Di Antonella Roberta La Fortezza
MOSCA (nostro servizio particolare). Nei giorni scorsi, il canale Telegram Razgruzka Wagnera ha pubblicato un video in cui, presumibilmente, il fondatore del Wagner Group, Yevgeny Prigozhin, appare al pubblico parlando del futuro della sua compagnia dopo i fatti del 23-24 giugno in Russia, quando gli elementi del Wagner Group hanno marciato verso Mosca.
Contestualmente, in un’intervista audio rilasciata all’emittente filorussa Afrique Media Tv, il fondatore della Wagner ha ribadito che i suoi uomini non combatteranno più in Ucraina ma saranno trasferiti nel Teatro Operativo africano, dove continueranno a impegnarsi per portare avanti tutte le operazioni già avviate e cercheranno di istituire nuove linee di attività.
Le dichiarazioni fatte da Prigozhin nel video e nell’intervista sembrano confermare quanto già emerso nei fatti nelle ultime quattro settimane, quelle cioè successive ai fatti di giugno in Russia: non solo la presenza della Wagner in Africa non è diminuita, ma al contrario lo sguardo di Prigozhin si rivolge ora con molta più attenzione proprio verso quel Continente che, negli ultimi anni, è diventato il core business dell’attività della compagnia di mercenari da lui fondata.
Il fatto che la presenza della Wagner in Africa non si sia nelle ultime settimane ridotta è stato confermato anche dal coordinatore per le Comunicazioni Strategiche del National Security Council presso la Casa Bianca, John Kirby, il quale ha dichiarato, durante un recente incontro con la stampa, che la presenza e le attività della Wagner in Africa, soprattutto in Mali e in Repubblica Centroafricana (RCA), non hanno mostrato alcun cenno di riduzione nonostante le tensioni derivanti dalla presunta insurrezione contro il Cremlino.
Al contrario, nelle ultime settimane il gruppo privato russo ha rafforzato i propri effettivi in particolare a Bangui, ricollocandovi centinaia di suoi istruttori, con il compito di assistere il personale militare delle Forze Armate e delle forze dell’ordine della RCA nel garantire la sicurezza in vista del referendum costituzionale che si terrà il 30 luglio.
Le dichiarazioni di Prighozin, dunque, sembrano supportare la tesi secondo la quale non si assisterà a un ritiro del gruppo dal continente africano dopo i fatti di giugno in Russia; al contrario, le stesse dichiarazioni del fondatore della Wagner e finanche le vicende sul terreno così come si stanno sviluppando in questi giorni potrebbero delineare un quadro in cui la compagnia privata russa, abbandonando il Teatro ucraino, potrebbe aumentare i propri margini di espansione in Africa.
La salvaguardia delle attuali posizioni del gruppo Wagner in Africa potrebbe essere anche una delle possibili chiavi di lettura dei fatti registratisi a giugno in Russia: nelle stesse dichiarazioni rilasciate nelle circa 48 ore dei convulsi eventi russi, infatti, Prighozin ha fatto un esplicito riferimento all’Africa.
Il fondatore del gruppo ha ricordato come prima dell’offensiva in Ucraina il Continente africano fosse annoverato tra gli interessi principali della Russia, per essere poi successivamente messo da parte in ragione delle necessità di finanziarie altri fronti.
Dopo il suo intervento in Siria il gruppo paramilitare russo ha progressivamente esteso la propria influenza e le proprie attività, con diversa intensità, a Sudan, RCA, Libia, Mali, Madagascar, Guinea, Guinea Bissau, Kenya, Zimbabwe, Angola, Repubblica Democratica del Congo e più recentemente Burkina Faso.
L’influenza e le posizioni del gruppo nel continente sono state perlopiù incentrate sul binomio offerta di sicurezza – partecipazione agli introiti e alla gestione delle risorse locali, seppur declinato in diversi modi in ragione delle peculiarità locali.
Le dichiarazioni di Prigozhin fin dalle prime ore della marcia verso Mosca, sembrerebbero supportare l’ipotesi secondo cui la tensione tra la Wagner e il Cremlino possa essere progressivamente cresciuta anche in ragione della riduzione dei finanziamenti da parte di Mosca diretti a favore del gruppo Wagner per supportare le operazioni in Africa, data la necessità prioritaria, dal punto di vista strategico nazionale, di impiegare maggiori risorse nel teatro ucraino.
A prescindere da quella che sarà l’evoluzione del rapporto tra Prigozhin e il Presidente russo Vladimir Putin, difficilmente la Wagner di Prigozhin abbandonerà volontariamente l’Africa poiché essa rappresenta il teatro delle attività più remunerative per il gruppo: nel febbraio di quest’anno, il Financial Times ha riferito che Prigozhin avrebbe guadagnato circa 250 milioni di dollari dagli accordi raggiunti tra la Wagner e i paesi dell’Africa e del Medio Oriente.
Sebbene il gruppo paramilitare si sia fatto negli anni portatore degli interessi del Cremlino in molte delle attività svolte nel continente africano, è pur vero che in svariati casi è il gruppo stesso a detenere vantaggi particolaristici e individualistici nel continente, i quali sono stati portati avanti anche con una certa autonomia di azione rispetto ai desiderata moscoviti.
D’altro canto, le attività del gruppo Wagner nel continente africano rimangono di prioritario valore e interesse anche per Mosca poiché esse sono state negli anni uno strumento fondamentale per la diplomazia informale russa, tramite il quale il Cremlino è riuscito a estendere non solo la propria influenza nel continente ma ha avuto anche accesso a importati riserve di materie prime che hanno garantito entrate e liquidità in particolare nell’attuale contesto di regime sanzionatorio internazionale cui è sottoposta la Federazione russa.
