Grande Guerra, il 4 novembre 1918 l’armistizio di Villa Giusti. Gli italiani sconfissero uno dei più potenti Eserciti del mondo

Roma. Il 4 novembre 1918 alle ore 15 terminò il conflitto e fu proclamata la fine della Grande Guerra. Il Generale Armando Diaz emanò un bollettino che celebrava, non senza retorica, la vittoria sui “uno dei più potenti Eserciti del mondo” (IL TESTO INTEGRALE DEL BOLLETTINO DELLA VITTORIA).

LE PAROLE DEL GENERALE ARMANDO DIAZ (https://youtu.be/EXudkbx5Jw0)

Prima dell’entrata in vigore dell’armistizio (http://www.cimeetrincee.it/armistiz.htm) firmato a Padova a Villa Giusti, l’Esercito proseguì la sua rincorsa ai territori italiani che erano stati persi l’anno precedente. Furono raggiunte Tolmezzo e Chiusaforte sulle Alpi Carniche e Giulie, Una volta lasciata Udine, i soldati si diressero verso Cividale, Buttrio, Manzano e Cormons. Più a Sud, in pianura, fecero il loro ingresso nella città fortificata di Palmanova, Mortegliano, Cervignano e Grado, vicino alle foci dell’Isonzo.

Il Generale Armando Diaz

Non vennero raggiunte le località sulla riva sinistra dell’Isonzo. Per l’Alto Adige mancavano ancora diversi chilometri prima di giungere sul Passo del Brennero, considerato come il confine naturale dell’Italia. La pace però non presupponeva l’impossibilità di continuare l’avanzata, ma solo quella di cessare qualsiasi combattimento. E così nei giorni seguenti furono raggiunte anche altre località abbandonate dalle autorità austro-ungariche.  Due mesi dopo, il 18 gennaio 1919, iniziarono a Versailles i Trattati di pace.

Quel giorno di circa un secolo fa si completò, così, il processo dell’unificazione italiana. Dove le nostre Forze Arnate hanno svolto un ruolo fondamentale per l’unità e l’indipendenza della Nazione e che sarà confermato con la Grande Guerra che, a quel tempo, fu definita la IV Guerra d’Indipendenza.

Furono oltre 5 milioni gli uomini  mobilitati, appartenenti a ben 27 classi di leva, di cui oltre quattro milioni assegnati all’Esercito operante. I caduti furono 680 mila, di cui 270 mila mutilati, oltre un milione di feriti.

Vita di trincea

I prigionieri furono 600 mila, 64 mila dei quali morirono per stenti in mano nemica. Morti e feriti nelle trincee del Carso, sui monti del Trentino, nei cieli, in Adriatico o all’estero, dove pure furono impegnate le nostre truppe, in Francia, in Albania, in Macedonia, in Palestina.

In tutti questi luoghi la mobilitazione mise insieme italiani provenienti da ogni regione, da ogni provincia, appartenenti a tutte le classi sociali. I contadini costituivano il grosso delle fanterie. Mentre gli studenti, inizialmente,f ornivano il grosso degli ufficiali di complemento. Per tre anni e mezzo tutti questi italiani vissero e lottarono, spalla a spalla, accomunati nelle sofferenze.

Ecco perché il 4 novembre, nato come “Festa della Vittoria” (semplicemente “la Vittoria”, per antonomasia) è con il tempo divenuta la “Giorno dell’Unità Nazionale e Giornata delle Forze Armate”.

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