuali – a Chicago (1999-2001), quando permise a un prete sospeso di vivere vicino a una scuola, e a Chiclayo (2022), dove fu criticato per non aver indagato a fondo su due sacerdoti accusati di molestie – pesano come macigni. Le smentite della diocesi, che parlano di procedure seguite e accuse strumentali, non hanno spento i sospetti.

Scegliendo Leone, Prevost potrebbe voler rispondere anche a questo: un nome di forza e autorità, per affrontare le critiche con trasparenza e trasformare le ferite in un’occasione di riforma. Ma il mondo guarda, e la Chiesa del 2025 non perdona passi falsi su un tema così bruciante.

Un Papa per il futuro

Perché Leone XIV?

La risposta si delinea tra le righe della storia e le urgenze del presente. Prevost ha scelto un nome che parla di unità, come Leone I, e di giustizia, come Leone XIII; un nome che evoca il “Leone di Giuda” per ricordare che la fede può essere un ruggito di speranza in un mondo in crisi.

Con la sua esperienza missionaria, la sua sensibilità per il Sud globale e la sua passione per il tennis – metafora di strategia e pazienza – Leone XIV si prepara a una partita complessa: unire una Chiesa divisa, parlare a un’umanità ferita, navigare le tempeste geopolitiche senza perdere la bussola.

Il mondo lo osserva, tra scetticismo e curiosità. Riuscirà questo Papa americano, che ha imparato a servire tra i poveri e a decidere tra i potenti, a segnare l’ace decisivo? Per ora, prendiamo nota: il gioco è iniziato, e il leone è sceso in campo.

PER APPROFONDIRE

https://www.vatican.va/content/leo-xiii/it/encyclicals/documents/hf_l-xiii_enc_15051891_rerum-novarum.pdf

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