Di Christine Aura*
Beirut. Sin dall’inizio della gravissima crisi economica che si è abbattuta sul Libano, i toni tra l’ambasciatrice americana a Beirut, Dorothy Shea, e Hassan Nasrallah, il Segretario Generale di Hezbollah, non sono mai stati così accesi e provocatori.

Ogni dichiarazione da entrambe le parti viene accolta con critiche e accuse di ingerenza straniera nel Paese dei Cedri: iraniana da una parte e americana/israeliana dall’altra.

E tutto ciò accade allo scoperto, sui social, quotidiani e canali televisivi nazionali e persino, davanti a un governo e un Presidente della Repubblica, per di fatto, completamente assenti e apatici a ciò che accade sul territorio.
A tal proposito, l’ultimo incontro tra il Presidente della Repubblica, Michel Aoun, e il neoincaricato primo ministro, Nagib Mikati, non ha portato a nessun esito positivo circa le liste dei vari politici disegnati per coprire i vari Ministeri e formare il nuovo governo richiesto dalla Comunità Internazionale.

Il clima negativo tra entrambi i politici ha spinto Mikati a dichiarare la sua volontà di presentare le dimissioni non appena è uscito dal Palazzo Presidenziale l’altro giorno.
E così, dal 10 agosto 2020 ad oggi, Mikati sarebbe il quarto premier incaricato della formazione del Governo, il quarto a non riuscirci e il quarto a voler dimissionare.
Davanti a quest’impasse politica che dura da più di un anno, si è aggiunta quella economica che ha messo in ginocchio il Paese.
Da mesi, scarseggiano i prodotti di prima necessità come il pane e il latte, i medicinali, la corrente statale, la benzina, l’acqua e le file di 6-7 ore sono diventate la routine dei cittadini che spesso non trovano nemmeno il prodotto del quale hanno bisogno, anche se fanno la fila.

Per questo motivo, tutti i capi dei partiti sono stati presi di mira da parte della popolazione.
Lo stesso Presidente della Repubblica è stato accusato di aver trascinato il Paese all’Inferno; anche il Direttore della Banca Centrale, Riad Salameh, è finito nel mirino, soprattutto quando alcuni giorni fa, ha deciso di togliere i sussidi pubblici sulla benzina.
Una decisione che ha visto i prezzi del carburante triplicare il giorno dopo.

