Uganda: a Entebbe il 29 giugno 1976 la tragica liberazione degli ostaggi sequestrati dai miliziani del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP)

Di Paola Ducci*

ENTEBBE (UGANDA). Il 27 giugno 1976 il volo Air France 139 decollò dall’aeroporto di Atene diretto a Parigi con a bordo 260 persone.

Poco dopo la partenza due appartenenti al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) ordinarono ai piloti di dirigersi verso Entebbe, in Uganda, dove atterrò alle 3:15 del 28 giugno dopo una sosta in Libia per rifornimento.

La Mercedes nera usata per ingannare i terroristi

Il volo era  stato dirottato: l’equipaggio con le persone  a bordo si trovavano sotto attacco.

Entebbe  non era una destinazione scelta a  caso. Il commando infatti aveva l’appoggio del governo del dittatore ugandese Idi Amin che simpatizzava con i terroristi palestinesi.

Sebbene originariamente fosse stato sostenuto da molti governi occidentali, Israele compreso, le sue relazioni diplomatiche con l’Occidente si erano rapidamente deteriorate a causa della ferocia disumana  del suo regime dittatoriale.

Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) chiese 5 milioni di dollari e la liberazione di 53 terroristi palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, in cambio della liberazione degli ostaggi entro l’1° luglio, diversamente li avrebbe uccisi.

Il giorno seguente, il 29 giugno 1976, i dirottatori liberarono circa 140 tra i passeggeri dell’Airbus trattenendo però più di 100 ostaggi israeliani.

Il governo di Israele iniziò le trattative per il loro rilascio studiando al contempo anche altre possibili soluzioni come l’intervento armato. Una volta ottenuti 3 giorni di proroga rispetto all’ultimatum imposto, le alte sfere israeliane riuscirono ad organizzare una spettacolare e complicata missione di salvataggio.

L’Uganda si trova a oltre 4 mila chilometri distanza da Israele e l’esercito israeliano dovette organizzare tutta la missione nel paese non potendo contare su appoggi logistici esterni.

Il compito fu affidato ai Reparti speciali dell’IDF (Esercito israeliano), specificatamente il Sayeret Matkal e al Mossad (i servizi segreti per le operazioni al di fuori di Israele).

Soldati dei Reparti spciali del Sayeret Matkal

Dopo alcuni giorni dedicati alla raccolta di informazioni e alla preparazione della missione, il 4 luglio quattro aerei C-130 Hercules del Heyl Ha’Avir, l’Aeronautica militare israeliana, atterrarono di notte all’aeroporto di Entebbe senza alcun supporto, di nascosto, nel buio più completo e con i portelli di carico già abbassati.

Da  questi fu fatta scendere una Mercedes nera con due Land Rover al seguito.

L’automobile doveva simulare la visita dello stesso Presidente Idi Amin per distrarre l’attenzione dei soldati ugandesi e dei terroristi. Una  sorta di moderno cavallo di Troia.

Il Presidente ugandese Idi Amin (Di Bernard Gotfryd . Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=110516059)

La Mercedes, originariamente di colore bianco, apparteneva a un civile israeliano ed era stata verniciata di nero per il raid con la condizione che sarebbe stata restituita al legittimo proprietario, ignaro dell’uso al quale era destinata, nel  colore originale.

Gli ugandesi furono ingannati dal diversivo israeliano e lasciarono che il finto corteo presidenziale si avvicinasse fino al terminal in cui erano rinchiusi i passeggeri e l’equipaggio del volo 139. I militari del Sayeret Matkal irruppero quindi nell’edificio gridando in ebraico agli ostaggi di proteggersi, in modo che  questi capissero che stavano per essere liberati.

I dirottatori furono uccisi ma purtroppo anche un  ostaggio che, per errore, sentendo parlare nella sua lingua, si era diretto verso i militari.

Ma questi, pensando si trattasse di un terrorista, lo avevano ucciso.

Gli israeliani tornarono agli aerei su cui iniziarono a imbarcare gli ostaggi liberati mentre gli ugandesi presero a sparare contro di loro. Gli israeliani risposero immediatamente al fuoco riuscendo a neutralizzare le forze ugandesi.

Nel corso di quest’ultima sparatoria furono colpiti a morte ancora due ostaggi e Yonatan Netanyahu, Comandante in campo della missione e fratello del futuro primo ministro Benjamin Netanyahu.

Il Comandante Yonatan Netanyahu rimasto ucciso nell’attacco

Ma nonostante lo scontro a fuoco, gli aerei cargo alla fine riuscirono a decollare con destinazione Tel Aviv.

L’incursione durò solo una trentina di minuti durante i quali 6 dirottatori e 3 dei 103 ostaggi vennero uccisi, oltre al comandante del raid Netanyahu.

Le perdite ugandesi non furono mai confermate ma si presume siano stati almeno 45 terroristi.

*Editor per l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa

© RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Autore