Il gruppo paramilitare continua, dunque, a rappresentare un asset strategico necessario per la Russia e ciò, pertanto, sembrerebbe rendere remota l’ipotesi di una sua completa dismissione, soprattutto nel continente africano.
Non è un caso, infatti, che lo stesso ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, a poche ore dai fatti del 23-24 giugno abbia dichiarato che le operazioni della Wagner in Africa sarebbero sicuramente continuate.
Sebbene le parole di Lavrov debbano intendersi, evidentemente, come una forma di rassicurazione per gli alleati di Mosca nel continente, è pur vero che le stesse hanno potenzialmente disegnato, fin da subito, una sorta di cesura tra quanto stava accadendo in quelle ore in Russia e il Teatro Operativo africano, quasi a voler individuare due contesti del tutto diversi tanto da giustificare due approcci strategici differenti aventi comunque entrambi la finalità di tutelare l’interesse nazionale russo.
Non si può infatti prescindere dal fatto che la Russia e la Wagner risultino attori profondamente interdipendenti nel quadrante africano: il gruppo di mercenari fa affidamento sulla Federazione russa per le forniture militari e soprattutto per la logistica e la Russia confida nell’azione della Wagner per essere presente in aree e in contesti dove preferisce agire tramite l’informalità.
Fermo restando l’improbabile cessazione di tutte le attività del Wagner Group in Africa, può dirsi tuttavia che, molto probabilmente, sarà sulla base del rapporto che si svilupperà tra il Cremlino e Prigozhin che andrà a delinearsi, nei prossimi mesi, anche la futura struttura della Wagner in Africa.
Qualora Prigozhin dovesse restare alla leadership del gruppo e dovesse continuare ad avere rapporti con Mosca, allora verosimilmente la gestione degli interessi della Wagner in Africa continuerà seguendo quelle stesse forme e strutture adoperate fino a questo momento.
E, in caso contrario, come detto non si assisterà a una scomparsa del gruppo, quanto piuttosto a una sua parziale e probabilmente soltanto formale riorganizzazione volta a creare un ambiente che permetta al Cremlino una più vigile e pervasiva azione sugli equilibri interni della compagnia di mercenari, in modo da evitare nuove possibili derive e concentrazioni di potere.
Si prospetterebbe, dunque, in questo caso, uno scenario in cui i vertici russi potrebbero procedere a una riorganizzazione del gruppo e a una revisione di vertici e strutture nel tentativo di indebolire i collegamenti tra la base operativa e Prigozhin (e i suoi alleati), rafforzando conseguentemente il controllo da parte di Mosca sulla “nuova” Wagner.
Questa prospettiva richiama, con le dovute differenze, quanto successo, ad esempio, nel decennio scorso con la compagnia privata di contractor Slavonic Corps.
Nel 2013, la Slavonic Corps, guidata da Dmitry Utkin, ex ufficiale delle Forze Speciali russe, era stata inviata in Siria per combattere contro l’allora ISIS.
Dopo una performance in combattimento segnata da una serie di sconfitte, i membri della compagnia fecero ritorno in Russia dove vennero arrestati dall’FSB, accusati di aver agito come mercenari in contrasto con quanto previsto dal Codice penale russo.
Pochi mesi dopo, tuttavia, Utkin e vari comandanti ed ex membri della compagnia Slavonic Corps furono autorizzati da Mosca a diventare quadri proprio del neo-nato Wagner Group.
Sebbene anche quella della ristrutturazione del Wagner Group possa essere una strada percorribile, si tratterebbe tuttavia di una scelta potenzialmente pericolosa sia per la stabilità delle posizioni russe in Africa sia per quella intrinseca vocazione alla non-riconducibilità formale tra Mosca e le attività della Wagner.
Con riferimento al primo aspetto, infatti, occorre considerare che in molti casi esiste un rapporto personalistico tra Prigozhin e i vari leader africani con cui la Wagner ha costruito stabili relazioni militari ed economiche negli ultimi anni; un eventuale cambio della catena di comando della compagnia russa potrebbe generare diffidenza da parte delle leadership locali e pertanto potrebbe divenire quantomeno un’arma a doppio taglio nella gestione dei rapporti esistenti e soprattutto limitare, almeno nel breve periodo, la possibilità di una ulteriore espansione degli interessi russi nei Paesi in cui sono già detenute importanti attività.
Sotto il secondo profilo, un maggior “interventismo” ufficiale di Mosca nella gestione delle attività della Wagner (o di un suo gruppo derivato) in Africa potrebbe finire per disegnare una linea di congiunzione sempre più chiara ed evidente tra gruppi privati di mercenari e Cremlino. Mosca perderebbe in questo modo il vantaggio propagandistico della non-attribuibilità formale e diretta alla Federazione russa delle decisioni, delle attività e del modus operandi della Wagner.
Al momento, dunque, la scelta probabilmente più conveniente per il Cremlino, e verosimilmente quella che sarà portata avanti, sembrerebbe essere proprio quella di lasciare inalterate le attuali posizioni e strutture della Wagner in Africa: d’altro canto la stessa crisi tra Prigozhin e il Cremlino non si è generata nelle pieghe delle attività nel continente africano ma in quelle della guerra in Ucraina, fronte operativo dove gli interessi dei due poli russi, quello nazionale e quello privato del gruppo Wagner, apparivano non pienamente allineati già da diverso tempo.
Proprio le recenti dichiarazioni di Prigozhin, dunque, potrebbero verosimilmente essere la dimostrazione fattuale del fatto che gli interessi della Wagner e di Mosca potrebbero continuare a coesistere almeno nel quadrante africano.
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