Non solo, sono finiti nel mirino anche i proprietari delle farmacie e dei distributori che secondo i cittadini, stanno nascondendo medicinali e carburante al fine di rivenderli sul mercato nero.
Inoltre, alcune testate giornalistiche parlano di un vero furto di medicinali e di benzina verso i confini siriani.
In ogni caso, i cittadini hanno avuto conferma dei propri sospetti dopo l’incidente avvenuto a un distributore al Nord del Paese una settimana fa, di preciso ad Akkar: pare che il figlio del proprietario di quel distributore avesse nascosto del carburante in un magazzino vicino.
Una volta scoperto dalle Forze dell’Ordine, i militari hanno iniziato a distribuire gratuitamente il carburante alla gente che stava in fila.
Si parla di circa 200 persone presenti sul posto.
Non appena si è avvicinato il figlio del proprietario per obiettarsi all’operazione dei militari, è scoppiato l’incendio: alcune fonti parlano di una sparatoria all’interno del distributore e altre dicono che è stato proprio il figlio del proprietario a lanciare un accendino e causare l’incendio.
La tragedia ha provocato 28 morti e 79 gravemente ustionati, tra cui alcuni sono stati trasferiti in ospedali turchi e altri in strutture ospedaliere giordane vista la mancanza dei medicinali negli ospedali libanesi.
In questo clima di vero Far West ai distributori dove le risse e le sparatorie sono diventate quotidiane, sono dovute intervenire le LAF (Lebanese Armed Forces) al fine di imporre la sicurezza, di limitare le file delle macchine e di distribuire la benzina gratuitamente nel caso scoprissero che i distributori la nascondessero.
Il problema della distribuzione della benzina si è aggravato ancora di più quando la storica compagnia petrolifera “Coral” ha deciso di chiudere battente quattro giorni fa.
È proprio la crisi del carburante che ha innescato l’esasperazione di un popolo che non vede più la via d’uscita all’inferno che sta vivendo.
Inoltre, è stata la stessa a provocare le polemiche più aspre tra l’ambasciatrice americana Shea e Nasrallah.
In effetti, approfittando della crisi del carburante, Nasrallah ha annunciato, giovedì scorso, la sua volontà di far pervenire la benzina dall’Iran.
Non è la prima volta che lo fa. Una dichiarazione del genere la fece alcuni mesi fa quando la crisi del carburante si era appena scatenata, ma erano solo parole nell’aria e propaganda pura.
Giovedì scorso invece, sembrava più determinato e sicuro. Non ha precisato però, quando sarebbe arrivata la nave carica di carburante iraniano.
Sul quotidiano iraniano Nournews si è parlato di un gruppo di imprenditori sciiti libanesi che avevano acquistato della benzina dall’Iran e proposto di finanziare il suo trasporto fino a Beirut.
Per di più, domenica scorso, Nasrallah ha annunciato per la seconda volta e sul proprio canale televisivo al-Manar, che “una seconda nave e altre ancora sarebbero già in viaggio dall’Iran che la benzina non era destinata al Partito ma a tutta la popolazione bisognosa, che Hezbollah non decide per il Governo libanese e che non è un’alternativa allo Stato apatico ma che vorrebbe aiutare la popolazione e gli ospedali che minacciano di chiudere che Israele non potrà fermare le navi che dovranno raggiungere il porto di Beirut altrimenti, sarebbe la responsabile delle sofferenze del popolo libanese’’.
Insomma, una propaganda oppure una realtà stavolta? È presto rispondere. In ogni caso, non c’è nessuna traccia di nessuna nave carica di carburante iraniano in viaggio verso Beirut non ancora.
Ma queste dichiarazioni sono bastate per far scoppiare l’ira dell’ambasciatrice americana a Beirut e a infiammare i social degli oppositori che accusano Hezbollah di essere la principale causa dell’attuale crisi del Paese.
Da parte sua, l’ambasciatrice americana, Shea, ha apertamente accusato Nasrallah di essere a capo di un’organizzazione terroristica, di essere responsabile di tutti i mali del Libano e che cerca di far cadere il Paese nella sfera iraniana, oltre a voler sostituire lo Stato ed essere l’unica soluzione a tutte le crisi della Nazione.
In mezzo alle polemiche e le accuse che volano tra l’ambasciatrice americana e Nasrallah, bisogna sottolineare che il Presidente della Repubblica e il suo partito FPM (Free Patriotic Movement) non hanno commentato nessuna delle due dichiarazioni di Hezbollah.
Dorothy Shea non si è limitata a criticare e accusare Nasrallah ma ha anche invitato il Presidente della Repubblica ad importare il gas naturale dall’Egitto al fine di porre fine alla crisi della benzina. Shea ha dichiarato che nella sua ultima visita in Egitto, l’ex premier, Saad Hariri, aveva cercato di far pervenire il gas dall’Egitto, attraverso la Giordania.

Una mossa che potrebbe funzionare ma che ci vorrebbero mesi per realizzarla.
Infatti, il gasdotto giordano dovrebbe attraversare un pezzo di territorio siriano prima di arrivare in Libano e per farlo pervenire, bisogna rivedere le sanzioni sulla Siria.
Una cosa è certa. Se Hezbollah riuscisse a far pervenire la benzina dall’Iran, sarebbe una grossa vittoria politica a quel partito che si vuole dipingere come un’organizzazione pulita, lontana dalla corruzione galoppante tra i vertici libanesi e che pensa solo al benessere dei suoi cittadini.
E se Israele bombardasse una delle navi iraniane in prossimità delle acque territoriali libanesi, sarebbe ancora una volta perdente agli occhi dei supporters di Hezbollah nel Mondo Arabo.
* Docente di Lingua Araba all’Università di Urbino e Bologna
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