LECCE. Oggi, nel Salento e nella Casa Circondariale di Lecce, i Carabinieri del Comando provinciale hanno portato a termine una vasta operazione contro un’organizzazione criminale radicata nel basso Salento.
L’intervento ha mobilitato 110 militari, supportati dai comandi territoriali, dallo Squadrone Eliportato Cacciatori “Puglia”, dal Nucleo Cinofili di Bari e militari dell’11° Reggimento “Puglia”.

Su disposizione del Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia, sono state eseguite misure cautelari nei confronti di 18 persone, 16 in carcere e una ai domiciliari, su un totale di 33 indagati.
Il bilancio dell’operazione è imponente: 7 arresti in flagranza, sequestrati 22 chili di cocaina, 10 chili di marijuana, 3,5 chili di eroina, 9 chili di hashish e beni per un valore di circa 91 mila euro.
Gli arrestati sono tutti gravemente indiziati di associazione per delinquere finalizzata al traffico e detenzione di sostanze stupefacenti, lesioni aggravate, tentata estorsione, ricettazione e detenzione abusiva di armi, con l’aggravante del metodo mafioso.
Tutto comincia nel marzo del 2022, quando un giovane di 22 anni di Taviano (Lecce) viene attirato in una trappola con la scusa di un incontro chiarificatore. All’interno di un’abitazione c’erano pugni e minacce.
Viene picchiato brutalmente e costretto a consegnare 700 euro, il prezzo di un debito contratto per l’acquisto di droga. I suoi aguzzini lo obbligano a mettersi alla guida della propria auto, con due di loro a bordo, per recuperare il denaro da casa. Quando il ragazzo scende dal veicolo, gli sottraggono persino le chiavi, per impedirgli ogni via di fuga.
Quello che sembrava un episodio di cronaca nera isolato si rivela ben presto la punta dell’iceberg di una organizzazione criminale ramificata, capace di muovere ingenti quantità di droga e di esercitare un controllo capillare sul territorio, in perfetto stile Sacra Corona Unita.

L’operazione, denominata “Pit Bull”, prende il nome dai cani di razza Pit Bull che custodivano la casa di uno dei sodali e che hanno aggredito i Carabinieri durante un primo intervento di ricerca, a testimonianza della pericolosità ed aggressività dell’organizzazione
Per mesi i militari dell’Arma hanno seguito le tracce del clan, intrecciando intercettazioni telefoniche e telematiche, pedinamenti, osservazioni discrete e perfino ricognizioni aeree.
Un lavoro paziente che ha svelato un traffico continuo di cocaina, eroina, marijuana e hashish, smerciati non solo nei centri abitati ma anche nelle località marine più frequentate della zona.
Nell’organizzazione, ruolo fondamentale è stato quello delle donne di famiglia.
Sei di esse, infatti, tutte raggiunte da misure cautelari, gestivano lo spaccio e lo stoccaggio della droga, controllando approvvigionamenti, consegne e contabilità.
La droga, chiamata in codice “cento” o “pietre”, veniva prelevata più volte al giorno da nascondigli sicuri, nascosta in buste della spesa o cartoni di vino e detersivi per passare inosservata. Una volta preparate le dosi, il cellophane usato per il confezionamento veniva bruciato per cancellare ogni traccia di odore e residuo.
Un sistema collaudato che ha permesso al clan di accumulare ingenti profitti, fino all’intervento risolutivo di oggi.
Il Giudice per le Indagini preliminari di Lecce ha ritenuto gravi gli elementi investigativi acquisiti condividendo l’impostazione accusatoria ed emettendo dunque l’ordinanza di custodia cautelare a cui il Comando provinciale Carabinieri di Lecce ha dato esecuzione..
È obbligo rilevare che gli odierni indagati e destinatari della misura restrittiva, sono, allo stato, indiziati di delitto, pur gravemente, e che la loro posizione sarà definitivamente vagliata giudizialmente solo dopo la emissione di una sentenza passata in giudicato in ossequio ai principi costituzionali di presunzione di innocenza.
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