Ucraina: Trump ferma gli aiuti militari. Per Kiev si prospettano diverse rinunce ma l’accordo sulle “terre rare” potrebbe darle maggiori garanzie

Di Fabrizio Scarinci

WASHINGTON. A seguito dell’aspro scontro avutosi alla Casa Bianca tra il Presidente statunitense Donald Trump e quello ucraino Volodymyr Zelensky in occasione della visita di quest’ultimo, gli USA hanno preso la decisione di sospendere gli aiuti militari all’Ucraina.

Stando a quanto si è avuto modo di apprendere, tale decisione, comunicata a Kiev nella giornata di ieri, riguarderebbe sia il materiale bellico non ancora inviato, sia quello già in transito ma non ancora consegnato.

Il Presidente statunitense Donald Trump è il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky durante la conferenza stampa di ieri
Il Presidente statunitense Donald Trump è il suo omologo ucraino Volodymyr Zelensky durante il loro ultimo incontro

Ulteriori dettegli su cosa effettivamente le autorità statunitensi avrebbero deciso di non fornire al momento non ve ne sono, anche perché la Casa Bianca potrebbe bloccare in tempi brevi solo gli aiuti elargiti attraverso la “Presidential Drawdown Authority” (ossia quel meccanismo concepito allo scopo di permettere al Presidente di trasferire armamenti in maniera rapida senza passare dal Congresso) ma non quelli della “Ukraine Security Assistant Initiative”, che finanzia gli acquisti effettuati dalle Forze Armate ucraine presso le aziende USA.

In ogni caso, però, tale mossa rappresenta per Kiev un colpo molto duro.

Oltre ai mezzi e agli equipaggiamenti ancora da consegnare, infatti, tale decisione potrebbe riguardare anche il munizionamento e le preziosissime parti di ricambio dei sistemi già consegnati; ricordiamo, a tal proposito, come l’Ucraina abbia ricevuto dagli USA decine di carri M1 Abrams, oltre 300 veicoli corazzati Bradley, svariate centinaia di veicoli da combattimento, almeno una quarantina di sistemi lanciarazzi HIMARS e svariate batterie antiaeree.

Un sistema HIMARS in azione

L’allontanamento tra Washington e Kiev potrebbe, inoltre, comportare il venir meno del prezioso supporto in fatto di ricognizione e intelligence finora offerto da Washington; ricordiamo il contributo fornito dai velivoli Joint STARS, U-2 e Global Hawk, quello dei satelliti spia e, non da ultimo, quello della costellazione Starlink, senza la quale gli ucraini perderebbero la capacità di colpire con precisione i loro obiettivi e di manovrare in maniera efficace la proprie piattaforme unmanned.

Con questa drastica decisione, l’Amministrazione Trump intende, ovviamente, riprendere in mano la gestione politica della crisi, facendo leva sulla dipendenza di Kiev dagli aiuti statunitensi.

Aiuti che, ben difficilmente, gli altri Paesi potranno sostituire, soprattutto se si considera come i non fornitissimi arsenali europei si siano in buona parte svuotati nel corso degli ultimi anni e come nessun Paese al mondo disponga di strumenti paragonabili alla rete Starlink.

Il proposito, più volte dichiarato, del tycoon è quello di portare Kiev a negoziare un cessate il fuoco con Mosca, nell’ottica di una più generale sistemazione della regione che consenta a Washington di operare, almeno nel medio termine, un parziale disimpegno.

Il perseguimento di tale obiettivo da parte statunitense riduce, ovviamente, di molto gli spazi di manovra del governo ucraino, che dovrà verosimilmente rinunciare sia ai territori già occupati da Mosca che al proprio ingresso nell’Alleanza Atlantica.

Una situazione molto difficile in cui, per Kiev, almeno nel breve termine, l’unica garanzia di fatto contro nuove aggressioni a sorpresa da parte di Mosca potrebbe, forse, risiedere nella firma dell’accordo con gli USA sulle famose “terre rare”, che si configura come un elemento in grado di conferire a Washington un interesse molto più concreto nella salvaguardia del Paese.

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