Di Fabrizio Scarinci
ROMA. “Un simile numero di navi russe nel Mediterraneo non si era mai visto nemmeno ai tempi della Guerra fredda. Tale presenza non costituisce una minaccia diretta al nostro territorio nazionale ma l’atteggiamento aggressivo dei russi aumenta la tensione e il rischio di incidente, per cui non è chiaro dove si può andare a finire”.
A pronunciare queste parole, in audizione di fronte alla Commissione Difesa della Camera dei Deputati, è stato il capo di Stato Maggiore della Marina Marina Militare, Ammiraglio di Squadra Enrico Credendino, che ha sottolineato come, sul mare, siano perfettamente osservabili tutti gli effetti sulla nostra sicurezza derivanti dal conflitto ucraino.

Per la nostra Marina, tale situazione ha, ovviamente, comportato un impegno piuttosto delicato.
Diverse unità della nostra flotta sono state, infatti, chiamate a svolgere, insieme alle navi di altri Paesi dell’Alleanza Atlantica, un’intensa attività di monitoraggio in tutto quello che una volta identificavamo come “Mare Nostrum”; incluso lo stretto bacino dell’Adriatico, più volte soggetto ad “incursioni” da parte di squadre navali russe interessate non solo a battere bandiera allo scopo di far “sentire la loro presenza”, ma anche ad osservare da vicino infrastrutture di carattere strategico quali il gasdotto Tap (ormai in funzione dal 2020) e il cavo sottomarino OteGlobe, che garantisce il servizio di connessione in fibra ottica tra Bari e la Grecia.

Nel Mediterraneo, la “Voenno-morskoj Flot” può contare sulla base siriana di Tartous, che nel decennio scorso ha, forse, costituito la principale ragione dell’intervento di Mosca contro lo Stato Islamico, e su rapporti amichevoli con diversi attori della regione.
La sua presenza fa, notoriamente, parte di una più ampia strategia (in cui si possono inquadrare anche il supporto fornito al Generale libico Khalifa Haftar, il recente colpo di Stato in Mali da parte di forze filo-russe e l’ormai quasi certa realizzazione di un’ulteriore base navale a Port Sudan) con cui il Cremlino mira ad espandere la propria influenza in aree quali Nord-Africa, Sahel e Mar Rosso, da sempre molto importanti per gli interessi di natura securitaria, commerciale ed energetica di diversi Stati europei che, a maggior ragione dopo lo scoppio del conflitto ucraino, Mosca potrebbe essere interessata a ricattare o mettere in difficoltà.
In tale contesto, come ha sottolineato l’Ammiraglio, il costante monitoraggio della situazione da parte delle nostre Forze Armate (e della Marina in particolare per ciò che concerne il bacino del Mediterraneo) deve, senz’altro, costituire uno degli elementi cardine della nostra strategia regionale.

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