Vertice arabo d’emergenza: a Il Cairo un summit per rispondere ai piani di Trump e Netanyahu. Si ipotizza la nascita di un Esercito arabo unificato

Di Chiara Cavalieri 

IL CAIRO. L’Egitto si prepara a ospitare il vertice arabo di emergenza il prossimo 27 febbraio, in un momento storico cruciale per la questione palestinese.

La convocazione del summit arriva dopo l’annuncio del Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, del suo piano di espellere i palestinesi dalla Striscia di Gaza, una proposta che ha suscitato un’ondata di reazioni nel mondo arabo e internazionale.

Un fronte arabo contro la deportazione forzata

L’Egitto ha indetto il vertice su richiesta dello Stato di Palestina, coordinandosi con il Bahrein, che attualmente presiede il Consiglio della Lega Araba a livello di vertice.

L’obiettivo principale sarà discutere una risposta unitaria ai piani americano-israeliani, lanciando un messaggio chiaro: qualsiasi trasferimento forzato dei palestinesi equivale a pulizia etnica e a una grave violazione del diritto internazionale.

Ahmed Aboul Gheit, segretario generale della Lega Araba


Ahmed Aboul Gheit, Segretario generale della Lega Araba, ha dichiarato che il summit presenterà una proposta araba alternativa, basata sul consenso palestinese e sul sostegno arabo e internazionale, per contrastare la strategia statunitense.

Ha inoltre sottolineato che questo è un momento di estrema tensione nel conflitto arabo-israeliano e che non ci saranno concessioni sulle terre palestinesi.

Le attese palestinesi: quali azioni dal summit?

Secondo il professor Ayman Al-Raqab, esperto di Scienze Politiche palestinese, il summit si svolge in un contesto di estrema difficoltà e complessità.

Gli Stati Uniti continuano a discutere del loro piano di deportazione dei palestinesi, ignorando il rifiuto unanime dei Paesi arabi e di molti attori internazionali.

Palestinesi che ritornano a Gaza dopo accordo per il Cessate il fuoco


L’analista politico palestinese collega il vertice alla conferenza per la ricostruzione di Gaza prevista a Il Cairo, evidenziando come il summit dovrebbe riaffermare una posizione araba compatta contro qualsiasi tentativo di spostare la popolazione palestinese.

Inoltre, si discuterà della creazione di uno Stato palestinese indipendente, accompagnato da un piano internazionale per la ricostruzione della Striscia di Gaza, dimostrando che gli Stati arabi possono rispondere alla distruzione causata dall’occupazione israeliana con le armi americane.

Verso un Esercito arabo unificato?

Uno dei temi più caldi riguarda la possibilità di annunciare la formazione di un Esercito arabo unificato, in attuazione dell’accordo di Difesa araba congiunta firmato nel 1950.

Al-Raqab sottolinea che questa mossa servirebbe a dimostrare l’unità araba e a lanciare un messaggio forte sia all’occupazione israeliana che agli Stati Uniti.

L’Accordo di Difesa arabo congiunto, sottoscritto da 7 Paesi e successivamente adottato da altre Nazioni arabe, stabilisce che qualsiasi aggressione contro un Paese firmatario sarà considerata un attacco contro tutti.

Se il vertice decidesse di attuare questa clausola, potrebbe segnare un cambiamento radicale nella geopolitica mediorientale.

Una risposta araba urgente

L’esperto palestinese ritiene che la riunione del 27 febbraio dovrebbe annunciare l’invio immediato di attrezzature e materiali per la ricostruzione di Gaza, senza attendere il via libera israeliano.

Questo sarebbe un messaggio chiaro: i palestinesi non lasceranno la loro terra e gli arabi non permetteranno il loro spostamento forzato.

Un altro punto chiave sarà il tentativo di convincere gli Stati Uniti a riconoscere lo Stato di Palestina, sottolineando che la stabilità dell’intero Medio Oriente dipende dalla sua creazione.

Tuttavia, Al-Raqab avverte che senza il consenso americano, anche con il riconoscimento globale, la nascita dello Stato palestinese resterebbe bloccata dal veto di Washington al Consiglio di Sicurezza ONU.

Come affrontare Trump?

L’Ambasciatore Hossam Zaki, Segretario generale aggiunto della Lega Araba, ha dichiarato che le parole di Donald Trump richiedono una risposta coordinata.

Ha sottolineato che la mancanza di unità araba in passato ha sempre rafforzato l’altra parte e che ora è necessaria una strategia comune.

Secondo Zaki, il modo migliore per gestire Trump non è ignorarlo, ma rispondere con una strategia ben definita. Una delle proposte più concrete è accelerare la ricostruzione di Gaza con la manodopera palestinese, un’operazione che renderebbe impraticabile qualsiasi piano di deportazione.

Possibili mosse arabe: sospendere accordi con Israele?

Ahmed Wahban, preside della Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Alessandria, sottolinea che la situazione attuale richiede azioni concrete e non solo dichiarazioni. Alcune delle misure che potrebbero essere adottate dal vertice includono:

    • Minacciare la sospensione degli Accordi di Abramo, considerati un grande successo diplomatico per Israele
    • Ritirare gli Ambasciatori arabi da Israele, per i Paesi che hanno relazioni ufficiali con Tel Aviv
    • L’Egitto potrebbe sospendere il trattato di pace con Israele, una mossa che cambierebbe radicalmente gli equilibri nella regione.
    Wahban sottolinea che imporre l’espulsione di un intero popolo è una violazione delle leggi internazionali.
    Ritiene che il summit debba assumere una posizione forte e determinata, perché Trump sta cercando di imporre decisioni unilaterali che potrebbero scatenare un conflitto su larga scala.

Il destino della Palestina è nelle mani del mondo arabo

Il vertice arabo di emergenza rappresenta una svolta cruciale per la questione palestinese.

La comunità internazionale attende di vedere se i leader arabi saranno in grado di adottare misure concrete per contrastare i piani di Trump e Netanyahu o se si limiteranno a una dichiarazione di condanna.

Il Presidente egiziano Abdel Fattah El-Sisi


Le decisioni che verranno prese a Il Cairo potrebbero determinare il futuro della Palestina e ridefinire il ruolo degli Stati arabi nel conflitto israelo-palestinese.

La pressione per agire è forte: il mondo arabo non può più permettersi di restare a guardare.

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