Elezioni in Honduras: Washington decide di entrare nelle scelte dei cittadini. Una campagna già esplosiva, accesa dall’intervento americano

Di Giuseppe Gagliano*

TEGUCIGALPA (HONDURAS). Giornata elettorale, oggi, in Honduras. Si vota a turno unico, senza ballottaggio.

Oggi si vota in Honduras per le Presidenziali

Vince chi ottiene più voti, anche senza una maggioranza assoluta.

Questo sistema incoraggia le alleanze e polarizza lo scontro. L’astensionismo, previsto al 40%, potrebbe fare la differenza.

Sono tre i candidati in corsa, finora nessuno in netto vantaggio.

I tre candidati in corsa per le Presidenziali in Honduras

Rixi Moncada, del Partito di sinistra Libre, ex ministro della Difesa e delle Finanze, è sostenuta da Xiomara Castro la Presidente uscente, promette continuità con il programma progressista.

Oltre a mantenere buoni rapporti con la Cina. Ma sul suo social Truth, il Presidente americano Donald Trump ga accusato la Castro e la stessa Moncada di voler trasformare l’Honduras in un altro disastro socialista come il Venezuela.

Mentre Nasry Asfura candidato conservatore del Partito Nazionale, ha l’endorsement di Trump, e punta a tagliare i ponti con la Cina per riavvicinarsi sia a Taipei sia a Washington.

Infine c’è Salvador Nasralla, del Partito Liberale, che si presenta come l’unico non corrotto, promette alleanze con Usa e Israele. Anche lui mira a riallacciare i rapporti con Taiwan a scapito della Cina.

Il pre elezioni 

A quattro giorni dal voto, Donald Trump aveva fatto irruzione nella politica honduregna con la grazia di un elefante in cristalleria.

Il Presidente americano Donald Trump

Con un post sul suo social, aveva appoggiato apertamente Nasry “Tito” Asfura, definendolo “l’unico vero amico della libertà”, e ha demolito gli altri candidati.

Un gesto che, in un Paese dove i sospetti di brogli e le tensioni tra partiti sono la norma, ha l’effetto di una bomba politica. Era già una campagna confusa, polemica e carica di reciproche accuse. Ora è diventata una campagna polarizzata attorno a un elemento esterno: gli Stati Uniti.

Asfura, l’uomo di Trump tra accuse e riabilitazioni

Asfura, imprenditore ed ex sindaco di Tegucigalpa, vive una parabola politica curiosa: controverso in patria ma oggi sponsorizzato da Washington.

Il sostegno americano arriva proprio mentre il Partito Nazionale cerca di far dimenticare il peso dello scandalo Hernandez, l’ex Presidente condannato negli Stati Uniti per narcotraffico.

Asfura prova a smarcarsi ricordando che “ognuno risponde delle proprie azioni”, e punta tutto sulla bandiera dell’anticomunismo, crocevia eterno della politica centroamericana.

Eppure le ombre non mancano: accuse di appropriazione indebita, società offshore nei Pandora Papers, un passato amministrativo contestato.

Nonostante ciò, persino i suoi avversari riconoscono che la capitale, sotto di lui, è stata modernizzata.

Una retorica d’altri tempi: narco-comunismo e minacce regionali

Trump non si è limitato a dire “votate Asfura”.

Ha ricamato attorno al suo sostegno una narrativa in stile Guerra Fredda, accusando il Venezuela e i suoi “narco-terroristi” di voler mettere le mani sull’Honduras.

Ha promesso aiuti, sostegno militare e una lotta comune contro il “narco-comunismo”.

Tutto mentre mantiene un dispositivo navale vicino alla costa venezuelana, alzando la pressione su Nicolas Maduro.

Il Presidente del Venezuela, Maduro.

È un gioco geopolitico che supera di gran lunga la portata delle elezioni honduregne: Washington non vuole perdere un altro pezzo dell’area centroamericana, tanto più mentre la Cina e la Russia tentano di proiettarsi nella regione.

Moncada e Nasralla, i bersagli dell’offensiva trumpiana

Rixi Moncada, candidata del partito Libre, viene bollata da Trump come “comunista” per le sue simpatie verso Fidel Castro e per la proposta di aumentare le tasse alle élite.

Risponde con calma, ribaltando l’accusa: “Mi chiamano comunista perché voglio che i ricchi paghino di più”.

Salvador Nasralla, invece, viene accusato di incoerenza, di fingere l’anticomunismo e di avere tradito la sua base nel 2021. Nasralla replica parlando di “disinformazione malevola”. Ma l’obiettivo della mossa trumpiana è chiaro: ridurre il campo dei contendenti a un solo nome possibile.

Un Paese che vota senza fidarsi

L’Honduras si trova a votare in un clima di sfiducia generalizzata.

I tre candidati principali si accusano a vicenda di preparare brogli, le istituzioni navigano a vista e la polarizzazione ricorda in parte quella del 2017, quando violenze e repressioni seguirono le contestazioni del voto. Xiomara Castro, nonostante gli attacchi dell’opposizione, mantiene il sostegno dell’Esercito, lo stesso che nel 2009 rovesciò suo marito Manuel Zelaya.

È un dettaglio che pesa: in America Centrale, gli Eserciti non sono solo attori istituzionali, ma arbitri politici.

L’Honduras come pedina di una strategia più ampia

La vera questione è un’altra.

Perché Trump ha scelto questo momento per intervenire?

L’Honduras, con la sua posizione strategica, i suoi legami con Taiwan, il fenomeno migratorio verso gli Stati Uniti e la crescente competizione globale in America Latina, è diventato un nodo sensibile delle politiche di Washington.

Appoggiare Asfura significa scegliere un candidato che promette fedeltà geopolitica, ostilità verso il Venezuela e un ritorno a una relazione bilaterale modellata sull’agenda americana.

L’esito del voto è incerto.

Ma una cosa è chiara: gli Stati Uniti hanno deciso di sedersi direttamente al tavolo.

E quando Washington entra così pesantemente nella politica centroamericana, il rischio non è solo influenzare un’elezione, ma innescare una nuova stagione di dipendenze e instabilità.

*Presidente Centro studi strategici (Cestudec)

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