ROMA. L’analisi dei cristalli, rinvenuti all’interno dei prodotti eruttati dallo Stromboli durante i parossismi del 2019, ha evidenziato un ringiovanimento del sistema magmatico ed una significativa coerenza tra le modificazioni chimiche delle rocce avvenute nel mese precedente alle eruzioni e i dati registrati nello stesso intervallo di tempo dalle reti di monitoraggio.
Sono questi i principali risultati dello studio “Magma recharge and mush rejuvenation
drive paroxysmal activity at Stromboli volcano”, appena pubblicato sulla rivista scientifica ‘Nature Communications e svolto nell’ambito del progetto strategico dipartimentale ‘UNO’ dell’INGV.
La ricerca è stata condotta da un team internazionale di ricercatori che ha coinvolto l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), il Museo di Storia Naturale di Londra (NHM – UK), l’Istituto di Geochimica e Petrologia del Politecnico Federale di Zurigo (ETH – CH) e i Dipartimenti di Scienze della Terra dell’Università di Keele (UK), dell’Università dell’Iowa (USA), dell’Università Sapienza di Roma, dell’Università di Pisa (UniPI) e dell’Università di Ferrara (UniFE).
“L’obiettivo del nostro studio è stato approfondire le dinamiche magmatiche del sistema
Stromboli e i cambiamenti avvenuti negli ultimi venti anni, dando particolare attenzione ai due parossismi dell’estate 2019”, spiega Piergiorgio Scarlato, vulcanologo dell’INGV.
“Tra i risultati più significativi che abbiamo ottenuto c’è sicuramente l’evidenza che il sistema di alimentazione profondo dello Stromboli è stato ri-alimentato dall’ingresso di nuovo magma profondo, più caldo e ricco di volatili. – conclude Scarlato – I modelli di diffusione applicati alle composizioni chimiche misurate su 65 cristalli di clinopirosseno (minerale sempre presente nelle rocce magmatiche eruttate dallo Stromboli) hanno evidenziato che più del 70% degli eventi di “ricarica’’ del sistema vulcanico, registrati nel periodo di analisi, sono iniziati circa un mese prima dell’eruzione del 3 luglio (il primo parossismo del 2019), coerentemente con l’aumento dell’attività eruttiva osservata”.
Confrontando i prodotti degli ultimi vent’anni, i ricercatori hanno potuto constatare che le marcate differenze composizionali e tessiturali tra i cristalli di clinopirosseno del 2019 e quelli dell’attività eruttiva degli anni precedenti (2003-2017) mostrano che il sistema di alimentazione del vulcano è ‘ringiovanito’ nel tempo, attraverso un processo di erosione delle pareti della camera magmatica e di dissoluzione dei cristalli preesistenti, avvenuta all’interno di un corpo altamente cristallino denominato ‘mush’.
A partire dal parossismo del 5 aprile 2003, l’abbondanza di questo mush si è via via ridotta nei prodotti eruttati, fino quasi a scomparire del tutto nei prodotti dell’estate 2019.
“I cristalli di clinopirosseno presenti nei prodotti eruttivi del 28 agosto 2019 – il secondo parossismo del 2019 – restituiscono tempi di ricarica non superiori a un mese per effetto dell’erosione del mush e, quindi, diversi da quelli del 3 luglio. Questo conferma che il parossismo del 28 agosto è stato alimentato da una seconda iniezione di magma, distinta dal magma che ha alimentato l’eruzione del 3 luglio, avvalorando l’ipotesi di un ‘ringiovanimento’ del sistema”, aggiunge Scarlato. “Questi cambiamenti nel sistema di alimentazione magmatico del vulcano sono probabilmente tra le cause alla base dei fenomeni eruttivi che si stanno ripetendo a Stromboli a partire dall’estate del 2019“.
“Un ulteriore importante risultato di questo lavoro è la ‘corrispondenza’ riscontrata tra le modificazioni cristallochimiche del clinopirosseno e i dati registrati dalle telecamere di sorveglianza, dalle stazioni geochimiche sul vulcano e dalle reti per il monitoraggio del tremore sismico e della deformazione del suolo. Questa coerenza tra i parametri ha confermato come le variazioni chimico-fisiche del sistema magmatico profondo siano in grado di produrre degli effetti osservabili con largo anticipo, in particolar modo rispetto agli eventi parossistici”, aggiunge Elisabetta Del Bello, vulcanologa dell’INGV.
“Questi risultati” evidenzia Piergiorgio Scarlato, “forniscono nuovi elementi di basilare
rilevanza per comprendere i meccanismi di generazione dei parossismi a Stromboli e,
conseguentemente, per lo sviluppo di sistemi di monitoraggio dell’attività eruttiva”.
Il monitoraggio continuo dei prodotti eruttati da vulcani come lo Stromboli si conferma,
dunque, un elemento fondamentale per comprendere i cambiamenti dei sistemi di
alimentazione dei vulcani e per ricostruire la loro scala temporale, con l’obiettivo ultimo
di aumentare gli strumenti utili alla definizione di strategie per la valutazione e la
mitigazione dei rischi naturali.
La ricerca pubblicata ha una valenza essenzialmente scientifica, priva al momento di
immediate implicazioni in merito agli aspetti di protezione civile.
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