Ucraina: il disastro della centrale di Chernobyl e l’ISU-152, uno dei leggendari veicoli corazzati della Seconda Guerra Mondiale dell’ex URSS

Di Paola Ducci*

CHERNOBYL (UCRAINA – nostro servizio particolare. Era il 26 aprile del 1986 e la centrale di Chernobyl aveva da poco subìto il peggior evento  immaginabile  legato alla produzione di energia elettrica attraverso il nucleare, cioè la  fusione del nucleo radioattivo.

Il reattore 4 dopo l’esplosione della centrale

Nel tentativo fallito di simulare la perdita di potenza esterna, il reattore numero 4 si ruppe a  seguito della fusione  del  nocciolo e le esplosioni di vapore distrussero il contenitore nucleare.

La catastrofe che ne derivò irradiò la vicina città di Pripyat, dove risiedevano il personale e le famiglie della centrale, e contaminò pesantemente vaste aree dell’Ucraina e della Bielorussia: cenere e particolato radioattivo in breve  tempo ricoprirono tutta la zona, le  case, le  scuole, gli ospedali e   le aree urbane circostanti  contaminandole con alti livelli di cesio radioattivo.

L’atteggiamento criminale  del governo sovietico e della sua burocrazia impose che Pripyat fosse evacuata solo dopo 24 ore dall’evento, condannando a  morte gli abitanti della città  per contaminazione radioattiva, e che la notizia ufficiale del disastro fosse rivelata al mondo solo il 28 aprile.

 

Un elicottero spruzza liquidi di decontaminazione sul sito di Chernobyl

Durante  le  successive operazioni di bonifica  ci si accorse che l’acqua prodotta dalle operazioni di spegnimento si era riversata nei sotterranei del reattore, rischiando di contaminare le falde acquifere.

Era necessario trovare un modo per perforare il cemento esterno del seminterrato in modo da poter introdurre un tubo che permettesse all’azoto liquido di congelare questa pozza d’acqua.

Una delle idee dei sovietici per entrare nel seminterrato del reattore fu quella di fare un buco con un proiettile di grosso calibro. Ma quale veicolo dell’arsenale sovietico poteva affrontare questa sfida?

Qui entra in scena l’ISU-152.

Un ISU 152

L’ISU-152 è uno dei leggendari veicoli corazzati della Seconda Guerra Mondiale dell’ex URSS insieme al T-34 e all’IS-2. È un mostruoso semovente che pesa 52 tonnellate ed è armato con un enorme obice cannone da 152 mm.

Un T34 sovietico esposto in un museo in Germania

 

Si pensò quindi che la pesante corazza dei cannoni d’assalto avrebbe protetto l’equipaggio dall’esposizione alle radiazioni e che il proiettile specializzato 53-G-545 perforante il cemento sparato dall’obice ML-20s da 152 mm dell’ISU-152 avrebbe potuto aprire un foro di dimensioni adeguate per il tubo dell’azoto.

Tuttavia, quando l’operazione fu testata su un muro di cemento simile ma lontano dalla centrale, il foro risultò troppo piccolo per il tubo e i tecnici si resero conto che i diversi colpi avrebbero fatto crollare ampie  sezioni  del muro nel luogo del reattore,  producendo un  problema ancora più grave. Così l’idea fu abbandonata.

Gli ISU furono allora utilizzati per demolire gli edifici intorno al sito del reattore e ai villaggi circostanti, soprattutto perché le costruzioni in legno intrappolavano le radiazioni che, bruciando, avrebbero emesso una quantità insostenibile di radiazioni.

Poiché i bulldozer e le altre attrezzature avrebbero dovuto essere trasportati via camion, si decise di utilizzare gli ISU-152, che erano già sul posto con i loro equipaggi, per svolgere questo ruolo di demolizione.

Gli ISU-152 furono modificati per svolgere questo compito: il prisma di visione del conducente fu sostituito da uno speciale vetro antiradiazioni e le minigonne corazzate del veicolo furono rimosse per facilitare la rimozione del fango irradiato dai cingoli. Ad almeno uno di essi fu rimosso il cannone e lo spazio ricoperto da piombo.

Il pesante ISU-152 fu facilmente in grado di spianare le piccole costruzioni boschive che furono poi sotterrate in enormi fosse insieme agli alberi sradicati e ad altri materiali. Furono poi ricoperte di terra e spruzzate con uno strato plastificato per inibire la crescita delle piante e sigillare la superficie dalle intemperie poi contrassegnate con semplici segnali di contaminazione.

Dopo la fine del loro ruolo di bulldozer gli ISU-152 furono semplicemente parcheggiati e abbandonati, come tanti altri veicoli utilizzati per la bonifica.

La loro esistenza è rimasta sconosciuta all’Occidente per decenni, ma di recente sono diventati uno dei tanti punti d’interesse per i visitatori in  quella che oggi viene chiamata la Zona di esclusione.

Il numero 129 si trovava a Prypiat ma, secondo quanto riferito, è stato spostato in passato verso un destino sconosciuto.

Il numero 130 si trovava tra gli altri veicoli di scarto della bonifica della Zona di esclusione e probabilmente si trova ancora oggi nello stesso posto.

Il più famoso, il numero 100, è rimasto per anni fuori Prypiat, non lontano dalla centrale elettrica. Si prevede di trasferirlo in futuro in un’esposizione museale nella città.

Tuttavia, le cose potrebbero essere cambiate dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel febbraio 2022.

L’ISU-152 infatti si conferma  fosse al suo posto durante una visita pochi giorni prima dell’invasione, ma si teme che possa essere stato spostato o manomesso dalle forze militari russe quando si trovavano in quell’area.

Ancora oggi, nella Zona di esclusione, ci sono aree piene di vari aerei ad ala rotante, veicoli a motore di tutti i tipi e diversi ISU-152, tutti completamente abbandonati, arrugginiti e così pesantemente contaminati dal loro impiego nella bonifica da non poter essere rimessi in servizio, poiché nessuna decontaminazione avrebbe potuto rendere questi aerei e i veicoli come l’ISU-152 sicuri per un uso normale.

L’incidente alla centrale nucleare del 26 aprile 1986 fu il tragico risultato del combinato disposto  di cattiva progettazione del reattore di tipo RBMK, di un test di sicurezza mal concepito per il sistema di raffreddamento di emergenza, di un concetto di trasparenza  dell’informazione inesistente e  di carente conoscenza  degli esiti letali legati a  contaminazione radioattiva.

Oggi sia  la centrale  che i veicoli abbandonati sono un monumento all’insensatezza delle procedure di sicurezza del tutto inadeguate nella produzione di energia nucleare e devono rimanere un monito per le generazioni future.

*Editor per l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa

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