Aeronautica: la storia di Rosina Ferrario che nel 1913 divenne la prima donna pilota

Di Paola Ducci*

MILANO (nostro servizio particolare). E’ arrivato il grande giorno.

Il 3 gennaio 1913, dopo mesi di esercitazioni frustranti, rullaggio dopo rullaggio, sfidando la mentalità corrente, Rosina Ferrario è pronta e emozionata.

La licenza di volo di Rosina Ferrario

 

I commissari, tutti uomini, si schierano lungo la pista per  decidere se quella sarà o meno la prima donna italiana a conseguire il brevetto di pilota.

Rosina Ferrario si alza in volo con il suo Caproni a motore Anzani e vola compiendo due impressionanti figure di otto intorno a una serie di piloni distanti cinquecento metri l’uno dall’altro, prima di ripartire per la prova di distanza.

Volando a 200 piedi da terra, percorre 7 chilometri in meno di 15 minuti e compie un atterraggio perfetto.

È ufficiale: l’ha superato l’esame. La sua licenza della Fedération Aèronautique Internationale e dell’Aero Club d’Italia, numero 203, certifica – in italiano e in francese – che “la signorina Rosina Ferrario, avendo soddisfatto tutte le condizioni imposte dalla FAI, ha ottenuto la licenza di aviatore“.

Rosina Ferrario è la prima donna  aviatrice italiana e solo l’ottava al mondo.

Rosina nasce  a Milano il 28 luglio 1888 da una famiglia distinta, avventurosa e moderna.

E’ istruita, volitiva, curiosa. Parla diverse lingue, lavora in una concessionaria Cadillac ed è un’appassionata di auto, che  guida  con grande piacere e bravura.

Ed è proprio mentre sta guidando, un giorno dell’autunno 1909, che nota un biplano nel cielo: è proprio in quel momento che le grand bleu la conquista per  sempre.

Rosina Ferrario sul suo aereo

La sua biografa Rosellina Piano, autrice di “Signorina aviatrice”, il libro definitivo su Rosina Ferrario, cita una nota del suo diario di quel giorno: “Volevo essere anch’io lassù, in alto nel cielo, volare veloce e libera, godermi dall’alto la bellezza dell’orizzonte sconfinato”. Rosina  fa la sua prima prova di volo meno di due anni dopo, presso la scuola di volo di Piazza d’Armi a Baggio, alle porte di Milano.

E pochi mesi dopo, nel 1912, è al campo d’aviazione di Vizzola Ticino per vedere Enrico Cobioni battere il record mondiale di velocità con il suo Caproni 12. Lo stesso Cobioni che sarebbe poi diventato l’istruttore di Rosina.

La Ferrario  è ormai una celebrità nazionale e accetta l’invito dell’Aeroclub di Napoli a volare nell’Air Show del 1913.

Nell’ottobre dello stesso anno arriva a Como, la tappa più prestigiosa del grande “Circuito dei Laghi” di idrovolanti.

L’elenco dei partecipanti è un vero e proprio concentrato di celebrità dell’aviazione europea: Roland Garros, Helmuth Hirth, Léon Morane e gli italiani Filippo Cevasco e Achille Landini.

Ma Rosina Ferrario non può partecipare alla gara in quanto donna, nonostante  sia lei stessa una celebrità. Si adatta, ma  certo non si limita a osservare la gara.

Decide di volare da Milano a Como, superando Tremezzina, Bellagio e l’Isola Comacina in soli 35 minuti e battendo il suo record personale.

Allo scoppio della guerra Rosina Ferrario, ormai asso dell’aviazione di fama mondiale, si offre volontaria per volare in missioni di trasporto medico per la Croce Rossa.

L’Italia le oppone un secco no: “La legge non prevede l’arruolamento di giovani donne nel Regio Esercito“.

A differenza dell’Aeronautica francese, che invece accetta volentieri la domanda di Marie Marvingt, aviatrice, alpinista e giornalista di successo.

Questa volta la  delusione è troppa e  Rosina, purtroppo per noi e  per il prestigio dell’Italia nel mondo, decide di non volare mai più.

*Editor per l’Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa

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