UNIONE EUROPEA E UCRAINA: C’ERAVAMO TANTO AMATI. SI VA VERSO UNA NUOVA JALTA? 

Di Alexandre Berthier

KIEV.  Non sono mai riuscito a capire come sia potuto scoppiare, nella prima metà del 2022, quel grande amore tra l’Ucraina e  l’Italia con tutta l’Unione Europea; un amore  che poi però ci ha ridotti tutti pressoché in miseria, peraltro reduci dall’orribile tragedia -sanitaria, sociale ed economica –  della pandemia, tragedia  caratterizzata da scelte finanziarie scellerate e sconvolgenti, con sperpero di risorse che l’Italia non aveva, disperse in scelte dissennate quale il reddito di cittadinanza,  il bonus 110% per rilanciare edilizia e occupazione nonché sostegni a fondo perduto  per imprese in stato  fallimentare già prima dello scoppio  pandemia.

L’avvento del Governo di Mario Draghi pose parziale rimedio al dissesto finanziario emergente, ma non potè evitare le conseguenze di un male annunciato prima della pandemia, anche per effetto delle sue ardite scelte di politica monetaria poste in essere quando era a Francoforte.

L’ex presidente del Consiglio dei ministri Mario Draghi

 

Quelle legate al famoso “whatever it takes” (cioè, “costi quel che costi” o anche “tutto ciò che è necessario”) pronunciato il 26 luglio 2012, in relazione alla crisi del debito sovrano.

Sappiamo tutti, o almeno dovremmo sapere tutti, che se per aumentare la circolazione del denaro ci si limita solamente  a stamparne grandi quantità, senza associare alla manovra monetaria strumenti di crescita, si provoca l’inflazione, col risultato che  1+1 non fa 2 ma 0,50!

Ovvero dopo un periodo relativamente breve in cui sembra andare tutto meglio, arriva il tutto peggio.

Siamo al 2025 e non vediamo segni  di ripresa, anzi la politica dei dazi della nuova Amministrazione Trump pare essere giunta giusto in tempo  per assestare in testa alle traballanti economie dei Paesi UE il colpo letale.

Dicevo che non ho mai capito perché all’improvviso i paesi del bel mondo antico, quello dell’Europa cattolica e protestante, si siano perdutamente innamorati dell’Ucraina, nazione cristiano-ortodossa del Patriacato di Mosca fino a non molto tempo fa – poi si sono messi in proprio – e dunque di fatto molto più russi che europei.

In verità non ho neppure capito perché l’Unione Europea si sia pure innamorata delle repubbliche slave dell’est Europa e financo di quelle dei Balcani annettendole, ritengo dissennatamente e innaturalmente,  nella CEE di Alcide De Gasperi, Robert Schuman e Konrad Adenauer.

Alcide De Gasperi

Giova premettere che l’Ucraina è sicuramente  uno dei Paesi più grandi del continente europeo, che già prima dell’inizio della guerra con la Russia era però pure uno dei Paesi più poveri, per il PIL pro capite e per potere di acquisto. Nel tempo, ma soprattutto dopo l’inizio di quest’ultima guerra, milioni di ucraini sono stati costretti prima ad emigrare verso il nord America e nell’Europa occidentale e quindi a fuggire,  abbandonando  le loro case e il loro Paese.

E pur essendo formalmente una Repubblica parlamentare è di fatto un regime fortemente oligarchico caratterizzato da un elevatissimo indice di corruzione dell’apparato pubblico.

Le reiterate  esercitazioni NATO svoltesi nel territorio ucraino nel 2021 hanno poi costituito per la Russia una minaccia intollerabile  e scellerata, fortemente voluta dall’Ammistrazione Biden, che ha dato seguito a precise scelte della precedente Amministrazione Obama.

L’avvio della Operazione Militare Speciale del 24 febbraio 2022 è stata semplicemente il  frutto di una cronaca di una crisi  fatalmente annunciata dalla  perfida politica  anglo-americana, decisamente e platealmente  anti russa, perseguita da oltre dieci anni. E che la guerra russo-ucraina sia stata una guerra per procura lo ha raccontato con dovizia di dettagli –  date, luoghi. nomi e cognomi – al mondo intero il New York Times di lunedì scorso.

Oddio, che fosse una guerra per procura lo si sapeva già, ma si preferiva non dirlo, non parlarne,  un po’ come inviare le armi a Zelenkj per difendersi dai russi però senza poterle usare nel territorio russo.

A beneficio di chi non avesse ben chiaro il significato di guerra per procura, piace ricordare che Alessandro Orsini su Il Fatto Quotidiano di ieri esemplifica il concetto precisando che “La guerra per procura è una guerra armata e finanziata da uno Stato che usa un altro Stato (ignaro, N.d.A.) per combattere un nemico.

