Di Pierpaolo Piras
Londra. Da oggi è davvero Brexit. Il Regno Unito, dopo 47 anni di appartenenza, non fa più parte della Unione Europea, ma non dell’Europa.

Una manifestazione pro Brexit
UK non parteciperà più alla approvazione, sinora a tratti rancorosa, delle leggi comunitarie a Strasburgo.
Nessun rappresentante inglese sarà più presente nelle Commissioni e ai vertici dei vari organi politici nei quali è articolata la UE.
Nei prossimi 11 mesi non accadrà alcunché: tutto rimarrà identico al passato.
Nel frattempo, verranno concordate nuove regole, nuove relazioni politiche e relativi accordi di tipo economico-commerciale sulla circolazione di merci e persone.
L’accordo di recesso prevede che a giugno ci sarà un incontro per verificare lo stato di avanzamento dei colloqui, specie quello, tra i più dibattuti, sulla pesca marina.
Nel secondo semestre di quest’anno Westminster dovrà decidere se intenderà chiedere una proroga del recesso.
In caso contrario l’esito dei colloqui dovrà essere approvato sino alla firma finale, entro il 31 dicembre prossimo.
L’incertezza rimane, specie sugli aspetti commerciali. Le prime riserve provengono da Ursula Von der Leyen, presidente della Commissione europea: “Vogliamo avere le migliori relazioni possibili con il Regno Unito, ma non sarà mai buono come l’adesione”.

La presidente della Commissione europea, Ursula Von der Leyen
E ha aggiunto: “La nostra esperienza ci ha insegnato che la forza non sta nello splendido isolamento, ma solo nella nostra unione. “
Il segnale verso la Gran Bretagna è molto chiaro: esso sottintende che ogni accordo futuro potrà essere stipulato solo nel totale rispetto dei regolamenti europei.
Boris Johnson, primo ministro inglese, festeggia con i toni esaltati che lo distinguono ma evita le celebrazioni trionfalistiche di piazza.

Il premier britannico Boris Johnson
Egli sa bene che sul fronte interno deve recuperare la storica unità del popolo inglese, profondamente deteriorata nelle Istituzioni, nei luoghi di lavoro e non in ultimo tra le persone.
Quindi non sarà facile, ma a suo vantaggio sarà importante il grande vantaggio del suo partito conservatore alla Camera dei Comuni.
Tuttavia, uno dei rischi è e sarà quello di alimentare maggiormente gli estremisti del libero scambio, con Westminster alla ricerca e sfruttamento di nuovi mercati e fonti d’arricchimento.
Di certo l’unità del Paese si è indebolita: Scozia e Irlanda del Nord, entrambe aspiranti alla totale indipendenza da Londra, sono tuttora recalcitranti verso questo esito.
Sarà interessante conoscere gli accordi finanziari e commerciali che il Regno Unito sancirà con altre nazioni anglofone come USA, Australia e Nuova Zelanda.
Sempre che questa travagliata Brexit non si traduca nel gattopardesco cambiare tutto e poi non cambiare niente.
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