Argentina: il calabrese Miguel Angel Tripepi è il primo Caduto della Gendarmeria

Di Gerardo Severino*

Buenos Aires. Il profondo legame storico che lega l’Italia all’Argentina si poggia – e questo è un fatto riconosciuto da tutti – su di una semplice constatazione: “l’Italia deve molto all’Argentina, così come quest’ultima deve molto all’Italia”.

Gendarmi argentini in una foto del 1940

Se è vero, come è vero, che il nostro Paese ebbe modo di risollevarsi economicamente, nelle varie epoche della sua storia nazionale, proprio grazie agli aiuti provenienti dalla lontana Nazione del Sud America (basti pensare alle cospicue derrate di grano che giunsero dall’Argentina all’indomani della fine della seconda guerra mondiale) è altrettanto vero che i nostri connazionali, così come i loro discendenti hanno contributo – e non poco certamente – sia alla crescita materiale che morale di quello Stato.

L’Argentina, che ancora oggi vanta il maggior numero di oriundi italiani tra la propria popolazione, ha ricevuto moltissimo dall’“italica gens”: capi di Stato, uomini di Governo, grandissimi letterati, scienziati, mecenati, imprenditori, grandi nomi dello sport e della cultura nazionale hanno portato e portano ancora oggi, cognomi italiani, segno evidente di come gli italiani si siano completamente inseriti nel tessuto socio-economico del grande Paese Latinoamericano, e peraltro sin dalle lontane origini della colonizzazione spagnola.

 

Un tratto del Rio Paranà in una fotografia del 1938

Non vi è, quindi, nessun campo della società argentina che non abbia visto gli italiani primeggiare o comunque partecipare attivamente alle varie forme di sviluppo.

Basterebbe sfogliare l’enciclopedico lavoro di Dionisio Petriella e Sara Sosa Miatello dal titolo “Diccionario Biográfico Italo-Argentino” (Buenos Aires, Associazione Dante Alighieri, 1987) per comprenderne sia il valore che lo spessore.

Gli italiani emigrati in Argentina, così come i loro discendenti non sono stati, poi, estranei alle Forze Armate e ai Corpi di polizia argentini.

Erano, infatti, italiani o comunque originari dell’Italia non pochi condottieri al servizio del Re di Spagna, generali, ufficiali e soldati animati da estremo coraggio e forte attaccamento alla Patria, come nel caso di quel Generale Manuel Belgrano, uno dei padri della Nazione argentina, ideatore della stessa bandiera della Repubblica, figlio del commerciante Domingo Francisco, emigrato da Oneglia, in Liguria, e così via.

il Generale Manuel Belgrano, uno dei padri della Nazione argentina

Pur tuttavia, gli stessi Petriella e Miatello, nel libro appena citato, nel riportare compiutamente le biografie dei più noti militari argentini dal cognome indiscutibilmente italiano, sorvolarono sul cognome Tripepi, un nome di origini calabresi, che orgogliosamente aveva portato, sino all’ottobre del 1941, un giovane Gendarme barbaramente assassinato da alcuni delinquenti, come ricorderemo a breve.

LA FIGURA DI MIGUEL ANGEL TRIPEPI

Miguel Ángel Tripepi, anche se non meritò, nel 1976, di comparire del citato “Diccionario” è ancora oggi annoverato fra i più degni figli dell’Argentina, peraltro essendo in assoluto il primo caduto della gloriosa Gendarmeria Nacional, celebre Forza di Polizia di cui abbiamo raccontato su queste colonne appena qualche settimana addietro (https://www.reportdifesa.it/argentina-la-gendarmeria-nazionale-sentinella-della-patria-forti-i-legami-con-la-guardia-di-finanza/).

Il Gendarme Tripepi – a differenza di quanto è spesso accaduto nel nostro Paese, ove tanti servitori dello Stato (uomini delle Forze Armate e di Polizia) caduti sia in pace che in guerra, non sono stati efficacemente ricordati nemmeno dai luoghi d’origine – è conosciuto da tutta la Nazione. A suo nome sono state intitolate piazze, parchi cittadini, busti e, ovviamente, una sala (la 5^) del prestigioso Museo Storico della stessa Gendarmeria in Buenos Aires (Calle Paraguay, 975).

