Unione Europea. l’imperativo di una Difesa Comune e l’eredità del passato

Di Alfredo Carlaccini

BRUXELLES, Il progetto di un’Unione Europea, teorizzata per secoli, vede gettate le prime basi nell’estate del 1952 con la C.E.C.A (Comunità europea del carbone e dell’acciaio):, un accordo prettamente economico, ma molti studiosi dell’epoca vedevano la costituzione di questa organizzazione come il prodomo di una vera e propria UE, che vedrà la sua costituzione nel 1993 con l’Unione Europea.

La sede dell’Unione Europea a Bruxelles

L’Europa attualmente è a un bivio cruciale e si vede costretta ad una profonda riflessione sulla propria coesione interna e sulla sua capacità di agire come attore unitario sulla scena globale. Nonostante sia la più grande area economica integrata al mondo, l’Unione fatica a tradurre il suo peso economico in una coerente ed influente politica e strategia globale.

Un’incapacità resa evidente, purtroppo dalla persistente guerra in Ucraina, dove l’Europa non ha saputo agire unitariamente ma solo con dei “volenterosi”, passando poi all’instabilità nel Mediterraneo e dalla crescente complessità delle minacce ibride e della competizione geopolitica globale.

La frammentazione delle risposte nazionali alle crisi globali riduce drasticamente l’efficacia dell’UE e ne mina la credibilità, sottolineando l’urgente necessità di una Difesa comune europea, preceduta e sostenuta da una robusta e coerente politica estera e di sicurezza comune.

L’idea di una sicurezza europea condivisa non è un’innovazione recente, ma affonda le sue radici nelle visioni dei padri fondatori dell’integrazione europea, come Robert Shuman, il quale sosteneva che l’Europa dovesse progressivamente agire come un’unica entità politica.

Già negli anni ’50, in un clima di Guerra Fredda, il progetto della Comunità Europea di Difesa (CED) fu la prima, ambiziosa concretizzazione di queste aspirazioni.

Il piano, proposto dal primo ministro francese René Pleven, prevedeva la creazione di un esercito europeo integrato, sotto un comando sovranazionale, che avrebbe permesso di includere e controllare il riarmo tedesco.

Il primo ministro francese René Pleven

 

Questo progetto, che andava oltre la semplice cooperazione militare, fallì drammaticamente il 30 agosto 1954, quando l’Assemblea Nazionale francese votò contro la ratifica del trattato, mossa da timori per la perdita di sovranità nazionale.

Il fallimento della CED, e di conseguenza anche del progetto della Comunità Politica Europea (CPE) a essa intrinsecamente legata, dimostrò che la sovranità nazionale in ambiti sensibili come la difesa rimaneva un ostacolo al momento quasi insormontabile.

Oggi, l’Europa si confronta nuovamente con sfide globali che rendono la sua frammentazione strategica insostenibile.

Gli Stati Uniti, storici alleati attraverso la NATO, potrebbero potenzialmente riorientare la loro strategia verso l’Indo-Pacifico, e la retorica dell’”America First” solleva preoccupazioni sull’affidabilità a lungo termine della loro garanzia di sicurezza.

L’ascesa della Cina come potenza economica e militare e l’aggressione russa all’Ucraina rappresentano sfide multidimensionali e immediate minacce alla sicurezza europea.

A queste si aggiungono le sfide legate all’economia geopolitica, come la vulnerabilità delle catene di approvvigionamento globali, la dipendenza energetica e la corsa per le tecnologie critiche.

La frammentazione delle capacità europee, nonostante un’ingente spesa aggregata per la Difesa, si rivela un ostacolo all’efficacia operativa.

Ogni Paese mantiene la propria catena di comando, i propri sistemi di approvvigionamento e le proprie dottrine militari, portando a una palese duplicazione di risorse, costi elevati e una marcata mancanza di standardizzazione.

L’esperienza del sostegno europeo all’Ucraina, pur dimostrando una mobilitazione di risorse, ha messo in luce le difficoltà intrinseche nella velocità e nella coesione decisionale, con ritardi nell’invio di armamenti critici e la necessità di raggiungere l’unanimità che ha spesso rallentato il processo.

La lezione della storia e la drammaticità del presente convergono verso una conclusione ineludibile.

La sicurezza e l’autonomia strategica dell’Europa non possono essere garantite senza una profonda riforma che superi i limiti imposti dagli egoismi nazionali. La difesa comune richiede non solo la volontà politica condivisa, ma anche la capacità di superare le profonde radici storiche, culturali e identitarie che ancora frenano un’integrazione più profonda.

L’Europa deve avere una politica estera e di sicurezza comune e coesa, dotata di un’autorità politica in grado di prendere decisioni rapide e vincolanti, sovranazionale!

Così facendo l’Europa potrà finalmente tradurre il suo potenziale in una voce autorevole e influente sulla scena globale, garantendo la propria sicurezza e prosperità a lungo termine.

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