Di Pierpaolo Piras
Mosca. Fervono le previsioni del mondo politico ed economico su ciò che potrebbe accadere in merito alle forniture di gas ai Paesi europei.
Da mesi, le diplomazie sono all’opera per lenire le tensioni con la Russia al solo fine di allontanare il rischio sia di un conflitto aperto con l’Ucraina che l’interruzione delle forniture di gas verso l’Europa, che fatalmente avverrebbe con l’apertura delle ostilità.
La storia
Le forniture di gas all’Occidente europeo iniziarono nel 1986, in seguito al Patto di Mosca con la Repubblica austriaca, che sancì la fornitura di gas naturale all’Europa per il tramite di un oleodotto.
Tale accordo è tuttora valido e reso finora operativo, superando con successo le non poche crisi politiche continentali, compresa la caduta del Patto di Varsavia e la dissoluzione dell’Unione Sovietica.
La quantità di gas esportato è enorme: attualmente la Russia immette nei gasdotti verso l’Europa (compresa la Turchia) circa il 40% del proprio gas naturale, la maggior parte attraverso il gasdotto che passa per centinaia di chilometri in territorio ucraino.
E’ sufficiente considerare questo dato commerciale per comprendere l’urgenza di ridurre le tensioni della spinosa questione ucraina.
Il progetto del Nord Stream 2
Tale progetto riguarda l’operatività di un gasdotto che muove dalla Russia per condurre il gas naturale direttamente in Germania passando lungo il fondale del mar Baltico.
Esso è nato nel 1997 e assume la massima importanza strategica e geopolitica in quanto la linea di rifornimento non decorre né per la Polonia, né per alcuno Stato baltico (Lituania, Estonia, Lettonia) e neanche per l’Ucraina e la Bielorussia.
La prima e immediata conseguenza è che tali paesi non solo perdono gli eventuali diritti di transito, ma non possono neanche sfruttare questo percorso per sospendere le forniture di gas all’Europa occidentale. E ancor meno far pressione in qualsiasi direzione sui negoziati con la Russia.
La messa in opera del Nord Stream 2 è terminata nel 2021 ma è sopraggiunta un’interminabile sequela di ritardi normativi, numerose revisioni formali degli accordi commerciali e non in ultimo il ruolo degli avvenimenti politici avvenuti nel frattempo in quell’area così tormentata dell’Europa nord-orientale.
Il risultato è stato che non un solo metro cubo di gas è giunto in Germania attraverso il gasdotto.
Ultimamente l’operatività del Nord Stream2 si è aggravata in seguito al recentissimo incontro alla Casa Bianca tra il Cancelliere tedesco Olaf Scholz e Joe Biden, Presidente degli Stati Uniti, nel quale quest’ultimo ha dichiarato alla stampa che se la Russia invadesse l’Ucraina “non ci sarà più un Nord Stream 2. Ne porremo fine”. Anche Scholz ha optato per l’ambiguità del successo strategico del gasdotto nel caso di un conflitto aperto.
Cosa avverrà ?
Regna ancora l’incertezza, per cui ancora nessuno lo sa.
Buona parte degli analisti ritiene altamente improbabile che entrambe le parti vogliano davvero interrompere il flusso di gas naturale in quanto tutti i protagonisti, europei e russi, hanno troppo da perdere nel farlo.
La Russia è lo Stato che ne ricaverebbe enormi perdite economiche: gran parte del bilancio economico di Gazprom – il gigante energetico russo a capo delle forniture di gas all’Europa – deriva ingenti ricavi da tali esportazioni di gas, che gli consentono la distribuzione dello stesso gas a prezzi ridotti nei confronti dei cittadini russi.
Oggi, il costo globale dell’energia è in crescita, mentre il mercato si fa più ristretto. Per tale ragione, se l’Unione Europea comminasse severe sanzioni, anche economiche, tra le quali una riduzione del consumo di gas russo, si stabilirebbe uno stato di tensione ancora maggiore, capace di aggravare le difficoltà nelle quali versa il bilancio economico della Russia.
Gli analisti propongono una soluzione ancora più ardita secondo la quale l’interdipendenza economico-energetica – all’attivo anche in altri settori economici – vigente tra Russia ed Europa, potrà costituire un fattore di contenimento del conflitto in Ucraina.
Una situazione che gli europei non accetteranno mai è quella di una Russia alla quale sia consentito di invadere tutto ciò che vuole e nel contempo continuare a commerciare – liberamente e disinvoltamente – con l’Europa.
Alla Russia non sarà consentito di sfruttare il proprio sistema energetico utilizzando strumentalmente il gas passante per l’Ucraina per lucrare ad libitum tramite i suoi ingenti volumi di gas esportato in Europa.
In una prospettiva più lunga, l’Europa – oggi priva di un progetto comune e condiviso – quanto dovrà dipendere dal gas russo in questa fase storica di transizione verso la produzione di energia “verde” e rinnovabile?
Oggi l’Unione Europea è ancora distante dal raggiungimento di tali obiettivi , ma la necessità di energia sicura e duratura per la società e le attività industriali pone gli Stati europei di fronte ad una mobilitazione immediata intesa ad ottenere forniture alternative di gas se la Russia dovesse chiudere le valvole dei gasdotti.
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