Il gendarme Tripepi in una foto del 1940

Ebbene, ad ottant’anni dal suo sacrificio, vogliamo far conoscere la figura di questo soldato italo-argentino, che seppe generosamente irrorare col suo sangue i sacri confini di quella nuova Patria, la stessa che aveva dato ospitalità alla sua famiglia, negli anni dell’emigrazione massiccia dall’Italia.

E lo facciamo con la consapevolezza del fatto che quel primato, oggi riconosciutogli dalla Storia, non fu allora meritevole di alcuna menzione nel nostro Paese, e non certo per dimenticanza o noncuranza.

Nell’ottobre del 1941, come è facile intuire, l’Italia di Mussolini si trovava coinvolta sino all’osso in quella drammatica esperienza che fu la 2^ guerra mondiale, conflitto che tanti lutti e pene avrebbe comportato alla stessa Argentina, dalla quale provenivano non pochi giovani non ancora naturalizzati, chiamati in Patria per fare il loro dovere di soldati. Ed ora veniamo finalmente alla vicenda di nostro interesse.

Nell’ottobre del 1941, il protagonista di questa storia aveva da appena qualche mese compiuto 23 anni, essendo nato il 26 luglio del 1918 nella “Capita Federal”, come storicamente viene citata la Grande Buenos Aires, figlio di Antonio, un operaio originario di Reggio Calabria e di sua moglie, Maria Francisca Mercuri, anche lei di origini calabresi.

Qualche tempo dopo, per questioni di lavoro del genitore, la famiglia, composta anche dalle sorelle Domenica Mafalda e Caterina, si trasferì ad Haedo, una cittadina oggi facente parte del cosiddetto “Partido di Morón”, in provincia di Buenos Aires, prendendo dimora in Calle Lainez, 1582.

Il giovane calabrese, in attesa di assolvere il servizio militare nell’Esercito (ramo Trasmissioni) svolse per qualche anno il mestiere di fruttivendolo, titolare di un carretto trainato da cavallo con il quale praticò la vendita ambulante.

Chiamato alle armi nel 1938, assicurò il suo servizio alla Patria, militare di leva sino al 1939/1940.

In seguito si arruolò volontario nella Gendarmeria Nazionale.

Era il 12 agosto del 1940, ad appena due anni, quindi, dalla fondazione della Forza, la quale, come abbiamo già ricordato nel citato contributo, era stata istituita il 28 luglio del 1938.

Miguel Angel Tripepi in una rara foto del 1940

Dopo il previsto periodo di addestramento (due mesi circa) presso la Scuola Gendarmi di Buenos Aires (Distaccamento di Campo de Mayo) il Gendarme Tripepi fu destinato a prestare servizio presso l’11° Squadrone “San Ignacio”, di stanza nella provincia di Misiones, quindi luogo di confine che separava l’Argentina dal Paraguay.

ll gendarme Tripepi è il secondo in alto a sinistra

Lo Squadrone era stato istituito da pochi mesi, esattamente il 12 settembre del ’40, con una giurisdizione di servizio che comprendeva il territorio di Misiones, confine che nella sua quasi totalità interessava la via fluviale rappresentata dal celebre Rio Paranà.

Si trattava di un territorio molto vasto e impervio, ove furono aperti dei Distaccamenti nelle località di Eldorado, Montecarlo, Puerto Rico e Santo Pipó, reparto, quest’ultimo, ove venne inizialmente assegnato il nostro Tripepi.

La tarda sera del 7 ottobre del ’41, dunque, si consumava la breve esistenza del Gendarme italo-argentino, il quale rimase al suolo, colpito a morte, al termine di uno sfrenato conflitto a fuoco contro una banda composta da una decina di malviventi paraguayani.

Il cippo eretto in ricordo dell’omicidio di Tripepi

Questi avevano attraversato il Rio Paranà, che costituiva esso stesso la linea di demarcazione frontaliera tra i due Stati, onde assaltare una fattoria di coloni in località Oro Verde.

In quel frangente storico, infatti, era molto frequente che i coloni della regione (in maggioranza tedeschi, svizzeri e paraguaiani) venissero assaliti da bande di malviventi che colpivano in particolare le famiglie più benestanti.

Fu così che il Comandante della Sezione di Porto Rico (ove nel frattempo era stato trasferito il Tripepi) l’Ausiliario (equivalente dell’odierno 1° Alfiere) Antonio Adolfo Zaballa, avvertito da un colono riguardo alla situazione che si stava concretizzando, organizzò un pattuglione di Gendarmi, formato da 15 uomini al comando del Sergente Astrada, tra i quali vi era lo stesso Tripepi, pattuglione che a bordo di un camion si portò alla volta di Oro Verde.