Guerra per procura significa far morire gli altri (senza dirglielo – N.d.A.)  a posto nostro”!

La differenza di fuso orario non ci ha fatto collegare subito la notizia di un  Trump che era “arrabbiatissimo” (con Putin) con le rivelazioni del NYT.

Non c’è che dire, i nostri tragedianti sono bravi, ma Trump e Putin – come pure Netanyahu – sono un palmo sopra, sul palcoscenico del “de bello russo-ucraino”,  delle modeste comparse Von Der Leyen, Macron e Starmer; chiuso in un rigoroso silenzio Rutte, delocalizzato in estremo oriente Draghi.

 

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu

 

Fu il nostro Mario Draghi in quel 24 febbraio 2022, primo tra i leader europei, a scagliarsi contro l’aggressore della povera Ucraina, subito seguito dal suo ineffabile ministro degli Esteri che apostrofò Putin definendolo “Animale”, spingendo l’indomani Macron – all’epoca interlocutore privilegiato di Putin in occidente – a dichiarare che non ci si poteva rivolgere ad un capo di Stato con quei termini .

E fu dopo l’intervento di Draghi che, dopo un momentaneo smarrimento di Macron e del Cancelliere tedesco Scholz, Bruxelles e i 27 membri UE si “innamorarono” anche loro perdutamente dell’Ucraina, perdendo di vista gli interessi nazionale e quelli della stessa Unione Europea.

L’ex Cancelliere tedesco Scholz

 

Eppure l’Ucraina, formalmente e, a pensarci bene, pure di fatto, non aveva nulla a che spartire né con l’Italia né con l’Unione Europea.

La follia delle sanzioni poi ha trionfato senza suscitare reazioni tra i paesi UE, reazioni  che invece sono esplose, ma è solo un modo di dire,

in questi giorni per i Dazi che Trump sta imponendo a destra e a manca. E anche l’innamoramento dei 27 per l’Ucraina, tolto Macron e Starmer, piano piano si è dissolto come nebbia al sole. E’ ancora presto per sapere come andrà a finire tra  Russia e Ucraina. Ma una cosa è certa già ora.

La guerra ha mandato in pezzi l’Occidente, l’Europa pensava – chissà perché –  che la Russia fosse debolissima mentre oggi come oggi è l’Europa che appare invece  debolissima.

L’Ucraina ha perso praticamente tutto: voleva entrare nella NATO e certamente non vi entrerà, vorrebbe diventare membro della UE ma ora come ora è un evento futuro, molto futuro e incerto, anzi molto incerto. Perderà sicuramente le sue regioni più ricche e si ritroverà meno indipendente di quanto credeva di essere perché sarà inevitabilmenten assoggettata agli USA ma anche alla Russia.

Putin e Trump

L’atteggiamento possibilista di Trump verso Putin, ma sferzante e minaccioso con la UE, non fa ben sperare – per  le Repubbliche Baltiche, la Finlandia e la Polonia –  in una Russia messa all’angolo. Dovranno invece rivedere velocemente  il loro arrogante atteggiamento di aperta sfida – incoraggiato dalla loro adesione alla scellerata “campagna acquisti” della NATO – nei confronti dell’erede dell’Unione Sovietica.

Non sappiamo ad oggi se e come arriverà la pace, ma sappiamo che le Amministrazioni  Obama e Biden decisero l’aggressione alla Russia per indebolirla e staccarla dall’Europa Occidentale con cui si era avviato un fiorente interscambio finanziario e commerciale.

Ma gli eventi hanno spinto la Russia verso la Cina, verso l’Iran e persino verso la Corea del Nord, e questo non può non essere fonte di preoccupazione per chi pensava di essere lo “sceriffo del mondo”.

Non solo, Russia e Cina sono i “paesi guida” dei BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica), gruppo poderoso di economie emergenti che da anni cooperano in modo sempre più stretto.

Con queste premesse ci avviamo sempre più al momento in cui si cercherà, archiviato definitivamente il “mondo globale”, di tornare al bipolarismo, Stati Uniti da un lato e la Russia con i BRICS dall’altro.

Ma questa volta anziché a Jalta la conferenza si farà nei Paesi del Golfo Persico o nei dintorni, non ci sarà nessun rappresentante del Regno Unito,  e anche la Cina dovrà accettare probabilmente di essere rappresentata da Putin.

E anche il controllo delle rotte dell’Oceano Glaciale Artico dovrà essere gioco forza gestito d’intesa tra USA e Federazione Russa.

Rimarrà  da ridefinire pure l’Occidente, perché a oggi nessuno sa più cosa e dove  sia e comunque sappiamo che si protende sempre più verso il Pacifico e segnatamente verso il Mar Cinese Meridionale.

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore