Consiglio europeo: la diplomazia al lavoro. I Paesi “frugali” vinceranno la partita?

Di Pierpaolo Piras

Bruxelles. Dopo l’altra fumata nera di ieri, oggi, alle 16 riprenderanno, a Bruxelles, i lavori del Consiglio europeo.

Un summit molto delicato per definire il quadro finanziario pluriennale e il  Recovery fund.

Al centro del Consiglio Europeo i temi economici dell’Europa

La mattinata è comunque dedicata alla definizione degli ultimi aspetti nella speranza che questa sera si arrivi ad un’intesa.

I PUNTI CONTROVERSI

Fino a ieri sera, ricordiamo che tutto o niente potrebbe cambiare nel prossime ore, erano questi: ammontare degli aiuti a fondo perduto, procedure della relativa governance, entità dei rimborsi ad alcuni Paesi, legame tra erogazione dei fondi europei e rispetto dello stato di diritto, ampiezza del bilancio dell’Unione europea 2021-2027.

Il premier olandese Mark Rutte

Cerchiamo di svilupparli:

Aiuti a fondo perduto: I 500 miliardi proposti dalla Commissione europea sono troppi per i cosiddetti Paesi frugali costituiti da Olanda, Austria, Danimarca, Svezia e Finlandia. I quali vorrebbero scendere ben sotto la soglia dei 400 miliardi ampliando la quota dei prestiti, fissata inizialmente a 250 miliardi, per mantenere l’importo complessivo di 750 miliardi indicato per il Recovery Fund.

Governance degli aiuti: Sempre i Paesi cosiddetti “frugali, capitati dall’Olanda di Mark Rutte vogliono che sia previsto un meccanismo che consenta loro di porre un veto all’approvazione dei piani che dovranno essere presentati dai singoli Paesi e che saranno esaminati dalla Commissione.

Stessa cosa per quanto riguarda lo stop all’erogazione dei fondi nel caso in cui il Paese interessato non rispetti gli impegni indicati nel piano. Una possibile soluzione viene vista in quello che è stato definito “super freno d’emergenza”, proposto dal Consiglio.

Rimborsi (rebates): Su questo tema si registra un’ampia maggioranza di Paesi che vorrebbe abolire, sull’onda dell’uscita dalla Ue del Regno Unito, questo meccanismo introdotto in seguito alla battaglia condotta all’epoca da Margaret Thatcher al grido I want my money back (voglio indietro i miei soldi).

Però Olanda, Austria, Svezia e Danimarca intendono ampliare l’entità dei rimborsi che gli vengono dati, in base a complicatissimi calcoli, per compensare i loro versamenti alle casse del bilancio europeo.

Stato di diritto – Moltissimi Paesi Ue sarebbero d’accordo a introdurre una procedura che possa bloccare l’erogazione dei fondi europei a quei Paesi che oggi sono Ungheria e Polonia, finiti sotto esame per il sospetto di non rispettare i principi dello stato di diritto. Chiaramente i due Paesi si oppongono fortemente.

Il primo ministro ungherese Viktor Orban

Bilancio Ue 2021-2027:  Molti Paesi del Nord Europa ritengono che la proposta sul tavolo (stanziamento di 1.074 miliardi per 7 anni) sia eccessiva e vorrebbero un ulteriore taglio.

L’ANTEFATTO   

Sabato scorso, all’apertura dei lavori, Angela Merkel, cancelliera tedesca, aveva detto che “le differenze sono ancora molto, molto grandi e non possiamo prevedere se riusciremo a raggiungere un risultato”.

Italia, Spagna e Portogallo, complice anche la situazione post Covid-19 sono stati messi sul “banco degli imputati” dai Paesi cosiddetti “frugali”.

Il capo del Governo Giuseppe Conte con il ministro degli Affari europei Vincenzo Amendola

Oltre al premier olandese Mark Rutte, una dura presa di posizione è stata presa da quello austriaco Sebastian Kurz, seguito dai colleghi di Svezia, Finlandia  e Danimarca.

Il capo del Governo austriaco Sebastian Kurz

L’obiettivo da conseguire al più presto è il recupero delle immani perdite economiche subite dall’economia europea colpita dal virus.

Alle spalle del vertice vigila Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, che si era augurata un rapido raggiungimento di un accordo.

È evidente per tutti i protagonisti l’esigenza di avviare al più presto piani di risanamento economico affinché il sistema Europa possa urgentemente affrontare sia la concorrenza  internazionale che i gravi traumi e chiusure dei mercati interni.

Mark Rutte, in primis, non si fida dell’Italia e neanche della Commissione Europea.

Gli argomenti a sostegno non gli mancano di certo. Solo per citarne uno: è sufficiente pensare al mancato utilizzo di gran parte del fondo che l’Unione Europea ha posto a disposizione di Roma.

La rigidità esibita all’esordio dell’incontro potrebbe, come spesso capita negli affari diplomatici, trattarsi di una tattica iniziale dalla quale muovere gradualmente verso un accordo oppure per guadagnare qualcosa in contropartita. Questo lo sapremo, si spera, in serata.

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