All’arrivo del veicolo all’incrocio della rotta di Porto Rico, Oro Verde, Puerto Mineral y Puerto Mbariguy (Cuatro Bocas) i Gendarmi scesero per poi proseguire a piedi, dividendosi in due gruppi.

Quasi subito, purtroppo, entrarono in contatto con i criminali nel pieno dell’oscurità, e peraltro in una zona impervia, connotata da una ricca vegetazione che si prestava benissimo ad imboscate.

Ne scaturì una fitta sparatoria, peraltro penalizzante e impari per gli stessi Gendarmi, i quali, purtroppo, erano armati di sole pistole e carabine, a differenza dei banditi, che invece disponevano di fucili mitragliatori.

Il Gendarme Miguel Ángel Tripepi cadde colpito gravemente, ma non morì sul colpo.

Testimoni ricordano che uno dei delinquenti, in un raptus bestiale si avvicinò al suo corpo: gli tolse la pistola d’ordinanza che ancora impugnava, scaricandone sei colpi alla testa del povero giovane.

Questa è la versione più nota ed ufficiale dell’accaduto, ovviamente riguardo agli autori del misfatto, ricostruita anche grazie alle testimonianze fornite dal Gendarme Miguel Antonio Lizardo, amico e compagno d’arme del Tripepi, mentre vi è un’altra che parla, invece, di una banda di contrabbandieri, che i Gendarmi della Sezione di Puerto Rico avevano intercettato prontamente nell’atto di attraversare il confine nei pressi di Oro Verde,  con un carico di armi di provenienza bellica, essendo state utilizzate durante la guerra detta del “Chaco Boreal” (1932 – 1935), combattuta da Bolivia e Paraguay per il controllo di quella regione, falsamente ritenuta ricca di petrolio.

La salma del primo Gendarme caduto in servizio fu trasferita a Buenos Aires, ove furono organizzati i solenni funerali, così come volle lo stesso Comandante della Gendarmeria, Colonnello Juan J. Palacios.

Successivamente fu sepolta nel cimitero di Morón, ove attualmente riposa in pace e presso il quale fu eretto un monumento in suo onore.

La sua morte fu molto probabilmente voluta dal destino, soprattutto se pensiamo che il giovane, il precedente giorno 6 si sarebbe dovuto recare a Buenos Aires per alcuni giorni di licenza, concessione alla quale aveva rinunciato in quanto aveva riscontrato che la propria uniforme non era in buone condizioni.

Il sacrificio del Gendarme Tripepi, lo ricordavamo all’inizio dell’articolo, non fu dimenticato dal Governo Nazionale, il quale concesse alla madre, la signora Maria Francisca Mercuri, uno speciale vitalizio mensile (cfr. “Memoria de la Contaduria General de la Nacion”, 1943, p. 68).

Oltre alla Forza, che gli dedicò dapprima un cippo ricordo nella stessa località di Oro Verde (inaugurato il 28 luglio 1943) ed in seguito il “Centro de Formación de Gendarmes” nella città di Santa Lucia, in provincia di Corrientes, così come una sala del suo Museo, non lo ha dimenticato nemmeno il Municipio di Puerto Rico, il quale, in suo ricordo ha voluto inaugurare, nell’ottobre del 2016, un nuovo cippo che ne porta il nome, collocato all’interno della Piazza San Martin.

Ciò dietro formale richiesta dell’allora Comandante della locale Sezione della Gendarmeria Nacional, secondo Comandante José Benito Aguirre.

Nell’area Municipale di Lima, provincia di Buenos Aires, vi è, poi, un Gruppo di Boy Scout a lui intitolato, che ha sede in Calle 8, n. 375.

Dal 2018 porta, infine, il suo nome anche una piazzetta di Haedo, località ove, come abbiamo già ricordato, il giovane aveva vissuto sino all’arruolamento nella Forza.

Speriamo che in futuro, anche grazie a questo modesto contributo editoriale, anche la città di Reggio Calabria possa operare la stessa encomiabile scelta.

*Tenente Colonnello, Direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza

Si ringrazia il Comandante Alejandro Javier Caceres, della Gendarmeria Nazionale Argentina, per la consulenza storica e per il materiale fotografico fornito.

 

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