Vertice G20, ad Osaka gli Stati Uniti dicono ancora no ad interventi sul clima

Di Pierpaolo Piras

Osaka. Nella dichiarazione finale del summit del G20, conclusosi sabato scorso ad Osaka, tutti i Paesi, eccetto gli USA, hanno ratificato il proprio consenso al documento riguardante gli aspetti climatici, già approvato nella conferenza sul clima. tenutasi a Marrakech nel 2016.

Quest’anno si è riunito in Giappone con uno sguardo verso i temi più caldi del momento: cambiamento climatico, problematiche del mercato libero e dispute sui dazi doganali, criticità al calor bianco tra Iran ed USA tra le sponde dello stretto di Hormuz.

A latere, sono state trattate le problematiche suscitate dalle più moderne scoperte ed innovazioni tecnologiche come quelle sulla intelligenza artificiale, lo smaltimento dei rifiuti di plastica enormemente accumulatisi nei mari e oceani del mondo, la crescita degli investimenti e dell’occupazione (quest’ultima in calo un po’ dappertutto tranne che negli Stati Uniti).

L’incontro nella bella città di Osaka, storica capitale commerciale del Giappone, ha voluto creare l’occasione per numerosi importanti incontri bilaterali previsti, come quello tra il Presidente USA, Donald Trump, con Xi Jinping, il Presidente cinese e con Nerenda Modi, primo ministro indiano.

Trump. Abe e Modi

Il vertice si è concluso tra luci ed ombre.

L’obiettivo sul clima è fallito. Trump ha negato la propria (e ambita) firma sul testo finale del documento, ribadendo la sua accusa che tale problematica sarebbe favorita solo a parole ma non nei fatti, compresa la veridicità delle sperimentazioni, non unanimemente riconosciute in seno alla comunità scientifica.

Luce verde, invece, tra il capii della Casa Bianca e Xi Jinping, i quali hanno separatamente concordato di riavviare i negoziati per l’attivazione di nuove regole nel commercio reciproco.

Il Presidente americano scherza con il suo omologo cinese, Xi Jinping

Il che ha sollevato dalle ambasce il primo ministro giapponese, Shinzo Abe (ed il vertice stesso) dal timore di essere dannosamente coinvolto nel conflitto commerciale tra USA e Cina.

In un successivo incontro con la stampa, Donald Trump ha riferito che le aziende tecnologiche americane potrebbero in un prossimo futuro riprendere il commercio di prodotti, anche con Huawei, ovvero l’esatto opposto di quanto è stato imposto dalle istituzioni USA circa un mese fa.

I termini condizionali con i quali s’è espresso, depongono per una disponibilità americana ad un accordo con la Cina, ma ancora da collimare con il rispetto cinese degli interessi americani in questo ricchissimo mercato.

Attualmente, i dazi per miliardi di dollari sulle merci cinesi sono ancora totalmente in vigore, resta quindi una lunga strada da percorrere.

Una lacuna che verrà colmata solo con l’uso della intelligenza e non della forza. La fiducia è comunque cresciuta in seguito alla ripresa del dialogo tra questi due giganti economici.

“Abbiamo avuto un ottimo incontro con il presidente Xi della Cina, eccellente, direi eccellente – ha concluso Trump parlando con i giornalisti – Abbiamo discusso di molte cose e siamo di nuovo in pista e vedremo cosa accadrà.”

Un ultimo siparietto s’è aperto nel breve colloquio fra Trump e Vladimir Putin, Presidente della Russia, nel quale The Donald ha detto a Putin “Don’t meddle in the USA 2020 elections “, una sorta di “Non immischiarti nelle elezioni americane del 2020” .

La streta di mano tra Putin e Trump

Il Gruppo del G20 riunisce i 20 Capi di governo, i relativi ministri delle Finanze ed i Governatori delle Banche Centrali, che costituiscono circa il 70% della popolazione mondiale e l’85% della ricchezza mondiale.

E’ nato nel 1999, a seguito della drammatica crisi finanziaria, internazionale e debitoria, di quelli anni. Si riunisce annualmente in uno degli Stati membri per discutere su argomenti di natura economica o finanziaria.

I Paesi che ne fanno parte sono: Stati Uniti, Argentina, Australia, Brasile, Gran Bretagna, Canada, Cina, Francia, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sud Africa, Corea del Sud, Turchia. Oltre all’Unione Europea.

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